“Cristiani d’Oriente sacrificati” all’altare di un progetto neo-coloniale per isolare l’Iran

Nigrizia. Di Mostafa El Ayoubi. Mentre i movimenti islamici radiali sono indaffarati con la loro Primavera politica, i cristiani del mondo arabo sono alle prese con un inverno burrascoso che rischia di decimarli. Ciò a causa di un progetto neocoloniale che punta a isolare l’Iran.

In passato non sono mancati conflitti e tensioni tra musulmani e cristiani d’Oriente, spesso a causa di strumentalizzazioni politiche interne (Egitto) e ingerenze esterne per scopi geopolitici (Libano). Tuttavia la situazione delle minoranze cristiane arabe non è mai stata cosi preoccupante come lo è oggi, in seguito all’affermazione degli islamisti come la più grande forza politica in quasi tutti i paesi arabi. Gli islamisti hanno “vinto l’appalto” per un ri-modellamento geopolitico del mondo arabo, nato dall’urgente necessità di arginare la crescente influenza dell’Iran nel Medio Oriente e in altre parti del mondo islamico, a scapito degli Usa e dei loro alleati. Diversi sono stati i tentativi per destabilizzare il regime sciita iraniano: dalle sanzioni e dagli embarghi che durano dal 1979 alla guerra affidata a Saddam (1980-1988), alla rivoluzione verde del 2009 per far cadere il regime. Tentativi non riusciti.
Si è passati quindi al piano B, ossia innescare un conflitto interconfessionale tra la maggioranza sunnita e la minoranza sciita: la logica di tale piano è la creazione di una regione con una forte connotazione confessionale sunnita in tutto il mondo arabo per isolare il regime sciita di Teheran. Il piano si basa su un fattore determinante, ovvero l’odio che i sunniti nutrono nei confronti degli sciiti considerati eretici. Il baricentro di questo conflitto oggi è la Siria.
Questo scontro intra-musulmano, studiato ad arte, ha gravi conseguenze sul presente e sul futuro delle storiche minoranze cristiane – ciò vale anche per altri gruppi di minoranza – sia in termini di sicurezza che di diritti. Si pensi agli attentati contro le chiese copte prima e dopo la “Rivoluzione del 25 gennaio” in Egitto o alla distruzione dei luoghi di culto cristiani in Siria negli ultimi due anni.
I jihadisti sunniti in Siria, oltre a voler gettare gli alawiti (sciiti) nelle bare, vogliono cacciare i cristiani verso Beirut. Interi quartieri cristiani a Homs e in altre città siriane sono stati occupati e devastati dai jihadisti. Tantissimi cristiani hanno dovuto lasciare le loro città per rifugiarsi all’interno o fuori dal paese. La violenza contro i cristiani in questa fase di trasformazione geopolitica araba ha raggiunto livelli inauditi: persino nella Libia “liberata” una chiesa copta egiziana vicino a Misurata è stata distrutta dai jihadisti il 29 dicembre scorso; l’attentato in cui sono morte due persone è passato sotto il silenzio assordante dei media mainstream.
Morsi, che si è dichiarato il presidente di tutti gli egiziani, non ha partecipato alla cerimonia di insediamento del nuovo patriarca copto ortodosso, Tawadros II, il quale, prima della sua nomina, aveva criticato la nuova costituzione egiziana, scritta in sostanza dai Fratelli musulmani e dai salatiti.
Di fronte a questo nuovo clima di insicurezza e di esclusione di cui sono oggetto i cristiani d’Oriente, qual è la posizione delle istituzioni cristiane d’Occidente? Diverse autorità religiose cristiane, come il patriarca di Mosca Kirill I, il patriarca maronita libanese Bechara Rai, il cardinale Filoni, ex nunzio a Baghdad, hanno spesso messo in guardia contro il rischio di un Medio Oriente che si sta svuotando della sua componente cristiana a causa della politica neo-coloniale dell’Occidente nella regione. A questo grido d’allarme il governo francese, sin dall’inizio della crisi in Siria, aveva risposto che «bisogna incoraggiare i cristiani d’Oriente a venire a insediarsi in Europa».
Dopo l’invasione dell’Iraq nel 2003, dei due milioni di cristiani arabi ne sono rimasti solo 800.000. Negli ultimi anni più di 100.000 copti hanno lasciato l’Egitto e oggi numerosi cristiani di altri paesi arabi stanno abbandonando la loro terra.
Le autorità religiose di cui sopra, insieme ad altre, come il patriarca di Antiochia, Gregorio III Laham, e il patriarca di Gerusalemme, Fouad Twal, chiedono con insistenza di fermare la guerra alla Siria per risparmiare la vita di cristiani, musulmani, drusi e altri. (…)