Equivicinanze. Di Miguel Martinez

Equivicinanze

di Miguel Martinez


Fonte: kelebek 

 

Tre piccoli segni dei tempi e delle equivicinanze.

Un mese fa, un certo Ben Kurtzer si è stabilito, con moglie e cinque figli, a Maaleh Adumim, la gigantesca colonia israeliana nei Territori Occupati, che taglia in due il cosiddetto West Bank e viola clamorosamente quella cosa ormai dimenticata che un tempo chiamavano "legalità internazionale".

Ricordiamo a chi cerca di distinguere tra lo stato d’Israele e "pochi coloni estremisti" che Maaleh Adumim è stata voluta da un governo laburista e costruita da un governo likudista.

E che a ricevere il neo-colono all’aeroporto, c’era il presidente d’Israele e il ministro dell’immigrazione.

 

Ben Kurtzer – secondo da sinistra – accolto dal presidente d’Israele

Mentre i nativi palestinesi vivono sotto quotidiano coprifuoco, esproprio e bombardamento, questo signore di Dallas nel Texas annuncia che per lui "è il luogo più comodo" e che "non ha paura. Ci sono un sacco di cose buone che succedono in Israele".

La notizia sarebbe quasi irrilevante, se Ben Kurtzer non fosse il fratello di Dan Kurtzer, un signore che ha appena lasciato il posto di ambasciatore degli Stati Uniti in Israele.

Ben dice che

"mio fratello è molto felice e orgoglioso che siamo immigrati in Israele. Ho cercato di convincere anche lui a immigrare, ma la decisione spetta a lui. Cercherò di usare le mie abilità diplomatiche per convincerlo".

Alcuni giorni fa, un tribunale belga ha condannato due impiegati del Centro Islamico Belga a 10 mesi di carcere e al pagamento di 17.500 euro per "istigazione all’odio razziale".

Il reato?

Il loro sito web, http://www.assabyle.com, aveva pubblicato un link a un video libanese; e in quel video, qualcuno aveva paragonato l’ex-ministro degli esteri dello Stato d’Israele, David Levy, a Hitler, "per aver detto che "la terra del Libano sarebbe stata consumata dal fuoco" (""The soil of Lebanon will burn"") nel caso di attacchi contro la cittadina di Kiryat Shimon nel nord d’Israele. Presumo che il video avesse un tono acceso, anche se non quanto un qualunque editoriale di Libero, per intenderci.

Il link era stato tolto subito dal sito, ma il giudice ha voluto ugualmente applicare la condanna, sull’improbabile base che il cittadino e uomo politico israeliano David Levy è di religione ebraica.

Ora, noi possiamo immaginare che i due condannati, se non sono dei filosofi, finiranno per pensarla più o meno come il giudice: cioè, che lo stato mediorientale che si chiama Israele "è" in qualche modo "gli ebrei".

E’ importante distinguere sempre tra giudaismo e sionismo, e non per banalità di political correctness.

Lo si deve fare, per il semplice motivo che il sionismo è nato come rifiuto radicale di duemila anni di giudaismo post-templare, come tentativo di inventare un nazionalismo sul modello di quelli europei e di creare un "uomo nuovo" il più possibile alieno alla cultura tradizionale. Ed è solo dopo il 1967 che cade la netta distinzione evidente tra i due fenomeni.

Però è anche vero che le concrete organizzazioni ebraiche – a mio avviso criticabili quanto le concrete organizzazioni cattoliche o islamiche – fanno spesso il possibile per confondere i due concetti, proprio come ha fatto il giudice belga.

L’agenzia AGI del 3 luglio, ad esempio, ci informa che

"Gli ebrei italiani chiedono al Governo Prodi una presa di posizione chiara contro i rischi di un rinascente antisemitismo, ‘mascherato da posizioni di equidistanza nel conflitto israelo-palestinese."

Leggiamo così che il Congresso dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (UCEI) ha votato all’unanimità una mozione che invita il governo italiano a intervenire in una faccenda puramente politica in un paese mediorientale: il sequestro di un soldato israeliano da parte di milizie palestinesi che chiedevano il rilascio delle donne (circa 130) e dei minorenni (circa 200) sequestrati, a loro volta, dall’esercito di cui fa parte lo stesso soldato.

In un’altra mozione, la stessa UCEI chiede che il governo non avvii alcuna relazione con il governo legittimamente eletto dai palestinesi.

Poi chiede che Israele possa entrare nell’Unione Europeo, nonostante la grande distanza geografica e l’assenza di una costituzione.

Tutto questo accompagna la vittoria elettorale della destra nelle elezioni interne della comunità, una destra che ha l’inequivocabile nome di Lista Per Israele.

Chiaramente, una persona colta e ragionevole saprà ugualmente distinguere tra questa militanza a sostegno di uno stato estero particolarmente aggressivo, e i lunghi secoli di cultura umana e religiosa del giudaismo.

Ma è chiaro che un simile comportamento da parte di un’organizzazione che dovrebbe rappresentare i cittadini italiani di un determinato credo religioso, e non la lobby politico-militare di uno stato estero, non aiuta.

Immaginiamo le reazioni, ad esempio, se la Consulta Islamica da poco istituita – dopo la vittoria della "Lista Per lo Stato Islamico" – esigesse dal governo italiano il ritiro delle truppe italiane dall’Afganistan, il rifiuto di riconoscere il governo collaborazionista iracheno e l’appoggio al diritto di ritorno dei profughi palestinesi.

Però questo equivoco fa indubbiamente comodo allo stato d’Israele. Non solo perché nel lontano Belgio, si può far condannare un critico delle sue politiche per "antisemitismo"; ma soprattutto perché il risentimento confuso e generico contro "gli ebrei" che scaturisce da simili equivoci è alla base stessa dell’esistenza di Israele.

Spaventati dall’antipatia per gli ebrei che la politica d’Israele genera, gli ebrei in tutto il mondo cadono facilmente preda delle campagne sioniste. Magari anche a Dallas, si sentono minacciati in quanto ebrei e pronti a dare soldi, o persino a insediarsi nelle colonie.

Un brutto circolo vizioso. 

 

15/07/2006

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