Egitto, ultimatum a Mursi: dimissioni o disobbedienza civile

egittoIl Cairo-InfoPal. A cura di Ahmad Adi. Come era stato annunciato, domenica 30 giugno, centinaia di migliaia di manifestanti hanno riempito le strade dell’Egitto per chiedere le dimissioni del presidente Mohammed Mursi, che ha appena concluso il suo prima anno in carica. Il Paese si trova dunque sull’orlo di una guerra civile. Il leader del partito salafita an-Nur ha chiesto a Mursi di fare concessioni alla piazza e si è proposto come mediatore.

Secondo i dati del ministero della Sanità egiziano e riportati da MENA, 16 persone sono state uccise e 781 feriti negli scontri di domenica 30 giugno tra sostenitori e oppositori di Mursi.

Scontri sono scoppiati a Beni Suef, Alexandria, Kafr al-Sheikh e nel Fayoum, con un morto in ciascuna località. Tre sono morti ad Assiut e 9 al Cairo: secondo il comunicato ministeriale, un manifestante è morto di fronte al Palazzo presidenziale di Ettehadiya e 8 altri fuori dal quartier generale assediato della Fratellanza Musulmana, a Moqattam.

Centinaia di migliaia di manifestanti anti-Mursi si sono radunati fuori dal palazzo presidenziale, nel quartiere Heliopolis, al Cairo, e in piazza Tahrir. Quest’ultima è diventata il centro di molte manifestazioni dell’opposizione egiziana.

A piazza Tahrir sono state registrate scene di giubilo, con una folla di manifestanti intenti a scandire slogan contro il presidente, e sottolineare la loro intenzione “a non arrendersi a fino a quando le loro richieste non saranno soddisfatte”.

Gli organizzatori della campagna nazionale contro Mursi avevano chiesto a tutti i partiti e i movimenti politici di partecipare, senza portare con sé alcun simbolo politico. Il risultato è stato una marea di bandiere egiziane che sventolavano in piazza Tahrir.

I manifestanti hanno alzato dei cartellini rossi con la scritta “Irhal”(vattene), in un gesto simbolico per chiedere le dimissioni del presidente.

Scene simili a quelle del Cairo si sono viste nella città costiera di Alessandria, e in altre province come al-Gharbiya, Ismailia, al-Sharqiya e Menoufiya. In quest’ultima, i manifestanti anti-Mursi hanno bloccato la strada agricola che collega il Cairo ad Alessandria, dichiarandola “chiusa per ordine del popolo”.

Tra i manifestanti di piazza Tahrir era percepibile un notevole sentimento anti-Usa, con Anne Patterson, ambasciatrice statunitense al Cairo, presa di mira da molti manifesti.

A pochi chilometri dalla manifestazione del palazzo presidenziale, alla moschea di Rabaa al-Adawiya, a Nasr City, i gruppi islamisti hanno organizzato un sit-in a sostegno del presidente. In testa a loro vi era Libertà e Giustizia, l’espressione politica della Fratellanza Musulmana.

Fonti della sicurezza della città di Assiut hanno rivelato che almeno tre manifestanti anti-Mursi sono stati uccisi, quando un corteo formato da migliaia di persone è stato attaccato da ignoti, mentre marciava nei pressi della sede di Libertà e Giustizia nella città.

Nella capitale egiziana, almeno due persone sono rimaste uccise quando il quartier generale della Fratellanza è stato preso d’assalto in serata.

Centinaia di persone hanno lanciato molotov e sassi contro l’edificio, che ha preso fuoco, mentre le guardie e i membri della Fratellanza al suo interno hanno risposto all’attacco.

Le emittenti televisive locali hanno mostrato filmati di civili con ferite alla testa. Testimoni oculari hanno riferito al giornale egiziano al-Ahram online che gli assalitori e i membri della Fratellanza si sono scontrati con armi ad aria compressa, con il conseguente ferimento di alcune persone da entrambe le parti, oltre ad un ufficiale di polizia.

Anche in altre città egiziane, alcuni edifici della Fratellanza hanno subito attacchi, sono stati incendiati o saccheggiati, come quelli delle città di Alessandria, al- Sharqiya, al-Gharbiya e Beheira.

Questa mattina, lunedì 1° luglio, l’opposizione ha lanciato un ultimatum a Mursi, intimandolo di dimettersi, e minacciando la disobbedienza civile in caso contrario.

“Concediamo a Mohammed Mursi fino alle 17:00 di martedì 2 luglio, per lasciare il potere e consentire alle istituzioni statali di prepararsi per le elezioni presidenziali anticipate”. Si legge in una nota pubblicata sul sito web del Movimento Tamarrud.

In caso contrario, alle 17:00 di domani, avrà inizio una campagna nazionale di disobbedienza civile”, ha aggiunto il movimento.

Tamarrud ha esortato le istituzioni statali a prendere posizione a fianco dei manifestanti, chiedendo che l’esercito, la polizia e la magistratura si schierino chiaramente con la volontà popolare.

Dal canto suo, il leader dell’opposizione, Hamdeen Sabbahi, ha auspicato l’intervento dell’esercito “se Mursi non si dovesse dimettere”.

Tuttavia, Ehab Fahmy, portavoce di Mursi, ha dichiarato ai giornalisti che “il dialogo è l’unico modo per raggiungere una soluzione … La presidenza è aperta a qualsiasi serio e genuino dialogo nazionale”.

Sempre lunedì mattina 4 ministri e 5 parlamentari hanno rassegnato le dimissioni.

Fonti: Ma’an News, Ahram On line e al-Masry al-Yowm