Dopo 43 anni, il Comitato speciale Onu rompe il tabù israeliano su Gaza

Di Thalif Deen.

Nazioni Unite – IPS. Quando l'Assemblea Generale Onu ha istituito un comitato speciale formato da tre membri per indagare sulle violazioni dei diritti umani compiute da Israele, nel lontano dicembre 1968, lo Stato ebraico ha reagito con prevedibile rabbia.

Non sorprende quindi che al comitato Israele abbia vietato l'ingresso nei Territori palestinesi occupati – costringendo i tre membri a riunirsi tra Il Cairo, 'Amman e Damasco, dove i palestinesi di Cisgiordania e della Striscia di Gaza venivano ascoltati due volte l'anno.

Tuttavia, la geopolitica regionale ha cambiato radicalmente il clima politico – ed è mutato in maniera tale da aver mortificato gli israeliani.

Per la prima volta in 43 anni, i membri del comitato speciale Onu con il compito di indagare sulle pratiche di Israele nei Territori palestinesi occupati è riuscito a entrare la scorsa settimana nella Striscia di Gaza, attraverso l'Egitto, spodestato del suo presidente, fedele amico di Israele, Hosni Mubarak.

Il nuovo governo egiziano ha agevolato la visita dal valico di Rafah, rompendo così il tabù di vecchia data di Israele.

La visita ha inoltre creato le condizioni perché si rafforzassero le critiche sollevate dal comitato sulle terribili condizioni di vita nei Territori palestinesi occupati e sul devastante impatto economico, gli stessi che erano stati riportati nei vari rapporti del comitato che avevano preceduto l'ultimo.

Nel rapporto pubblicato venerdì, il comitato ha espresso sgomento per “la protratta inosservanza da parte di Israele dei propri obblighi derivanti dalla legge internazionale”.

“Sfortunatamente, ciò che abbiamo riscontrato [a Gaza] è che le restrizioni oppressive imposte su Gaza da Israele hanno l'effetto di una punizione collettiva sulla popolazione”, si legge.

“Con circa il 35% dell'area di Gaza interdetta all'agricoltura a causa della creazione di una zona cuscinetto lungo la frontiera, con le aree per l'attività ittica limitate a sole tre miglia nautiche dalla costa (pari all'85% del potenziale della pesca), difficilmente la popolazione è in grado di disporre di forme si sostentamento e ancor meno l'economia è capace di una ripresa per mezzo delle esportazioni”, si è affermato dal comitato.

“Stando a quanto dichiarato, siamo preoccupati dal fatto che Israele faccia uso di armi, anche ad esempio contro bambini o anziani”.

Il comitato – composto dall'ambasciatore Palitha T.B. Kohona, rappresentante permanente dello Sri Lanka presso l'Onu (presidenza); dall'ambasciatore Hussein Haniff, rappresentante permanente della Malesia e dall'ambasciatore Fod Seck, rappresentante permanente del Senegal presso la sede Onu di Ginevra – sottoporrà il report finale ai 193 membri dell'Assemblea Generale a settembre.

Rivolgendosi a IPS, l'ambasciatore Kohona ha definito le condizioni di Gaza “decisamente insoddisfacenti e nel blocco deve esserne individuata la causa”.

“Le attuali condizioni economiche, dell'istruzione, quelle psicologiche, e quelle socio-sanitarie sono tutti effetti del blocco”, ha aggiunto Kohona.

“La rimozione dell'assedio avrà quindi un impatto immediato e positivo sulla popolazione di Gaza, sia economicamente, sia psicologicamente e contribuirà a creare fiducia”.

“La continuazione dell'assedio contravviene ai diritti umani della popolazione di Gaza, in particolar modo con riferimento a leggi e standard umanitari internazionali”, ha specificato Kohona, ex presidente del Dipartimento Trattati Onu.

“E' oppressivo e produce denigrazione sulle vite della popolazione di Gaza, quindi deve essere rimosso oggi”, ha poi aggiunto.

Nel proprio rapporto, il comitato ha incluso una lista delle vittime, le cui storie sono state deposte da rappresentanti e operatori Onu i quali hanno messo in evidenza la gravità dell'impatto sui diritti umani dell'assedio imposto da Israele.

Abitazioni, scuole e altre infrastrutture furono abbattute negli attacchi israeliani, tra il dicembre 2008 e il gennaio 2009. Queste non potranno essere ricostruire a causa delle restrizioni sulle importazioni del materiale da costruzione.

L'economia ha perso valore in modo significativo ed è sostituita dalle importazioni illegali attraverso i tunnel.

“Ricade sulla potenza occupante la responsabilità di assistere (la popolazione occupata, ndr) anche per mezzo della ricostruzione di Gaza”, ha notato il comitato.

“Oltre alle case e alle scuole, altre numerose strutture sono state distrutte, quindi esiste un'urgente necessità di costruire sistemi idrici, strade, impianti per il trattamento dei rifiuti e si richiede la ristrutturazione del settore energetico – si legge nella spiegazione fornita dal comitato, il quale ha ricordato il valore e l'utilità dei servizi forniti dalle Ong locali e internazionali, soprattutto dall'Unrwa”.

“Per molti bambini di Gaza, la vita è ardua e il futuro è privo di una speranza”, ha poi sostenuto il comitato, con riferimento alle testimonianze dalle quali sono emerse le preoccupazioni per i problemi sanitari e di quelli psico-sociali, tutti generatori degli scoraggianti dati nelle scuole, e dell'aumento del lavoro minorile.

“Auspichiamo che il governo di Israele prenda seriamente in considerazione le potenziali conseguenze dell'aver creato a Gaza una generazione di bambini che cresce in un ambiente di quasi assoluta privazione e senza l'opportunità di condurre una vita produttiva e di speranze”, ha aggiunto.

Politiche e pratiche del governo di Israele che violano i diritti dei bambini palestinesi hanno rappresentato una tematica costante durante le testimonianze ascoltate a Gaza.

Testimoni e rappresentanti hanno raccontato: “L'accesso all'istruzione viene negato all'infanzia palestinese attraverso una serie di misure, tra le quali la restrizione alla libertà di movimento, l'impedimento all'accesso fisico tramite il muro di sicurezza, la mancanza di scuole, soprattutto a Gerusalemme Est e a Gaza, minacce e violenza attuali dei coloni israeliani.

Il comitato ha dichiarato che la propria attenzione si è soffermata sull'alto numero di bambini detenuti e, a tal proposito, anche sulla catena di pratiche le quali suscitano gravi preoccupazioni: tecniche di interrogatorio dure, tortura ed espulsione dai propri villaggi.

Il comitato ha poi espresso profonde preoccupazioni per l'azione delle forze di sicurezza israeliane, le quali prelevano i palestinesi dalla loro case nel mezzo della notte al fine di detenere bambini palestinesi, anche di sette anni.

La visita nella regione del comitato – durata nove giorni – ha anche riguardato incontri nella capitale giordana, 'Amman, dove sono state ascoltate vittime, testimoni e ufficiali dei diritti umani che operano in Cisgiordania e sulle Alture occupate del Golan siriano.

Quando è stato chiesto a Kohona quale idea si fosse fatta in materia di sicurezza e quindi quali fossero le sue impressioni personali su Gaza, il rappresentante Onu ha risposto a IPS: “Ci siamo spostati su veicoli blindati sotto un alto livello di sicurezza garantito dalle Nazioni Unite”.

“Dalla terrazza dell'hotel abbiamo immaginato come sarebbe stata Gaza senza l'attuale assedio. (…) Le famiglie cenavano sulla terrazza mentre l'orbita solare di color rosso lentamente tramontava nel Mediterraneo, ovunque essenza di narghilè nell'aria, i bambini giocavano, le barche da pesca in mare, ecc.
Un giorno, forse!”

(Nella foto: Comitato speciale Onu che indaga sulle pratiche isareliane nei Territori palestinesi occupati. IPS).

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.