Elezioni farsa

Di Khalid Amayreh. Pal.info

In assenza di Hamas e in balia di condizioni assolutamente non democratiche, al-Fatah ha in pugno le elezioni locali e comunali in decine di città e villaggi in tutta la Cisgiordania.

Hamas si è rifiutato di partecipare a queste elezioni, appellandosi all’atmosfera di stato di polizia e all’assenza delle libertà civili, riscontrate durante il governo di al-Fatah.

La decisione da parte della leadership di Ramallah di indire le elezioni, nonostante il dissidio in corso con Hamas, mira evidentemente a rafforzare il controllo del potere da parte del partito di al-Fatah nei Territori Occupati.

Può anche essere intesa come una decisione volta a deviare l’intenzione della gente dalla schiacciante crisi economica che riguarda la maggior parte dei palestinesi. La crisi si manifesta in termini di un costo della vita esageratamente alto, una povertà dilagante e dei redditi irrimediabilmente bassi, che costringono molte famiglie palestinesi ad adottare severe misure di austerità, tra cui il taglio su alcuni beni di prima necessità.

Secondo gli osservatori e alcuni sporadici sondaggi, il successo delle elezioni – dal punto di vista di al-Fatah – dipenderà dalla misura del boicottaggio.

Alcuni attivisti di Fatah si sono espressi in maniera pessimistica al riguardo.

“Io sono preoccupato del fatto che l’affluenza non supererà il 50%. Nel peggiore dei casi, si rischia persino di non raggiungere il 35%. In questo caso, Hamas vincerà senza problemi”, ha detto Ahmed Qawasmeh, un portavoce di al-Fatah a Hebron.

Qawasmeh ha attribuito, inoltre, il suo pessimismo “all’assenza di unità” tra i candidati della stessa al-Fatah.

“Si vedono i seguaci di al-Fatah competere l’uno contro l’altro. E questo è in contrasto con le dichiarazioni retoriche secondo cui al-Fatah è un partito unito. Al-Fatah non ha imparato nulla dalla sua sconfitta nel 2006, proprio per mano di Hamas”.

Un altro leader di al-Fatah, Amr Hussein, si è espresso con cauto ottimismo, dichiarando che Fatah è ancora il miglior gruppo organizzato e che le sue possibilità di vittoria sono abbastanza buone.

“Credo che al-Fatah possa vincere in numerose città e nella maggior parte dei villaggi. Fatah si è preparata per queste elezioni per mesi.
Inoltre, Fatah dovrebbe trarre vantaggio dal boicottaggio di Hamas, a meno che i suoi sostenitori non scelgano di dare il loro voto ai rivali di Fatah”, ha detto Suleiman al-Ja’abari, attivista di Hebron e politico locale.

Apatia pubblica

Tuttavia, vi è un ampio consenso tra le varie forze politiche e sociali nel sostenere che l’apatia pubblica sarà un fattore decisivo nelle elezioni.

Questa indifferenza diffusa non è esclusivamente attribuibile alla decisione di Hamas di boicottare le urne. Una combinazione di frustrazione, disincanto nei confronti del regime dell’Autorità Palestinese e dei pungenti problemi economici, sta convincendo molte persone a non recarsi alle urne.

Questo non vuol dire, però, che la gente sia meno interessata di prima alla politica o sia diventata apolitica.

“È solo che molte persone pensano che queste elezioni non cambieranno nulla. In ultima analisi, la capacità di un consiglio locale di determinare cambiamenti positivi è molto limitata“, ha affermato Muhammed Natshe, un attivista filo-islamista a Hebron.

“Che cosa possono fare? L’acqua è nelle mani di Israele. L’energia elettrica è nelle mani di Israele. Le strade e valichi di frontiera sono controllati da Israele”, ha detto l’uomo d’affari, palestinese di mezza età.

“Pertanto, anche se fossero elette le persone più indicate, non sarebbero in grado di fare molto.”

Il fattore Israele

Nonostante tutto il clamore su una repubblica democratica palestinese, Israele continua ad avere effettivamente l’ultima parola in merito agli affari palestinesi. I funzionari israeliani hanno dichiarato in molte occasioni che avrebbero arrestato i candidati di Hamas impegnati in campagna elettorale o nelle elezioni.

Né l’Autorità Palestinese né la comunità internazionale possono garantire contro le significative intromissioni da parte di Israele nelle elezioni.

“Alcune persone potrebbero accusare Hamas di boicottaggio nei confronti delle elezioni. Ma io voglio chiedere a queste persone: chi può garantire che i candidati islamisti non vengano poi catturati dall’esercito israeliano e gettati nei campi di concentramento nel deserto? Quindi, a cosa serve partecipare alle elezioni, se, così facendo, si rischia di spendere mesi o anni della propria vita in prigione?” ha affermato Walid Suleiman, un attivista islamista dalla città di Dura, nel sud della West Bank.

Suleiman non si oppone alle elezioni di per sé. Egli dice che il popolo ha il diritto intrinseco di eleggere i propri consiglieri locali.

“Ma il processo di scelta dei nostri rappresentanti deve essere equo, libero, senza restrizioni e trasparente. E, soprattutto, a tutti i gruppi partecipanti e ai partiti devono essere concesse pari opportunità.”

Suleiman ha detto che praticamente tutti i palestinesi sono stati perseguitati e presi di mira da parte di Israele e dei suoi servizi segreti.

“Ma nessuno può negare il fatto che Israele abbia una fissazione per Hamas, mentre Fatah e altre fazioni dell’Olp possono agire abbastanza liberamente nella West Bank”.

Inoltre, difficilmente Israele permetterebbe che si svolgano eventuali elezioni in Cisgiordania, se non ci fosse la minima possibilità per gli islamisti di vincere.

Questo è uno dei motivi principali per cui Hamas non partecipa alle elezioni in corso.

Israele e l’Autorità Palestinese sono d’accordo nelle misure di sicurezza contro Hamas. Quindi, è praticamente impossibile per l’Autorità Palestinese ripristinare la coesione con Hamas mentre continua l’organizzazione della sicurezza con Israele proprio contro Hamas.

“Le due esigenze sono inconciliabili”, ha ribadito Walid Suleiman.

Situazione di stallo politico

Le elezioni locali palestinesi arrivano in un momento in cui la storia politica tra Israele e i palestinesi ha raggiunto una situazione di stallo virtuale.

Mahmoud Abbas, leader dell’Autorità Palestinese, questa settimana ha avvertito Israele di un possibile “tsunami islamista” nel caso in cui non venga stabilito uno stato palestinese vitale e territorialmente contiguo.

Tuttavia, uno stato palesemente arrogante e insolente come Israele, incoraggiato dal dominio politico ebraico sulla politica americana, si rifiuta di ascoltare tali avvertimenti da parte di una leadership palestinese plausibilmente debole e demoralizzata.

A dispetto della leadership palestinese e della comunità internazionale, il governo israeliano ha compiuto questa settimana due provocazioni significative.

In primo luogo, il primo ministro israeliano Netanyahu ha adottato il cosiddetto “Rapporto Levy”, che considera la Cisgiordania come un “territorio non occupato”. Questo apre la strada alla legalizzazione di tutti o della maggior parte degli insediamenti illegali costruiti su terreni privati.

In secondo luogo, il governo israeliano ha deciso di costruire centinaia di nuove abitazioni per i nuovi immigrati ebrei, vicino alla città araba di Beit Jala nei pressi di Betlemme.

L’inarrestabile crescita dell’intraprendenza ebraica nella pratica degli insediamenti significa che, almeno dal punto di vista dei palestinesi, Israele è ben convinto di distruggere qualsiasi possibilità che ci possa ancora essere per la soluzione dei due stati.

Traduzione per InfoPal a cura di Erica Celada