Esercito israeliano ha insabbiato sterminio di famiglie palestinesi durante offensiva a Gaza

Gaza – MEMO. Ulteriori prove dei presunti crimini di guerra commessi da Israele durante la sua aggressione di 11 giorni a Gaza avvenuta a maggio, che sono stati scoperti dallo Human Rights Watch il mese scorso, sono state riportate martedì da Haaretz, che descrive in dettaglio l’uccisione di un bambino palestinese, un adolescente ed altri quattro civili.

Il quotidiano israeliano ha raccolto testimonianze di famiglie palestinesi bombardate vicino alla recinzione di Gaza. I dettagli rivelati nel rapporto equivalgono a quello che può essere considerato un insabbiamento da parte dell’esercito israeliano di possibili crimini di guerra.

A quanto pare, le IOF hanno “erroneamente” lanciato delle bombe verso un’area abitata da contadini palestinesi, uccidendo un bambino, un adolescente ed altri quattro civili. L’esercito non ha mai denunciato l’incidente, né ha punito gli alti ufficiali.

Un neonato di nove mesi, una ragazza di 17 anni, tre donne ed un uomo, tutti “civili non combattenti”, come vengono chiamati da Israele, sono stati uccisi dall’esercito israeliano durante l’offensiva sulla Striscia di Gaza di maggio. Le case dei contadini beduini nel complesso di al-Karya, un sito agricolo vicino a Beit Lahia, sono state prese di mira dai jet israeliani quando non avrebbero dovuto essere nel mirino, tanto per cominciare.

Nonostante l’apparente presa di mira di civili, l’incidente non ha ricevuto pubblicità, nonostante si dica che fosse noto all’esercito, che aveva deciso di indagare. Ma dopo due mesi e mezzo, l’esercito ha detto solo di aver “imparato lezioni professionali e di averle trasmesse nell’unità”, conclusione però che è stata messa in dubbio.

Haaretz ha ottenuto testimonianze che suggeriscono l’ammissione di un gioco scorretto da parte dell’esercito israeliano, il quale ha riluttato ad ammetterlo pubblicamente. Si dice che alcuni soldati di basso rango siano stati sospesi per un tempo limitato e poi siano tornati alle loro posizioni, mentre un ufficiale di battaglione è stato trasferito verso un incarico di addestramento. Tuttavia, nessun alto ufficiale israeliano è stato punito o espulso.

Durante la sera dell’attentato, l’esercito israeliano non ha informato i residenti della necessità di lasciare le proprie case in previsione dell’imminente attacco, come si dice sia consuetudine durante le offensive contro Gaza. Poi, intorno alle 18:30 del 13 maggio, sono iniziati i bombardamenti sulle case. Una delle bombe è penetrata direttamente nella struttura dove viveva la famiglia Abu Daya.

“Ho trovato le mie figlie, i corpi di alcune di loro erano a pezzi”, ha detto Nasser Abu Fares Abu Daya. “I miei figli sono stati feriti e l’intero posto era pieno di sangue”. Quella mattina Abu Fares era padre di 12 figli. Di sera, lo era di nove. Le figlie Fawziya, 17 anni, Nisrin, 26 anni, Sabrine, 28 anni, ed il suo neonato di nove mesi, Mohammed Salama, sono stati uccisi. Haaretz ha raccolto testimonianze dai vicini di Abu Daya che hanno perso anche loro dei familiari.

L’attentato contro la famiglia di Abu Daya è un altro esempio di ciò che lo Human Rights Watch (HRW) ha definito come “apparenti crimini di guerra durante l’offensiva di maggio”. Il gruppo per i diritti umani ha pubblicato le sue conclusioni il mese scorso, dopo aver indagato su tre attacchi aerei israeliani che hanno ucciso 62 civili palestinesi. HRW ha inoltre condotto interviste con i parenti dei civili uccisi, i residenti delle aree prese di mira e coloro che hanno assistito agli attacchi israeliani.

Traduzione per InfoPal di F.H.L.