Elezioni in Egitto e Palestina

Memo. Il Cairo, 22 giugno. Elezioni in Egitto e Palestina (analisi precedente alla comunicazione della vittoria di Mursi, avvenuta domenica 24 giugno)

Per il momento tutto è  in sospeso in Palestina. In Cisgiordania, così come nella Striscia di Gaza c’è una rigida attesa per vedere come si evolveranno le cose in Egitto. Le voci di riconciliazione tra Fatah e Hamas sono ad un punto di stallo. I negoziati tra l’Anp e il governo israeliano rimangono congelati, malgrado le dichiarazioni di quest’ultimo che riprenderanno presto. L’unica costante dell’equazione sono i continui attacchi di Israele a Gaza, un passo apparentemente più lungo della gamba basato sulle aspettative che il colpo di stato in Egitto sia stato completato e che il vecchio regime venga restaurato.

Per molti palestinesi questo sarebbe lo scenario peggiore, che farebbe rivivere la collaborazione egiziana con Israele e porterebbe ad un rafforzamento dell’assedio a Gaza. Questi dubbi sono stati più o meno alimentati dalla sensazione che Ahmad Shafiq fosse uno dei più leali sostenitori di Israele, all’interno della ormai screditata cerchia di Mubarak.

Eppure, anche con il suo passato “colorito”, Shafiq ha i suoi sostenitori in Palestina. A Ramallah, gli ufficiali dell’Anp affermano pubblicamente che non hanno nulla da temere da una eventuale presidenza di Morsi. In ogni caso ciò non nasconde il fatto che sarebbero più rassicurati con Shafiq, dato che è più probabile che egli continui le politiche perseguite da Mubarak.

Nel caso di Mohamed Morsi, i suoi sostenitori palestinesi affermano che una sua vittoria ridurrebbe l’enorme pressione esercitata da Mubarak sull’Anp per effettuare concessioni ad Israele e assecondare le sue politiche degradanti.

Nell’ormai improbabile eventualità che il Consiglio Supremo delle Forze Armate – Scaf accetti Morsi, questo non significa che il futuro riservi una strada spianata. Morsi incontrerà una serie di ostacoli da tutti i fronti, specialmente da quelli avversi alla Fratellanza Musulmana. I risultati ufficiosi mostrano chiaramente che molti egiziani rimangono cauti perché il movimento non ha mantenuto certe promesse, tra cui quella di non candidarsi alla presidenza.

A livello regionale ed internazionale, Morsi incontrerà anche una legione di oppositori. Non cercheranno di isolarlo sul fronte democratico e politico, come hanno fatto con Hamas, ma non gli renderanno certo la vita facile.

Alla luce di tutto ciò, non è un’esagerazione dire che il risultato delle presidenziali è monitorato in Palestina con la stessa attenzione che in Egitto. Dopotutto l’Egitto è il vicino di casa più grande della Palestina e i palestinesi aspettano ardentemente il giorno in cui il paese riprenda il suo naturale ruolo storico di difensore della loro causa.

Qualunque sia il risultato, i destini dei due paesi restano inscindibili. Anche con tutte le costrizioni e gli ostacoli imposti dall’esercito, Morsi non potrà ignorare la Palestina. Questo non significa che l’Egitto debba intraprendere compagne militari o venga coinvolto in un confronto militare con Israele. C’è bisogno di un lungo periodo di stabilità perché l’Egitto ristabilisca i propri affari interni.

In generale, i palestinesi vorrebbero beneficiare di un governo stabile e di sostegno in Egitto. Alcuni analisti regionali notano che i palestinesi dovrebbero, per prima cosa, evitare qualsiasi confronto che potrebbe dare ai militari una scusa per interrompere la transizione democratica (dal momento che hanno bisogno di scuse).

Dal crescendo di attacchi a Gaza, è chiaro che Israele sta cercando di creare un clima di confusione. Finora è riuscito a coinvolgere in un confronto le fazioni di resistenza, tra cui Hamas. Il governo a Gaza ha dichiarato che non può più restare immobile mentre i civili vengono uccisi dai missili e dalle bombe di Israele.

Allo stesso modo in cui al Movimento di Resistenza Islamica a Gaza viene richiesto di desistere, così l’autorità di Ramallah deve riconoscere che l’era del partito unico è finita. All’interno della Lega degli Stati Arabi, c’è un clima di accettazione che deve riflettere i cambiamenti e le aspirazioni delle persone. La presenza di nuovi attori all’interno dell’organizzazione, ne farà cambiare i programmi e le priorità. Ciò significa che il presidente Mahomoud Abbas non sarà in grado di ottenere l’approvazione automatica di politiche e decisioni vantaggiose per Israele a scapito degli interessi palestinesi. La sua sfida, perciò, sarà di scegliere tra i desideri dei suoi padroni stranieri, in particolari Washington, e le aspirazioni del popolo della regione.

Nel frattempo, la battaglia delle volontà tra il popolo egiziano e il loro governo militare è destinata a continuare. Dal momento che al popolo non è permesso di esercitare la propria volontà attraverso i ballottaggi, la faranno valere nelle strade e nelle piazze.

Chiaramente l’esercito, che ha beneficiato di molti privilegi, per poter rimanere neutrale riguardo alla Palestina, non è preparato a mettere a rischio i propri interessi. Il colpo di stato pacifica ora è alle prese con un disperato tentativo di arrivare al potere.

Senza parlamento, senza costituzione e un sistema vizioso di controllo dell’esecutivo giostrato tra la presidenza e l’esercito, l’Egitto appare in una fase di arretramento. Molto di ciò che sta accadendo potrebbe favorire Israele nel breve periodo. Potrebbe ritardare il raggiungimento degli obiettivi della rivoluzione. Ma non saranno in grado di mettere a tacere per sempre la volontà del popolo.

Una cosa è estremamente chiara a tutte le parti coinvolte. Non c’è modo di tornare indietro. Gli egiziani ed i palestinesi condividono un desiderio comune: quello di iniziare un nuovo capitolo della propria storia che rispetti la volontà comune, garantisca libertà e assicuri i loro interessi nazionali.

Traduzione per InfoPal a cura di Cinzia Triviri Bellini