Decodificando la resistenza – Sei simboli di al-Qassam nel secondo scambio di prigionieri a Gaza

Gaza – The Palestine Chronicle. Dopo il primo scambio di prigionieri tra la Resistenza palestinese e Israele, avvenuto il 19 gennaio, il governo israeliano si è lamentato del metodo inaccettabile con cui sono state rilasciate le tre donne israeliane.

Quel giorno, Romi Gonen, Emily Damari e Doron Steinbrecher sono state rilasciate alla Croce Rossa in piazza Saraya a Gaza in buona salute. Sorridevano, mentre alcune salutavano la telecamera e i combattenti Qassam.

La questione israeliana, tuttavia, riguardava soprattutto la folla. Sebbene la scena fosse perfettamente controllata, i combattenti palestinesi sembravano lottare per cercare di respingere la folla esultante mentre avveniva il trasferimento dei prigionieri israeliani.

Fonti locali a Gaza affermano che le Brigate al-Qassam erano completamente preparate per l’evento e che era stata allestita una fase in cui i certificati di rilascio sarebbero stati consegnati alle donne israeliane e il documento, firmato dalla Croce Rossa e da Hamas, sarebbe stato dato sul posto.

Considerando che il primo rilascio è avvenuto solo poche ore dopo l’inizio ufficiale del cessate il fuoco, il 18 gennaio, la Resistenza palestinese non aveva previsto che una grande folla si sarebbe radunata così velocemente nel centro della città di Gaza.

Il nord di Gaza, in particolare, è stato l’epicentro del genocidio israeliano e della carestia che lo accompagna. Israele ha cercato ripetutamente di spingere la popolazione del nord verso il sud, per creare una zona cuscinetto, con la speranza di arrivare alla pulizia etnica della popolazione di Gaza.

Grazie alla fermezza dei palestinesi, tuttavia, anche l’ultimo obiettivo israeliano della guerra è fallito.

L’affluenza della folla ha colto di sorpresa la stessa Resistenza. Sebbene il primo scambio sia stato un successo, la Resistenza ha voluto inviare un messaggio ancora più forte nel secondo del 25 gennaio, dimostrando di avere il controllo della situazione e di essere in grado di mettere in scena una delle più elaborate dimostrazioni di potenza mai esibite dal 7 ottobre 2023.

Sebbene siano numerosi i simboli che si possono cogliere dall’evento pubblico di sabato, ci sono alcuni punti che vale la pena di isolare, per il loro particolare significato.

Il cameratismo.

Primo, il cameratismo tra i combattenti delle Brigate al-Qassam – il braccio militare di Hamas – e delle Brigate al-Quds – il braccio militare del Jihad islamico.

Durante l’evento, entrambe le parti hanno cercato di mostrare gratitudine verso i loro compagni. Oltre agli abbracci e ai baci, i combattenti mettevano le kuffiyah sulle spalle degli altri o indossavano le loro bandane, che portavano le insegne di entrambi i movimenti.

Quando i detenuti israeliani sono stati rilasciati, i combattenti sono rimasti a festeggiare insieme a una grande massa di persone, una festa che si è protratta a lungo dopo che l’evento si era concluso.

Pre-pianificazione.

Secondo, Hamas aveva informato in anticipo i media locali e internazionali che l’evento si sarebbe tenuto in Piazza della Palestina, e le reti di informazione in varie lingue hanno iniziato a fornire la diretta dello scambio, ore prima dell’arrivo delle soldatesse israeliane detenute.

Questo ha permesso alla Resistenza di Gaza di controllare completamente la narrazione, inviando un forte messaggio al resto del mondo: la Resistenza era pienamente in controllo del nord di Gaza, così come lo era del resto della Striscia.

L’evento di sabato, in particolare, deve aver messo fine a qualsiasi conversazione sul grado di controllo di Hamas e della Resistenza su Gaza, anche dopo 15 mesi di sistematica distruzione israeliana che ha praticamente lasciato l’intera Striscia in rovina.

Il linguaggio.

Tre, il linguaggio. In un video diffuso dalle Brigate al-Qassam, le quattro detenute israeliane hanno parlato in arabo, in un dialetto locale di Gaza. Una ha ringraziato al-Qassam per la sua protezione durante i bombardamenti israeliani. Un’altra li ha ringraziati per il cibo, l’acqua e i vestiti.

Non è chiaro come le soldatesse abbiano imparato l’arabo o, più precisamente, come sia stato insegnato loro l’arabo nelle orribili condizioni del genocidio di Gaza. Per i palestinesi, questo è un trionfo culturale.

D’altra parte, la Resistenza ha fatto in modo che anche l’ebraico fosse presente durante l’evento. Lo striscione più grande sul podio era in ebraico e recitava: “Il sionismo non vincerà mai”.

Inoltre, sono stati elencati i nomi dei battaglioni militari israeliani che hanno subito gravi perdite o sono stati completamente distrutti a Gaza, insieme a frasi come “Gaza è il cimitero dei sionisti criminali”, “I combattenti per la libertà palestinesi saranno sempre i vincitori” e “Palestina – la vittoria del popolo oppresso contro il sionismo nazista”.

Trionfo culturale.

Quattro, tornando al trionfo culturale, non solo i soldati israeliani hanno mostrato gratitudine alla Resistenza palestinese, usando lo slang arabo di Gaza, ma sono anche uscite sorridenti, salutando la folla. Si confronti questo con le orribili condizioni dei prigionieri palestinesi rilasciati, spesso smunti, disorientati e umiliati fino all’ultimo minuto.

Molte persone in tutto il mondo hanno già fatto questi confronti tra la cultura dell’occupazione israeliana e quella della Resistenza palestinese.

Sebbene alcuni abbiano sostenuto che tutto ciò sia stato inscenato da Hamas a fini propagandistici, bisogna anche riconoscere che la protezione dei prigionieri, “secondo l’insegnamento islamico”, come ripetutamente sottolineato dalla Resistenza, è avvenuta fin dall’inizio della guerra.

Numeri.

Cinque, i media israeliani, che trasmettono le opinioni ufficiali e non ufficiali di Israele, sono sembrati scioccati dal numero di combattenti palestinesi che sono emersi da sotto le macerie e dai tunnel della Resistenza a Gaza per aiutare a facilitare il primo scambio.

Particolare enfasi è stata posta sul grado di organizzazione, sulle uniformi immacolate, sulla copertura mediatica e molto altro. Il motivo dello shock era che l’esercito israeliano aveva comunicato ripetutamente che la Resistenza era stata sconfitta nel nord di Gaza, che era stata “smantellata” ed era a malapena in grado di operare. L’evento ha dimostrato il contrario.

Sembrava che la Resistenza avesse compreso l’importanza di questo particolare punto, comunicato anche dagli analisti regionali e internazionali. Pertanto, ha aumentato il numero dei suoi combattenti di diverse volte. Alcuni analisti suggeriscono che il numero di combattenti Qassam sia almeno quadruplicato rispetto al primo scambio.

A ciò si aggiunge il numero di combattenti delle Brigate al-Quds, anch’essi giunti in gran numero, guidando quelli che sembravano essere nuovi camion e sfilando con sicurezza per le strade di Gaza, mentre migliaia di palestinesi li salutavano con eccitazione e giubilo ovunque andassero.

Fucili Tavor.

Sei combattenti d’élite di al-Qassam, al-Nukhba, portavano fucili Tavor israeliani, che al-Qassam definiva “ghan’im”, la parola araba per “bottino di guerra”. Il messaggio era quello di una vittoria, in cui i combattenti d’élite palestinesi avevano eliminato i combattenti d’élite israeliani e sfilavano a Gaza con le loro stesse armi.

Si può dire molto di più sul simbolismo dell’evento, dal linguaggio del corpo ai segnali delle mani, ai canti della folla e ai droni dei media palestinesi che si libravano sopra Piazza Palestina, luogo di feroci battaglie tra la Resistenza e l’esercito israeliano. Anche questo porta con sé un profondo simbolismo.

Per saperne di più su questo argomento, leggete la nostra precedente analisi, “Il sionismo non vincerà mai – Tutto quello che c’è da sapere sul rilascio dei prigionieri a Gaza”.

Traduzione per InfoPal di F.L.