
“Non sappiamo cosa fare e dove andare a vivere nei prossimi giorni”, ha affermato, mentre se ne stava seduta in una poltrona di un appartamento vicino alla sua casa demolita. La famiglia si è temporaneamente spostata nell’abitazione del fratello di suo marito.
“Non possiamo permetterci di affittare una casa in città, specialmente perché mio figlio e mia figlia sono studenti universitari”, ha spiegato.
“L’occupazione ha cercato di vendicarsi sulla famiglia del martire e sui suoi vicini. Ci hanno costretti a uscire all’aperto, dall’1 alle 5 del mattino e ci hanno chiusi dentro una tenda, a al-Bustan, e ci hanno proibito di muoverci. Ci hanno confiscato le nostre carte di identità e cellulari. Ai bambini e agli anziani della nostra famiglia non è stato concesso di andare neanche in bagno”.
La demolizione, che ha avuto luogo di notte, è uno degli almeno sei ordini emessi dal governo israeliano nei confronti delle abitazioni delle famiglie dei Palestinesi che hanno attaccato gli Israeliani.
Domenica, il gruppo israeliano per i diritti umani, B’Tselem, ha dichiarato che le demolizioni punitive delle abitazioni sono “fondamentalmente sbagliate” e contravvengono agli “standard morali basilari” punendo le persone per i misfatti degli altri”.



