Escalation della repressione sionista in Palestina

Di Fares Ghassan. La situazione attuale in Palestina è caratterizzata da un’escalation della repressione, dell’oppressione e delle aggressioni da parte forze armate dello stato dell’apartheid e dell’occupazione sionista nei confronti dei palestinesi a tutti i livelli.

Gaza.
Continua da 15 anni l’assedio su Gaza senza una fine all’orizzonte, il blocco sionista è criminale e disumano. Lo stato sionista ha dichiarato Gaza una zona militare chiusa quando l’ha occupata, nel 1967, e progressivamente ha inasprito le restrizioni. In questi 15 anni Israele ha ucciso più di 4.000 palestinesi, tra cui 1.000 bambini, in quattro grandi offensive militari a Gaza. Nello stesso periodo, 1.400 palestinesi gazawi sono stati uccisi in altri attacchi israeliani. Più di 12.600 case sono state distrutte e quasi 42.000 danneggiate. Circa 130 lavoratori agricoli sono stati uccisi mentre Israele ha imposto il divieto d’accesso in un’area, all’interno del confine di Gaza, che comprende la terra più fertile del territorio. Sette pescatori, inoltre, sono stati uccisi dalla marina israeliana, che ne ha feriti e arrestati altre centinaia, confiscando quasi 250 pescherecci. Più di 72 malati in cerca di cure non disponibili a Gaza sono morti dopo che Israele ha negato loro o ritardato il rilascio dei permessi per accedere alle cure in Israele e in Cisgiordania. Lo stato sionista divide così i palestinesi e riprogetta i dati demografici dell’intera popolazione palestinese per affermare il proprio dominio.
La direttrice di Oxfam International, Gabriela Bucher, ha riconosciuto che gli aiuti internazionali, senza esigere che Israele ponga fine all’assedio, trasformano i finanziatori “in facilitatori di fatto di una prigione a cielo aperto”.

Cisgiordania.
In Cisgiordania aumenta la dittatura militare dell’occupazione e dei suoi collaborazionisti, aumenta la persecuzione e aumentano gli assassinii in particolare di giovani palestinesi e di giornalisti. Vere e proprie esecuzioni senza processo come nel caso della giornalista di al-Jazeera Shireen Abu Aqleh, che è stata soltanto la punta dell’iceberg.
Aumentano le aggressioni di esercito e coloni contro gli abitanti di Gerusalemme con l’obiettivo di espellerli dalle loro case, contro i fedeli durante le preghiere nella moschea di al-Aqsa, contro le abitazioni dei palestinesi che vengono demolite o rubate e contro gli alberi di olivo che vengono sradicati ecc.

Nel 2021, secondo il gruppo per i diritti israeliano B’Tselem, le forze d’occupazione israeliane hanno ucciso 319 palestinesi nei Territori Palestinesi Occupati, rendendolo “l’anno più mortale dal 2014” e hanno demolito 295 case, il numero più alto dal 2016, lasciando 895 palestinesi, più della metà dei quali bambini, senza casa.

Al 2 giugno 2022 erano 62 i palestinesi uccisi dalle forze dello stato dell’apartheid in Cisgiordania, 16 dei quali minorenni.

Il 2 luglio 2022 è morta in circostanze misteriose la più anziana detenuta palestinese nelle carceri israeliane, Saadyia Farajalla, 68 anni. Con lei arriva a 230 il numero dei prigionieri palestinesi morti nelle carceri dell’occupazione sionista per negligenza medica. I prigionieri politici palestinesi nelle carceri dell’occupazione sono circa 4450, di cui 32 prigioniere (fra cui una minorenne). I bambini ed i minorenni detenuti nelle carceri dell’occupazione sono 160. I detenuti amministrativi (cioè senza accuse e senza processo) sono 530.

Gli atti disumani di Israele soddisfano la definizione di crimine contro l’umanità dell’apartheid, affermano i palestinesi, e c’è un crescente consenso internazionale a livello dei gruppi per i diritti umani che concorda con l’analisi dell’apartheid presentata da gruppi palestinesi.
Amnesty International, ma anche Human Rights Watch, hanno dichiarato l’anno scorso che Israele perpetra l’apartheid contro i palestinesi, e il mese scorso HRW ha descritto Gaza come “una prigione a cielo aperto” assediata da Israele ed Egitto, in cui “le restrizioni di movimento devastano le vite dei palestinesi”.

Gli Stati Uniti di Biden confermano il decennale ed enorme sostegno allo stato dell’aparteid e dell’occpazione israeliano di Trump, Obama, Bush ecc. Confermano il loro impegno di ferro a mantenere queste politiche di apartheid e persecuzione – che si tratti di assedio di Gaza o di dittatura militare in Cisgiordania. Il che significa che non c’è crimine troppo grande che possa ostacolare la spudorata mobilitazione di sostegno degli Stati Uniti e dell’UE all’occupazione razzista israeliana.

La visita di Biden.
L’incontro di Biden con il primo ministro dello stato dell’apartheid e dell’occupazione israeliane ha confermato il massiccio sostegno militare ad Israele. In pratica, un impegno inflessibile per l’impunità israeliana e la privazione di libertà dei palestinesi per un importo di almeno 3,8 miliardi di dollari in aiuti militari allo stato sionista ogni anno. Sono 10 milioni di dollari al giorno decisi dal primo presidente nero, liberale e democratico Obama. Un miliardo in più, extra, di aiuti militari per l’Iron Dome, è stato fornito allo stato sionista durate l’aggressione ed i bombardamenti israeliani contro Gaza, a maggio del 2021. E’ stata formulata poi “la dichiarazione di Gerusalemme” tra Biden e il primo ministro sionista in cui gli USA dichiarano alleanza di ferro e senza limiti e sostegno chiaro ed esplicito allo stato dell’occupazione e dell’apartheid sionista in tutte le sue politiche coloniali aggressive contro i palestinesi e i loro diritti nazionali.

L’incontro di Biden con il presidente della cosiddetta Autorità Palestinese Abu Mazen ha avuto, come ci si aspettava, esiti sfavorevoli ai diritti nazionali del popolo palestinese, osteggiati dalle varie amministrazioni USA. L’amministrazione Obama ha usato 7 volte il veto al Consiglio di sicurezza dell’ONU per salvare Israele da condanne. L’incontro tra Biden e Abu Mazen è stato un incontro di pubbliche relazioni, in cui il presidente USA non si è impegnato minimamente per sostenere i diritti del popolo palestinese, elargendo discorsi avvelenati senza alcun valore riferendosi ad uno Stato palestinese “di lontana realizzazione”. Gli USA hanno convinto Arafat ed i palestinesi ad intraprendere la via degli accordi di Oslo nel 1993 garantendo per tali accordi, firmati sul tappeto rosso della Casa Bianca, allora abitata da Clinton. Secondo quei disgraziati accordi i palestinesi avrebbero rinunciato al 78% della Palestina, occupata nel 1948, in cambio di uno stato palestinese che sarebbe dovuto nascere sul 22% della Palestina occupata nel 1967. E ora, dopo circa 30 anni di inutili trattative, dicono ai palestinesi che lo stato palestinese è ancora molto lontano dall’essere realizzato. La cosa più curiosa è che il presidente dell’OLP, Abu Mazen, ha chiesto al presidente USA, mentre si scambiavano sorrisi e pacche sulle spalle, di toglire l’OLP dalla lista USA delle organizzazioni terroristiche.

Ciò significa che gli USA lasciano libero lo stato di apartheid e di occupazione sionista di completare il suo progetto coloniale, l’espulsione e l’ebraicizzazione dei Territori palestinesi, inclusa Gerusalemme.

L’aiuto finanziario ai palestinesi, annunciato da Biden, non riflette alcun cambiamento nella posizione dell’amministrazione statunitense sulla questione palestinese. Si tratta di una mossa in sintonia con i piani israeliani che dicono di voler migliorare le condizioni economiche dei palestinesi sotto occupazione. L’unica cosa che, gli USA e la sua base militare più importante in Medioriente, sono disposti a fare, è offrire spiccioli in cambio della liquidazione dei diritti politici dei palestinesi. Intanto portano avanti lo strangolamento di un intero popolo, la sua economia, il suo sviluppo, il suo diritto all’auto-determinazione, al ritorno, allo stato sovrano, all’indipendenza, alla liberazione e alla libertà.

Malgrado ciò, l’Autorità Palestinese continua a scommettere sull’amministrazione USA, una scommessa chiaramente rinnovata nel discorso pronunciato da Abu Mazen in conferenza stampa, dichiarando la sua volontà di superare tutti gli ostacoli per collaborare con l’amministrazione Biden. Questo linguaggio supplichevole, evitando di menzionare le decisioni del Consiglio Nazionale Palestinese e del Consiglio Centrale Palestinese sulla revoca del riconoscimento d’Israele e la cancellazione degli accordi firmati, dimostra l’incapacità dell’Autorità Palestinese, la sua subordinazione e la sua mancanza di credibilità nell’attuazione delle decisioni nazionali palestinesi.

Continuare ad aderire a questi accordi da parte dell’Autorità Palestinese, continuare a scommettere su questi accordi mentre il loro obiettivo è liquidare la questione palestinese, continuare la gestione individualista ed escludente all’interno dell’OLP e delle istituzioni palestinesi alimenta la crisi palestinese e la permanenza della sua disastrosa divisione. La divisione è tuttora il danno maggiore inflitto al nostro popolo e alla sua causa nazionale, aprendo la possibilità ad ulteriori progetti di annientamento della causa palestinese.

I 30 anni dell’era post-guerra fredda e di governo unilaterale USA del pianeta, sono stati anni disastrosi per i palestinesi. Da pochi mesi, però, siamo entrati in una nuova era politica mondiale multipolare che potrebbe oggettivamente aiutare la resistenza palestinese a continuare la lotta per riappropriarsi dei propri diritti.