Elezioni Brasile, dalla guerra mediatica alla cyber-war contro Lula – Parte II

InfoPal. Elezioni Brasile, dalla guerra mediatica alla cyber-war contro Lula – Parte II. Gli inizi della guerra mediatica e giudiziaria contro Lula.

Di Lorenzo Poli. Lula è sempre stato al centro di guerre mediatiche fin dai primi anni del suo governo. Due volte presidente del Brasile (dal 2002 al 2010) era stato condannato senza prove per un presunto affaire proprio con la compagnia petrolifera di Stato, la Petrobras. Come venne constatato più avanti, si trattava di un tentato colpo di Stato era stato messo in moto, grazie all’aiuto dell’apparato mediatico, da pezzi della Confindustria brasiliana che non avevano gradito il fatto che l’ex presidente, dopo che la Petrobras aveva scoperto e messo le mani nella propria costa Ovest sul più grande giacimento sottomarino del mondo, il Presal, si fosse negato a condividere la scoperta con gli Stati Uniti. Uno spettacolo già visto e messo in atto molte volte specie dal governo di Washington che quando si tratta di petrolio, mette in cantiere guerre inutili e feroci. Lula aveva provato a rompere questa logica ed è stato punito. 

Furono gli anni che per autodifesa dall’imperante latifondo mediatico latinoamericano, le nazioni guidate da Lula, Hugo Chavez ed Evo Morales arrivarono a fondare perfino una banca e una televisione continentale come TeleSur per controbattere l’informazione atlantista e imperialista della CNN e di altri network privati, normalmente proprietà di caciques abituati a calcare la linea degli Stati Uniti. 

La storia del Brasile negli ultimi dieci anni è stata molto intensa: la rivolta sociale del 2013 che ha espresso disagio verso il sistema politico; la crescita del PSDB a un passo dal PT; la presidenza di Dilma Rousseff come tentativo di fermare le destre e il suo rovesciamento nel 2016 attraverso un colpo di stato fatto passare attraverso il suo impeachment; la presidenza di Bolsonaro, rappresentante di una vecchia destra e responsabile della sua radicalizzazione e infine la criminalizzazione di Lula con due processi farsa.

Dal 2016 Lula è stato condannato in procedimenti penali che la difesa ha sempre definito “persecutori” e basati su falsità processuali. Nel 2021, dopo una serie di ricorsi, il giudice della Corte Suprema Edson Fachin ha annullato non solo tutte le condanne a carico dell’ex presidente per “incompetenza territoriale e materiale” comminate dal giudice federale del Paranà Sergio Moro, ma aveva riconosciuto anche la sua parzialità. Lo stesso Moro, non a caso, fu nominato subito dopo questo processo, ministro della Giustizia dal governo di Bolsonaro ed era lo stesso Moro che aveva annunciato di candidarsi per la corsa alla Presidenza, ma che a marzo di quest’anno aveva deciso di ritirarsi. Fu così che l’Operazione Lava Jato, quella che doveva sembrare la “Tangentopoli brasiliana”, fu un processo-farsa organizzato e pianificato politicamente.

I procuratori e i giudici avevano costruito prove contro Lula dando vita, con la collaborazione delle famigerate multinazionali nordamericane e con l’appoggio della Rede Globo, il più poderoso network radiotelevisivo del continente latinoamericano, ad una campagna mediatica mirata sia a distruggere la reputazione dell’ex presidente del Brasile presso l’opinione pubblica, sia a consolidare le prove a suo carico. 

Persino la Commissione Onu si espresse su questo processo, ritenendo che “le violazioni procedurali (…) avevano reso ‘arbitrario’ il divieto a Lula di candidarsi alla presidenza, denunciando la violazione dei suoi diritti politici, compreso il diritto di candidarsi alle elezioni. (…) E sebbene la Corte Suprema Federale abbia annullato la condanna e la reclusione di Lula nel 2021, queste decisioni non sono state sufficientemente tempestive ed efficaci per prevenire o riparare le violazioni”[1].

Violazioni che si concretizzarono con la negazione al permesso di uscire di prigione per partecipare alle esequie del fratello morto di cancro nel 2019 adducendo a “motivi di sicurezza”, anche se in seguito gli concessero il permesso di un giorno per assistere ai funerali del nipotino deceduto per meningite fulminante.

Elezioni Brasile 2022, dalla guerra mediatica alla cyberwar.

La campagna elettorale in Brasile che ha portato alla vittoria tanto attesa di Lula non è stata tutto rose e fiori. Sono state veicolate attraverso i media e i canali social “indipendenti” bugie e menzogne sistematiche. Vi è stata una vera e propria cyber-war via social veicolate da QAnon nei confronti di Lula con contenuti fuorvianti volti a creare ancora più confusione di quanta già ce ne fosse. Secondo questi contenuti da guerra non-convenzionale, la vittoria del “comunista pregiudicato” (come è stato chiamato) Lula è avvenuta grazie a brogli elettorali in quanto fino all’ultimo i sondaggi e gli spogli davano in testa Bolsonaro. Tra le motivazioni, che farebbero pensare a “brogli” da parte di Lula, vi sarebbero: le foto della “folla immensa” dei sostenitori di Bolsonaro nelle piazze, “mai vista di queste dimensioni in Brasile per Lula”; il fatto che Bolsonaro ha 9 milioni di followers sui social contro i 5 milioni di Lula; e il fatto che Biden è stato il primo capo di Stato, insieme al francese Macron, a congratularsi con Lula per “elezioni libere, eque e credibili”.

Queste bugie da guerra non-convenzionale non dicono che alle elezioni presidenziali del 2002, Lula vinse al secondo turno con 61,27%, ovvero con 52.793.364 voti e, ad acclamarlo, vi erano le masse popolari che non ne potevano più delle politiche neoliberista attuate dai governi di destra precedenti su ordine di Washington. Le menzogne mediatiche si dimenticano che il raggiungimento del 50,90% con 60.345.999 voti, risulta essere il più alto di tutta la storia del Brasile e quindi anche della precedente vittoria di Bolsonaro. Per quanto riguarda i followers sui social, bisogna vedere quanti sono i follower “veri” e quanti invece sono i troll o gli account falsi eterodiretti da chi dirige le macchine propagandistiche di Bolsonaro via social catturando i sentimenti negativi degli utenti. Una tecnica conosciuta fin dai tempi di Cambridge Analytica quando manipolava le elezioni in Kenya e più recentemente con i mezzi propagandistici come “La Bestia” usata da Matteo Salvini in Italia, o dagli strumenti pensati dal banchiere Steve Bannon, ideologo della nuova estrema destra e punto di riferimento di Bolsonaro. Poi bisogna capire che i milioni di favelados e di indigeni che sostengono Lula non posso permettersi di accedere alle nuove tecnologie.
Inoltre il fatto che altri capi di Stato si congratulino per le elezioni con il neo-presidente eletto di un Paese è una cosa abbastanza consuetudinaria che non fa pensare ad alcun “complotto”. Per verità di cronaca bisogna dire che Lula ha ricevuto le congratulazioni anche da Putin e da Xi Jinping.

Eppure vi è un altro particolare importante che la cyber-war si è dimenticata di dire: che Lula non è al potere dal 2011; che è stato vittima di una persecuzione politica e giudiziaria orchestrata da Washington e dai militari brasiliani vicini a CIA ed estrema destra; che il governo di Dilma Rousself venne fatto cadere con un golpe parlamentare guidato dal golpista corrotto, neoliberista ed atlantista Michel Temer; che Lula che è stato dichiarato innocente dopo aver vinto tutte le 18 cause in tribunale.

Tra il 2015 e il 2019, le Forze Armate Brasiliane esercitarono pressioni sul Supremo Tribunale Federale affinché Lula restasse in carcere per evitare che potesse presentarsi alle elezioni, vincerle e tornare alla presidenza del Paese. Fu proprio l’ex Capo di Stato Maggiore dell’Esercito brasiliano Eduardo Villas Boas a dichiarare che queste pressioni avvennero durante il suo incarico. Lo stesso Boas ha ammesso che sotto il suo mandato i militari sono stati nuovamente coinvolti nella politica, alla ricerca di un candidato che, alle elezioni presidenziali del 2018, potesse sconfiggere il Partito dei Lavoratori (PT): Jair Bolsonaro.

La sinistra in Brasile, secondo i piani di Washington, doveva morire e quindi venne scelto Jair Bolsonaro per rappresentare la controparte da “uomo forte” al comando. Quindi come avrebbe potuto Lula orchestrare dei brogli se negli ultimi 10 anni i governi neoliberisti brasiliani hanno infiltrato i loro uomini in tutti gli apparati di Stato? Inoltre il Centro Carter, tra i più rinomati e veramente neutrali centri di osservazione internazionale dei processi elettorali ha dichiarato: “Sebbene il Centro non abbia inviato osservatori in tutto il Paese per osservare sistematicamente i processi di voto e conteggio, le missioni di osservazione elettorale organizzate da osservatori brasiliani e internazionali hanno riferito che le elezioni sono state ben organizzate e condotte con tempestività e trasparenza, anche nella pubblicazione dei risultati finali”[2].

Eppure secondo le informazioni cyber-mercenarie ci sarebbero stati “strani movimenti militari a Rio de Janeiro” mentre Bolsonaro attendeva di ricevere le prove della frode e che, in seguito, sarebbe potuta “scattare la legge marziale e la richiesta di nuove elezioni sotto il controllo dei militari”. Linguaggio colorito che sembra più rispecchiare le ambizioni dello stesso Bolsonaro, accompagnato da soldati che parteciparono alle torture nella dittatura che governò il Brasile dal 1964 al 1985. 

Sappiamo che i conservatori sono chiaramente e immediatamente collegati alla paura. Fa parte di una strategia di destra per instillare paura, violenza, con una grande dose di odio nei loro discorsi nazionalisti, misogini e razzisti. Ecco perché oggi la destra tradizionale è diventata l’estrema destra dove i suoi principali “attributi” si basano sulla menzogna e sulla totale distruzione della politica sociale che i governi precedenti hanno costruito con tutte le contraddizioni del caso.

Tuttavia, l’aspetto più grave del governo di Bolsonaro è stata la manipolazione delle reti mediatiche egemoniche del più grande paese dell’America Latina, inclusa la potente Rede Globo, che svolgeva il proprio lavoro quotidiano, avvelenando le menti attraverso notizie false, stigmatizzazione e odio che, come nel resto del continente, costituiscono l’arma principale delle classi dirigenti, insieme alla legge del ricatto e della corruzione. Strumenti indispensabili che li ha resi più potenti. Attraverso la comunicazione e la capillare proliferazione di canali social “indipendenti”, hanno raggiunto il loro più grande successo: il radicamento di posizioni di estrema destra nel 49% della società brasiliana; la paranoica polarizzazione dell’opinione pubblica brasiliana in un forte clima di tensione politica; e l’incorporazione di una massa di persone oppresse nelle loro politiche a favore di una piccola e selezionata casta di miliardari. 

Il problema è che oggi i QAnonisti, tramite il potere dei social network e i loro algoritmi, hanno un ruolo di gatekeeper, ovvero falsi contro-informatori in grado di cavalcare temi a loro favorevoli, strumentalizzare i temi della contro-informazione alternativa, di usarli come specchietto per le allodole e, dopo aver trovato legittimità con quei temi, sulla stessa onda, propongono notizie devianti che si infiltrano nel dibattito, creano confusione e danno origine a false polarizzazioni che non hanno un corrispettivo nella realtà. Il loro fine è quello di postare sempre più l’asticella dei temi verso un clima paranoico fertile per la destra ultraconservatrice e sempre meno per il dibattito dialogico-dialettico che dovrebbe essere tipico delle democrazie.


[1] https://www.agenzianova.com/news/brasile-onu-condanne-contro-ex-presidente-lula-hanno-violato-garanzie-giuridiche-e-diritti-civili/

[2] https://www.cartercenter.org/news/pr/2022/brazil-100522.html#portuguese