Demolizione della prigione di al-Fari’a, falsificazione della storia e dell’identità

Nablus- PIC. Su internet, i social network diffondono le foto della demolizione della prigione di al-Fari’a, al nord-est di Nablus. Questo luogo, divenuto storico, ora si chiama Centro del martire Salah Khalef, diretto dal Consiglio superiore della gioventù e dello sport. Queste foto hanno destato sdegno. La gente afferma che quello rimarrà uno dei simboli dell’occupazione sionista e del trattamento riservato ai prigionieri palestinesi da più di trent’anni.

Il prigioniero Fadi Jom ha scritto sul suo blog : “Vorrei che questo messaggio arrivasse a tutti i palestinesi, a tutti i prigionieri e a tutte le persone che conoscono la prigione di al-Fari’a, oggi chiamato centro di Salah Khalef, costruito il giorno della colonizzazione britannica. In questa prigione sono stati torturati i giovani palestinesi. Si compone di numerose celle. Il centro è un testimone dei crimini dell’occupazione sionista e delle loro torture fatte ai nostri giovani. Le pietre di questa prigione sono dipinte con il sangue dei nostri eroi. I suoi muri sono scolpiti con le scritture dei prigionieri. Questo luogo contiene le celle in cui i palestinesi sono stati interrogati, torturati, messi in posizioni impossibile (Chabah). Questo luogo dovrà trasformarsi nel museo della sofferenza dei prigionieri palestinesi”.

Cattive intenzioni.

La prigione di al-Fari’a è stato un carcere dal 1982 al 1995. All’arrivo dell’Autorità palestinese, il luogo è diventato il Consiglio superiore della gioventù e dello sport.

L’ex-prigioniero e accademico Hassan Ayyoub ha scritto sul suo blog che questa demolizione cela cattive intenzioni. L’intenzione è quella di cambiare la storia e l’identità palestinese degli ultimi decenni.

“Io e la mia famiglia abbiamo visitato questo luogo tre anni fa e mi sono tornati in mente i tristi ricordi del periodo della mia prigionia ad al-Fari’a”, dice.

Ayyoub continua ad affermare che cambiare il luogo non è che una falsificazione della storia, della memoria del nostro popolo, della nostra identità, della cultura e di tutta l’esistenza palestinese.

Si alla restituzione, NO alla demolizione.

Salah al-Mabid si lamenta del fatto che tutti vorrebbero cancellare la storia e le sofferenze dei prigionieri palestinesi.

Chiede al ministro del Turismo e del Patrimonio di restaurare l’edificio per farne un luogo da visitare, affinché il mondo intero si renda conto delle violazioni praticate dall’occupazione sionista contro il popolo palestinese.

Il giovane attivista Zakariya Aliyan ha incontrato molti vecchi prigionieri e tutti gli hanno posto domande sulla prigione di al-Fari’a. Lui li rassicurava dicendo che tutto era rimasto intatto: le celle, le camere degli interrogatori, le scritte sui muri.

I funzionari del Centro Salah Khalef sono indignati da tutte queste critiche. Il Centro non fa altro che restaurare un posto abbandonato e distrutto, al fine di trasformarlo in sale che possano accogliere delle delegazioni sportive. Le celle e le sale degli interrogatori sono ancora intatte.

Traduzione di Chiara Parisi