Deficit dei finanziamenti dei donatori esaspera la crisi di Gaza

Betlemme-Ma’an. Un ingente diminuzione, pari a 5,6 miliardi promessi per la ricostruzione di Gaza da parte della comunità internazionale lo scorso ottobre, sta esasperando la già terribile crisi umanitaria per gli sfollati palestinesi provocati dall’offensiva estiva di Israele.

Giovedì 29,  l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, l’Unrwa, ha annunciato che è stata costretta ad interrompere il programma di assistenza finanziaria per decine di migliaia di palestinesi, finalizzato alla riparazione delle case danneggiate e distrutte.

Inoltre, il programma prevede anche dei sussidi in prestito per i palestinesi rimasti senza casa a cause del conflitto con Israele.

“Le generose promesse che sono state fatte al Cairo hanno bisogno di essere concretizzate in soldi per le banche, ma quei soldi non sono arrivati”, ha detto il portavoce di UNRWA a Ma’an.

L’Unrwa finora ha ricevuto circa 135 milioni di dollari dalla conferenza al Cairo, lasciando uno scoperto pari a 585 milioni di dollari. Tali fondi sono stati distribuiti a 8.000 palestinesi per la reintegrazione dei pagamenti e 7.000 per l’assistenza economica in contanti.

Circa 59 mila famiglie hanno ricevuto i finanziamenti per riparare le case danneggiate. Quelli che, invece, ancora stanno aspettando i fondi, continueranno a vivere sotto le tende, piazzate tra le rovine dei palazzi, mentre almeno 12 mila palestinesi rimarranno nei 18 rifugi dell’Unwra.

Il direttore dell’Unwra a Gaza, Robert Turner, ha affermato in una dichiarazione che non è “chiaro” come mai coloro che hanno fatto tale donazione non l’abbiano rispettata integralmente.

“Le persone sono disperate e la comunità internazionale non può provvedere solo al livello minimo, come, ad esempio, riparare una casa in inverno, lasciando scoperto il transito per un porto, l’accesso ai mercati o la libertà di movimento”.

Quanti inverni?

La quasi permanente chiusura del passaggio di Rafah da ottobre e le continue limitazioni, da parte di Israele, sui materiali per la ricostruzione che devono arrivare a Gaza significa che il processo di ricostruzione è virtualmente congelato.

A dicembre, l’Oxfam ha riportato che in tre mesi dal cessate il fuoco dell’estate l’ammontare dei materiali base di ricostruzione entranti a Gaza era pari ad un terzo dell’ammontare durante i tre mesi precedenti l’offensiva di Israele.

Le somme ammontano a circa il 4% del materiale che entrava nel territorio costiero prima del blocco di Israele. Secondo le cifre attuali, ci vorranno 23 anni per soddisfare i bisogni primari per la ricostruzione, così come ha affermato il gruppo.

La mancata introduzione di benzina a Gaza ha anche determinato una serie di crisi di elettricità, peggiorata dall’assenza di un rifugio adeguato nel quale i palestinesi possano riscaldarsi durante i mesi invernali.

Ai primi di gennaio, due bambini, di tre e quattro anni, sono morti un incendio domestico scoppiato nel campo rifugiati di Al-Shati a cause di alcune candele e della legna accese per riscaldarsi.

Almeno quattro persone, di cui tre bambini, nel 2015 sono stati trovati morti congelati a causa del freddo gelido.

“C’è stato un peggioramento senza precedenti delle condizioni umanitarie dalla fine della guerra”, ha dichiarato a Ma’an il vice-direttore del Centro palestinese dei diritti umani, Hamdi Shaqqura.

“Siamo scioccati da questa conclusione. La comunità internazionale è incapace di soddisfare le domande basilari del popolo di Gaza. Gaza è un disastro determinato dall’uomo e richiede politiche umane immediatamente”.

“La comunità internazionale deve effettuare una precisa pressione su Israele”.

Issam Younes, direttore del centro dei diritti umani di Al-Mezan, ha affermato che da circa sei anni, Gaza si trova in un perenne processo di ricostruzione e ha sofferto di devastanti perdite strutturali ed umane a causa dell’offensiva militare di Israele del 2008-2009.

Circa 4,5 miliardi di dollari furono promessi dalla comunità internazionale alla conferenza di Sharm-el-Sheik nel 2009 per ricostruire Gaza a seguito dell’operazione Piombo Fuso.

Anni dopo, il finanziamento non si è ancora materializzato.

“Le persone stanno soffrendo e tutto questo mentre Gaza si trova sotto un blocco senza precedenti. L’elettricità funziona peggio di prima della guerra, insieme ad altri servizi, e forzare gli esseri umani a vivere in modo instabile significa che nessuno sa dove porterà tutto ciò”, ha affermato Younes.

“Umiliazione, l’ostruzione della ricostruzione, il blocco di Israele, non si può pianificare né prevedere, ma la situazione è seriamente molto delicata”.

“Le persone stanno soffrendo nella miseria. Questo è il primo inverno, ma non sappiamo quanti ce ne saranno”.

Le politiche della ricostruzione

Il meccanismo di ricostruzione di Gaza, negoziato nel settembre 2014 dalle Nazioni Unite, era finalizzato ad aumentare la ricostruzione incrementando i settori privati di Gaza e consentendo al governo di unità palestinese di sorvegliare la ricostruzione, nel frattempo rassicurando i donatori dei loro investimenti ed indirizzandosi alla questione della sicurezza d’Israele.

Ma la mancanza di fondi promessi, le restrizioni sui materiali per la ricostruzione, il blocco da parte di Israele e le lotte politiche interne palestinesi hanno paralizzato il processo in questione.

Un dirigente dell’ufficio di rappresentanza norvegese contattato da Ma’an –la Novergia era uno degli organizzatori della conferenza del Cairo dell’anno scors o- ha rifiutato di commentare il perché i miliardi promessi dai paesi donatori non si sono materializzati.

Nour Oderh, ex portavoce dell’autorità palestinese, ha affermato che la discrepanza tra ciò che si è promesso e ciò che è stato effettivamente effettuato rispecchia una politica comune nei confronti della Palestina, e, di solito, è ostaggio del contesto politico.

Nel 2009, la comunità internazionale effettivamente rifiutò di trattare con il governo di Hamas a Gaza per quanto riguarda un sostegno alla ricostruzione. Ma le ragioni nel 2015 risultano essere più complesse.

La crisi economica in Europa, un alto livello diplomatico da parte dell’Olp e una graduale disintegrazione dell’unità politica, culminante in una serie di attacchi reciproci alle auto ufficiali sia di Hamas sia di Fatah, ha causato un contesto nel quale i donatori sono incapaci di realizzare ciò che avevano promesso.

“Molte persone troveranno subito delle scuse per il mancato funzionamento dell’accordo tra Hamas e il governo di unità nazionale”, ha detto Odeh a Ma’an.

“Io non me le bevo. La ricostruzione a Gaza è qualcosa nella quale la comunità internazionale dovrebbe investire se vuole davvero garantire la calma e fornire speranza al popolo palestinese. Dovrebbe investire su Gaza ed assicurarsi che la tragedia non si ripeta di nuovo. E ciò comporta la fine sia dell’impunità di Israele che della tolleranza dell’aggressione militare di Israele.

Il 3 gennaio, Israele ha congelato circa 127 milioni di dollari dovuti all’Anp, dopo che aveva deciso di aderire alla Corte criminale internazionale, intensificando ulteriormente la crisi dei salari tra l’Anp e gli ex impiegati del governo retto da Hamas a Gaza.

Odeh ha affermato che i palestinesi sono abituati alle sanzioni internazionali, ma avvertiti sul fatto che i soldi promessi dai donatori non devono essere utilizzati come mezzo per esercitare un’influenza politica.

Traduzione di Marta Riolo