Durante il 2019 Israele ha commesso 600 violazioni ai danni dei giornalisti palestinesi

Istanbul – Daily Sabah. Nel periodo compreso tra ottobre 2018 ed il medesimo mese dell’anno corrente, le forze israeliane hanno commesso 600 violazioni ai danni dei giornalisti palestinesi nei territori di Cisgiornania, Striscia di Gaza e Gerusalemme occupata.

Secondo un rapporto pubblicato dal Sindacato dei Giornalisti Palestinesi (PJS), l’occupazione ha aperto il fuoco contro 60 giornalisti, ferendoli gravemente. Alcuni di loro, al momento della pubblicazione del documento (venerdì 8 novembre) si trovavano ancora preda di atroci sofferenze a causa delle lesioni subite. La relazione ha inoltre precisato che almeno 43 di questi reporter sono stati oggetto di attacchi perpetrati con l’uso di granate acustiche.

Il rapporto sottolinea inoltre che sono stati 170 i giornalisti palestinesi sottoposti a pestaggio, arresto o revoca della copertura in zone di combattimento.

Secondo le statistiche riportate, il numero dei giornalisti detenuti nelle carceri israeliane ha subìto un drastico incremento, grazie ai 10 nuovi fermi eseguiti nel periodo in oggetto. Attualmente, il numero totale di reporter imprigionati nelle prigioni dell’occupazione ammonta a 18.

Lo scorso settembre le Nazioni Unite avevano sottolineato le violazioni perpetrate dall’occupazione ai danni dei giornalisti palestinesi, rivelando come 30 di essi fossero stati feriti durante la repressione delle proteste seguite all’adozione, da parte dell’organizzazione internazionale, della risoluzione 40/13 riguardante le violazioni dei diritti umani nei territori palestinesi occupati.

La mobilitazione nata con il nome di Grande Marcia del Ritorno ha avuto inizio il 30 marzo 2018, quando centinaia di migliaia di Palestinesi si riunirono nei pressi della zona franca fra Striscia e Israele per chiedere l’allentamento dell’assedio imposto da Tel Aviv nelle zone occupate nonché il riconoscimento del diritto dei rifugiati palestinesi di fare ritorno in patria. Le forze israeliane reagirono con una violenza inaudita, spingendo l’alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Michelle Bachelet, a denunciare come, durante tale repressione, i soldati di Tel Aviv fossero ricorsi non solo a proiettili di gomma, idranti e lacrimogeni, ma anche ad armi vere e proprie, caricate con munizioni da battaglia.

Il sistematico ricorso alla violenza delle forze d’occupazione ha avuto come risultato, come dichiarato dalla medesima Bachelet, “quello di causare la morte di 13 Palestinesi, inclusi 5 bambini”.

L’alto commissario ha inoltre ricordato le diverse centinaia di Palestinesi, tra i quali diversi operatori sanitari e giornalisti, rimasti feriti negli scontri con i soldati di Tel Aviv, sottolineando come “molti di essi abbiano riportato lesioni permanenti che hanno comportato amputazioni (20 casi), la perdita di un occhio (6 casi) o la paralisi (2 casi)”.

Bachelet ha precisato che “i 13 morti conteggiati tra il 22 marzo e l’8 novembre dell’anno corrente si aggiungono ai 189 dei 12 mesi precedenti, tra i quali figurano 38 bambini”.

Dall’inizio delle mobilitazioni legate alle Marce del Ritorno, sono stati 270 i Palestinesi rimasti feriti dalle repressioni ad opera dei militari israeliani di stanza presso il confine con la Striscia di Gaza.
Il dipartimento per i diritti umani delle Nazioni Unite ha pesantemente criticato Israele per via dei massacri di dimostranti palestinesi ed in generale per il trattamento riservato alla popolazione di Gaza, che ha definito “crimine di guerra”, in conformità con quanto stabilito dallo Statuto di Roma.

L’elevatissimo numero di vittime, oltre a sollevare accuse sempre più insistenti circa l’eccessivo ricorso alla violenza delle forze d’occupazione, ha innescato, in ambito internazionale, una reazione diplomatica tesa a contrastare la politica israeliana.

Le associazioni per i diritti umani sottolineano l’assoluta illegalità degli ordini di aprire il fuoco contro i manifestanti, in quanto consentono ai soldati di Tel Aviv di disporre di uno strumento potenzialmente letale nei confronti di un’opposizione completamente inerme.

Le autorità israeliane, poste di fronte al crescere delle critiche internazionali in riferimento alle violazioni commesse a Gaza, hanno dichiarato che la legislazione sui diritti umani non risulta applicabile nel caso delle proteste messe in atto dai Palestinesi nella Striscia.

 

Traduzione per InfoPal di Giuliano Stefanoni