‘Decisioni politiche’: l’Alta Corte israeliana respinge l’appello dei deputati palestinesi minacciati di espulsione da Gerusalemme

Imemc, Pal-Info, Wafa', Haaretz, al-Watan Voice. Domenica scorsa, 20 giugno, l'Alta corte di giustizia israeliana ha respinto l'appello di tre deputati e di un ex ministro palestinesi ai quali la polizia israeliana aveva ordinato l'allontanamento da Gerusalemme.

Nell'ordine consegnato tre settimane fa si disponeva la loro espulsione entro un mese, e il 2 luglio dovrebbe essere il termine finale per lasciare la città.

I palestinesi colpiti da questa decisione sono Ahmad At-Toun, parlamentare di Hamas, Mohammad Totah, Mohammad Abu Tir, e l'ex ministro Khaled Abu 'Arafa.

Anni fa il Ministro degli Interni israeliano gli aveva fatto recapitare lo stesso ordine, ma allora gli concedeva la possibilità di scegliere tra l'espulsione dalla loro città, Gerusalemme, e l'abbandono della propria attività in seno al Consiglio Legislativo Palestinese (CLP).

Se non avessero optato per una delle due possibilità, avrebbero perso ogni diritto di risiedere in città. 

E così è andata.

Nel 2006, con la vittoria elettorale di Hamas, 40 deputati palestinesi furono arrestati. Tra questi anche l'ex Ministro del Waqf (Fondazioni pie, ndr), così, ad oggi, ne restano in carcere 11, mentre domenica 20 giugno è stato disposto il rilascio di uno di essi, dopo 52 mesi di detenzione.

Le condanne sono state unanimi; il Segretario Generale dell'Organizzazione della Conferenza Islamica, il portavoce del CLP al-Bahr e molti altri hanno parlato di una decisione palesemente 'politica' volta a completare l'opera di giudeizzazione di Gerusalemme e a svuotare la città dei suoi abitanti originari.

Si tratta di misure che nello specifico come nel complesso violano la legislazione internazionale.

Metodi legali e legalizzati da Israele per creare unilateralmente “fatti compiuti” sul terreno e per condurre, in maniera silenziosa, una pulizia etnica.

Denunciando la gravità delle decisioni sioniste, lo Sheykh Ekrema Sabri, presidente della Suprema Autorità Islamica, ha ricordato che attualmente sono 300 le personalità palestinesi nel mirino di queste espulsioni, da leggere nel più ampio progetto coloniale nel quale rientrano gli ultimi piani per la costruzione di altre 1.600 unità abitative a Gerusalemme est e gli scavi che mettono in serio pericolo la Moschea al-Aqsa.

Intanto, queste politiche, che godono della complicità degli Usa, sono state messe all'ordine del giorno dei prossimi incontri parlamentari arabi ed internazionali.

La politica israeliana che mira ad allontanare la popolazione palestinese originaria di Gerusalemme non colpisce solo personalità politiche.

Anche chi ha avuto la possibilità di viaggiare, di studiare e lavorare all'estero, non riesce più a fare rientro nella propria terra.

Emad Hamadeh e Murad Abu Khalaf sono due professori palestinesi di ingegneria.

Entrambi sono nati a Gerusalemme est, ma dopo anni trascorsi a studiare negli Stati Uniti hanno ricevuto dalle autorità d'occupazione israeliane il divieto di rientrare.

Chi riesce a ritornare non ha alcun diritto di cittadinanza ed è costretto a vivere in 'latitanza' a casa propria perché costantemente esposto al pericolo di deportazione.

I loro casi sono al vaglio della Corte distrettuale di Gerusalemme, ma le notizie che giungono oggi riguardo ai casi dei deputati palestinesi non fanno ben sperare.

L'obietti vo di Israele è l'espulsione e la 'pulizia etnica' dei palestinesi da Gerusalemme.

Fino a quando Israele proseguirà a considerare gli abitanti palestinesi originari di Gerusalemme come degli immigrati stranieri?

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