Indubbiamente, dopo decenni di persecuzioni subite dai vari regimi militari egiziani la vittoria dei FM ha del “rivoluzionario”, dal punto di vista storico e politico, ma non bisogna lasciarsi prendere dalle facili analisi e entusiasmi.
Le elezioni egiziane, e il ballottaggio in particolare, hanno profondamente diviso il Paese tra chi temeva la ricaduta nella tirannia del successore di Mubarak – Shafiq – e chi non voleva un governo teocratico. Inoltre, lo Scaf, che continua a mantenere saldo il potere, con un colpo di mano, ha svuotato la carica di presidente della maggior parte delle prerogative.
Per confermare la vittoria di Mursi ci hanno messo una settimana. Perché? Che accordi dovevano fare, con chi e su che cosa? Sul trattato con Israele, che, guarda caso, non verrà toccato?
Nei prossimi tempi, settimane, mesi, vedremo cosa ne sarà della Rivoluzione popolare egiziana, Palestina compresa. Il cambiamento nella nuova amministrazione egiziana sarà il banco di prova per il mondo arabo e per i palestinesi, e non solo per l’Egitto.
Angela Lano
Il capitolo egiziano della primavera araba finisce diversamente dal previsto