Delegazione internazionale: la Striscia di Gaza tra ricostruzione e difficoltà

Angela Lano, da Gaza. Sono 250mila i palestinesi che vivono in quattro campi profughi della Striscia di Gaza centrale – an-Nuseirat, Deir el-Balah, el-Bureij, el-Maghazi -, quelli che attraversiamo nel nostro viaggio (*). Le condizioni di vita, in questi luoghi sovraffollati, sono particolarmente difficili. Le abitazioni sono fatiscenti, le strade sgangherate e l'igiene è uno degli aspetti più carenti. 

Questa mattina, la delegazione internazionale ha visitato il campo profughi di an-Nuseirat, dove vivono ammassati in case insalubri 75mila persone, molte delle quali sotto i sei anni di età.

Sono i discendenti dei rifugiati del 1948, provenienti dalla Palestina occupata dagli israeliani. La guerra contro Gaza dell'inverno 2008-2009, Operazione Piombo Fuso, ha pesantemente colpito quest'area, distruggendo il ponte che collegava le due parti del campo. A ciò si aggiunge la periodica esondazione di un piccolo fiume, provocata da Israele, che allaga case, campi e strade, rendendole impraticabili. Un disastro ancora ben visibile, e con gravi conseguenze sociali: il 75% della popolazione è disoccupata, perché manca la possibilità di raggiungere agilmente altre zone della Striscia e di trovare un lavoro.

La situazione del campo è piuttosto devastante. In una delle case dove siamo entrati vivono 22 persone tra adulti e bambini, in condizioni sanitarie estremamente precarie.

Il tour della delegazione è poi proseguito lungo la principale via di comunicazione – shari'ah Salah ed-Din – dalla zona centrale fino al nord, e con la visita all'ospedale al-Aqsa, che garantisce 150 posti letto su una popolazione locale di 250mila persone, e con carenze medico-sanitarie evidenti, causate dall'embargo.

RicostruzionePercorrendo Gaza notiamo che tutta la regione è in pieno fermento: molti edifici bombardati durante Piombo Fuso sono stati ricostruiti, e altri nuovi sono venuti alla luce, tra cui centri commerciali e negozi. Anche i ministeri e il parlamento, colpiti due anni fa dalla furia criminale di Israele, sono di nuovo in piedi. La ricostruzione è avvenuta attraverso il recupero dei materiali di risulta, che sono stati triturati e mescolati alla sabbia. Negli ultimi tempi, a questa tecnica edilizia di sopravvivenza s'è aggiunta la presenza di cemento e ferro che arriva dai tunnel che collegano l'Egitto con la Striscia.

La ripresa delle attività economiche ed edili è ben visibile, e dimostra che la popolazione palestinese vuole condurre un'esistenza “normale”, nonostante le aggressioni israeliane e la distruzione che spesso si abbatte in questa parte della Palestina storica.

Ci sono aree della Striscia ormai completamente ricostruite, in particolare a Gaza City, e con una vita sociale e commerciale piuttosto attiva, ed altre, specialmente i campi profughi, depresse, quando non del tutto misere. Che l'assedio sia illegale e che la sua fine sia una questione soprattutto politica, lo ha sottolineato il premier Ismail Haniyah durante l'incontro con la delegazione internazionale, svoltosi oggi pomeriggio nella sede (anche questa ricostruita) del Parlamento.

Porre fine all'assedio. Rivolgendosi ai parlamentari e politici internazionali, Haniyah ha ribadito l'importanza di sollevare il blocco su Gaza e porre fine all'assedio che da cinque anni chiude la regione dal mare, da terra e dal cielo, e permettere così il libero transito di persone e merci.

(*) In tutto, i campi profughi sono 8 e ospitano in totale 492.500 persone.

 

 

 

 

 

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