Elezioni in Egitto: i rivoluzionari vedono ribalta nel voto

Nell’ambito delle inchieste, interviste e analisi sull’attuale situazione geopolitica mediterranea e mediorientale, la nostra redazione pubblica qui di seguito un articolo di Ma’an/Reuters sugli sviluppi della rivoluzione egiziana e sulle elezioni presidenziali, in corso mentre scriviamo – 1° giugno 2012.

InfoPal ribadisce che quanto finora pubblicato fa parte di un lavoro di riflessione sulle dinamiche in atto nel Mediterraneo e Medio Oriente, e non solo, e non necessariamente esprime l’opinione della nostra redazione e degli editori.

Cairo – Ma’an/ReutersDi Samia NakhoulI rivoluzionari egiziani non si sono rivoltati per le strade per rimpiazzare Hosni Mubarak con un altro potente militare o per incaricare un ideologo islamico, ma è una presa di coscienza dopo un primo round di voto per la presidenza.

I giovani che hanno posto l’orgoglio nazionale davanti alla religione, quando protestarono contro il governo autocratico di Mubarak lo scorso anno sono sempre più disperati, perché la rivoluzione da loro iniziata è stata dirottata da generali e dai Fratelli Musulmani.
Le loro peggiori paure hanno trovato conferma venerdì, quando i risultati iniziali delle prime elezioni presidenziali libere egiziane hanno mandato al ballottaggio il 16 e 17 giugno Mohamed Mursi, dei Fratelli Musulmani, e l’ex capo dell’aeronautica militare Ahmed Shafiq, ex primo ministro di Mubarak.
“Sono scioccato. Com’è potuto succedere? I cittadini non si aspettano un Mursi o uno Shafiq. È una catastrofe per tutti”, ha dichiarato Tareq Farouq, 34 anni, un autista del Cairo. “Stanno riportando la gente in Piazza Tahrir”.

Con candidati moderati fuori dalla gara dei 12 uomini, il ballottaggio mette le due figure più popolari l’una contro l’altra, ravvivando la battaglia decennale per il potere tra l’elite militare alla guida da secoli e la sua potente opposizione islamica.
I contestatori di piazza Tahrir sono scioccati che il ballottaggio si sia concentrato su un membro del “feloul”, termine arabo derisorio che indica i “resti” dell’antico regime di Mubarak, e un “Ikhwani”, o un Fratello, dal gruppo conservatore islamico che ha lottato contro le autorità per la maggior parte dei suoi 84 anni di storia.
“Ahmed Shafiq significherebbe vecchio regime – la rivoluzione è liquidata – e con i Fratelli Islamici saremmo vicini a un certo tipo di stato religioso”, afferma Hassan Nafaa, un politologo che parteggiò per la strada contro Mubarak.
Per i rivoluzionari, Shafiq è una copia carbone di Mubarak. Entrambi erano comandanti dell’aeronautica e una vittoria di Shafiq estenderebbe la tradizione di sessant’anni di potere militare.
Ma anche i Fratelli Musulmani, che hanno il blocco parlamentare più grande, sono poco allettanti per molti di loro, con il loro vincolo della shari’a islamica che temono frenerebbe la libertà sociale, soffocherebbe il dibattito pubblico e porrebbe restrizioni sulla libertà di parola.
“Che cosa è successo alla nostra rivoluzione? La vittoria di Shafiq significherebbe riprodurre il vecchio regime, e la vittoria di Mursi sarebbe un disastro. I Fratelli controlleranno la presidenza e il parlamento e avranno il monopolio su tutto”, dice Mohamed Hanafi, operaio di 30 anni.
“Non sappiamo come andrà a finire”, aggiunge.
Non si tratta solamente del destino degli 82 milioni di abitanti dell’Egitto. Ciò che accade nella nazione più popolosa del mondo arabo riecheggerà attraverso una regione scossa dalle rivolte e dai conflitti.
Un golpe islamico potrebbe spaventare le forze liberali che hanno giocato un ruolo fondamentale nelle insurrezioni arabe che hanno rovesciato i leader in Tunisia, Libia e Yemen, come anche in Egitto.
Il ritorno del potere militare potrebbe incitare la leadership della Siria, che ha usato i carri armati per reprimere la ribellione.

Tuttora, dopo 15 mesi che centinaia di migliaia di persone hanno agghindato piazza Tahrir per celebrare la fine del governo trentennale di Mubarak, l’euforia ha lasciato spazio a disillusione e rabbia.
La transizione, sorvegliata da generali incaricati fin dalla caduta di Mubarak e che hanno promesso di passare al governo entro il primo di luglio, è stata danneggiata da violenza, ingorghi politici, e disgrazie economiche.

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Il secondo turno di voto potrebbe portare maggior turbolenza. Attivisti e altri egiziani hanno già detto che torneranno per strada in caso di vittoria di Shafiq, sebbene ciò sarebbe più difficile da sostenere se il secondo turno procedesse lentamente.
Chiunque vinca, è probabile che l’esercito resti il primo potere intermediario, dando una mano nel definire le prerogative del presidente. Queste devono ancora essere determinate a causa delle lotte attorno a chi dovrebbe scrivere la costituzione dell’era post-Mubarak.

I generali insistono dicendo che torneranno tranquilli alle loro caserme, ma la maggior parte degli egiziani non si aspetta che rinuncino ai privilegi e all’influenza di cui hanno goduto per decenni. Essi affermano che una vittoria di Shafiq riporterebbe un maggior potere militare.
Qualsiasi sia il potere del presidente, l’esercito manterrà una presa salda sulla politica estera e proteggerà un trattato di pace con Israele che porterebbe 1,3 milioni di dollari di aiuti militari statunitensi all’anno.
Ciò restringerebbe lo spazio di manovra estera di Mursi, ma porterebbe maggiore attenzione sul lavoro interno. I liberali e altri egiziani temono che gli islamici vorranno lasciare il loro marchio cercando di imporre più valori religiosi nella società.

“Questo non è ciò che volevamo o ciò per cui abbiamo lottato. Da donna, sono profondamente turbata”, dichiara Dalia Hamdi, una manager delle risorse umane, parlando da Zamalek, il distretto più esclusivo del Cairo.

“Non potremo sicuramente indossare ciò che indossiamo ora”, afferma indicando un’amica in canotta e jeans e senza foulard, indossato dalla maggior parte delle donne egiziane.
Mursi  non ha definito che cosa significhi implementare la shari’a a livello pratico. Ma i liberali temono che significhi leggi più restrittive sul matrimonio e sul divorzio per le donne. Una società restrittiva scoraggerebbe anche i turisti, fonte essenziale di reddito.
Vicino alle piramidi di Giza, su una strada famosa per la vita notturna, alcuni lavoratori di un bar dicono di temere un presidente dei Fratelli Musulmani, ricordando come lo scorso anno un gruppo di islamici avesse perpetrato atti vandalici nei pressi di casinò e bar, frantumando bottiglie di liquore, viste come simbolo del vizio.
“Sono sicuro che i Fratelli Musulmani ci farebbero chiudere se venissero eletti. Bandirebbero l’alcol”, afferma il gestore del bar Huda Husseini, 19 anni. “Secondo loro è proibito ballare, bere, ascoltare musica. Tutto è proibito”.

Traduzione per InfoPal a cura di Barbara Tassone