New York-InfoPal. Il Consiglio di Sicurezza ONU (UNSC), presieduto da Malta, ha condannato il colonialismo israeliano nei Territori palestinesi, ma Emirati Arabi e Autorità Palestinese (Abbas) vi si sono opposti: con questi “amici”, i Palestinesi non hanno bisogno di ulteriori nemici…
Vediamo la cronaca dei recenti fatti.
Lunedì, gli Emirati Arabi Uniti (EAU) hanno informato il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (UNSC) della loro decisione di non chiedere più il voto su una bozza di risoluzione contro l’espansione degli insediamenti illegali di Israele, concordando con l’Autorità Palestinese (ANP) di abbandonare la posizione a seguito dell’intervento degli Stati Uniti.
L’UNSC ha approvato lunedì all’unanimità una dichiarazione annacquata che si oppone alla continua costruzione ed espansione degli insediamenti da parte di Israele, ha riferito The New Arab.
Il voto è arrivato dopo che gli Stati Uniti sono riusciti a far deragliare una risoluzione legalmente vincolante che avrebbe richiesto la cessazione delle attività di insediamento israeliane.
La bozza di risoluzione sostenuta dai palestinesi è stata oggetto di frenetici colloqui da parte di alti funzionari dell’amministrazione di Joe Biden, tra cui il Segretario di Stato americano Antony Blinken, con i leader palestinesi, israeliani e degli Emirati Arabi Uniti.
Tali discussioni sono culminate nell’accordo di domenica di rinunciare alla risoluzione in favore di una dichiarazione presidenziale più debole che non è legalmente vincolante, secondo quanto riferito da diversi diplomatici che hanno familiarità con la situazione.
Dopo che il nuovo governo di estrema destra israeliano ha annunciato, all’inizio del mese, l’abolizione di tutte le restrizioni alla costruzione di insediamenti illegali nei Territori palestinesi occupati della Cisgiordania e di Gerusalemme Est, molte nazioni del Mondo arabo e dell’Occidente hanno condannato la mossa.
L’ANP e gli EAU avevano deciso di chiedere una votazione al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per una risoluzione che riaffermasse che “l’insediamento da parte di Israele di colonie nei Territori palestinesi occupati dal 1967, compresa Gerusalemme Est, non ha alcuna validità legale e costituisce una flagrante violazione del diritto internazionale”. La risoluzione avrebbe richiesto a Israele di “cessare immediatamente e completamente tutte le attività di insediamento nei Territori palestinesi occupati”.
Tuttavia, in una decisione dell’ultimo minuto, prima della riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di lunedì, gli Emirati Arabi Uniti e l’Autorità palestinese hanno fatto dietrofront nella loro intenzione di chiedere il voto. Alti diplomatici e funzionari hanno rivelato che le pressioni da parte degli USA li hanno convinti a cambiare idea, così come un accordo che offre incentivi ai palestinesi in cambio della loro “moderazione”.
L’agenzia di stampa Reuters ha riportato che gli EAU hanno dichiarato che “visti i colloqui positivi tra le parti, stiamo ora lavorando a una bozza di PRST [dichiarazione presidenziale] che raccoglierà il consenso” al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Di conseguenza, lunedì non ci sarà una votazione sulla bozza di risoluzione”.
Secondo funzionari israeliani e statunitensi anonimi, se il presidente dell’Autorità palestinese, Mahmoud Abbas, avesse promesso di non rivolgersi alle Nazioni Unite per opporsi a Israele e alla sua decisione, Tel Aviv avrebbe congelato i piani annunciati. Gli Stati Uniti avrebbero anche garantito il loro sostegno a una dichiarazione presidenziale del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di denuncia degli insediamenti israeliani: una mossa in gran parte simbolica, ma che sarebbe la prima, in nove anni, a sostegno di una dichiarazione critica nei confronti di Israele.
L’alternativa a tale offerta, secondo quanto riferito da funzionari USA a quelli dell’Autorità palestinese coinvolti nei colloqui, è che Washington ponga il veto a qualsiasi risoluzione che condanni Israele.
Secondo Haaretz, un alto funzionario palestinese di Ramallah ha dichiarato: “Non si trattava di votare in Consiglio di Sicurezza o di non votare, la situazione era chiara: il veto statunitense o una dichiarazione presidenziale che sottolineasse la posizione palestinese in relazione ai passi compiuti da Israele”.
Il funzionario ha assicurato che, più che di un ritiro dalle richieste della risoluzione precedentemente proposta, si tratta di un cambiamento positivo nella politica USA nei confronti delle trasgressioni di Israele. Mentre l’amministrazione statunitense del presidente Joe Biden si era tradizionalmente rifiutata di isolare Israele con qualsiasi dichiarazione o posizione, il funzionario ha affermato che “un mese e mezzo dopo l’insediamento del nuovo governo di Netanyahu, il mondo sta già reagendo e mettendo le cose in prospettiva riguardo all’aggressione di Israele, sottolineando al contempo che l’opzione di tornare al Consiglio di Sicurezza è sempre presente”.
Come parte del presunto accordo, Israele avrebbe anche accettato di sospendere temporaneamente le azioni unilaterali in Cisgiordania, come nuovi annunci sulla costruzione di insediamenti. Anche le demolizioni di case e gli sfratti dei palestinesi saranno sospesi per alcuni mesi e il numero di incursioni militari israeliane nelle città e nei campi palestinesi sarà ridotto.
Israele avrebbe anche accettato diverse misure economiche per aumentare le entrate fiscali palestinesi di oltre 60 milioni di dollari all’anno, e l’Autorità palestinese ha accettato di iniziare ad attuare il piano di sicurezza proposto dagli Stati Uniti per ripristinare il controllo dell’Autorità palestinese nelle città cisgiordane di Jenin e Nablus, nonché di avviare i colloqui per riprendere il coordinamento della sicurezza con Tel Aviv.
Secondo il funzionario palestinese, “la domanda ora è se Netanyahu frenerà davvero le azioni dei suoi ministri di estrema destra, o se rinuncerà a qualsiasi intesa [raggiunta] con gli USA”.
La beffa israeliana.
Un funzionario dell’ufficio del primo ministro israeliano, tuttavia, ha negato il significato dell’accordo, affermando che “non ci sono intese. Abbiamo terminato tutti i piani di costruzione [per gli insediamenti] la scorsa settimana e non avevamo intenzione di convocare il comitato per approvarne di nuovi nei prossimi tre mesi”.
(Fonti: MEMO, PC, The New Arab).