Gaza – Pchr. Nonostante l’imposizione israeliana di restrizioni illegali, che costringono i pescatori entro 3 miglia nautiche dalla costa, la pesca rimane uno dei pilastri più importanti dell’economia di Gaza.
Al momento sono circa 8000 i pescatori che lavorano nella Striscia di Gaza, dei quali 3500 registrati presso le autorità. Di essi, Madelene Kollab, 18 anni, è l’unica donna. Madelene pesca sardine e calamari con una piccola barca a motore, una canna da pesca e una rete, tutte e tre ereditate dal padre e dal nonno, anche loro un tempo pescatori.
La ragazza iniziò a pescare a 13 anni, dopo che suo padre, Mohamed, venne colpito da paralisi. Essendo la maggiore di quattro figli, fu costretta a continuare il lavoro del padre per garantire il sostentamento della famiglia. “Ero solita pescare con mio padre dall’età di 6 anni. Ora continuo a pescare con mio fratello Kayed, di 17 anni, per garantire la sussistenza della mia famiglia. Tuttavia, la difficile situazione dovuta al blocco israeliano non ci permette di guadagnare abbastanza per far fronte alle nostre esigenze. La zona più ricca per la pesca si trova a più di 3 miglia nautiche, ma gli israeliani ci proibiscono di raggiungerla. Di conseguenza, siamo costretti a fare affidamento sugli aiuti del ministero per gli Affari sociali. Noi pescatori non abbiamo niente a che vedere con la politica o con il terrorismo, vorremmo solo guadagnarci da vivere sul mare. Spero che Israele ci permetterà di pescare liberamente nelle nostre acque in futuro”.
Madalene si alza ogni mattina alle 6 per raccattare il pesce rimasto catturato nella sua rete durante la notte; poi ritorna in mare alle 4 del pomeriggio, dove pesca fino alle 7 o alle 8 di sera. Il lavoro di Madelene è ben noto agli altri pescatori di Gaza.
Oggi (ieri, ndr), giovedì 5 aprile, riceverà il premio di “Miglior soccorritore del mare” dall’associazione dei Soccorritori del mare. “Amo il mio lavoro, il mare è la mia vita e la mia sola fonte di reddito” dice.
Nel gennaio 2011, a causa della fornitura inattendibile e dei costi elevati, le autorità della Striscia di Gaza cessarono l’importazione di combustibile industriale da Israele. Da allora la Striscia di Gaza si è affidata al carburante di contrabbando – altrettanto discontinuo – dall’Egitto. Dalla metà del febbraio scorso, in seguito a una carenza dello stesso carburante in Egitto, il governo egiziano ha deciso di tagliarne la distribuzione nella Striscia di Gaza, creando la crisi del combustibile che ha colpito tutti gli ambiti della vita nell’enclave, compreso quello legato alla pesca.
Prima della crisi del carburante, Madelene si spostava quotidianamente in barca dalla zona nord di Gaza City al porto. In condizioni normali, utilizzava dai 20 ai 25 litri di benzene al giorno. Allo scoppio della crisi, fu però costretta a limitare i suoi spostamenti quotidiani, poiché le restrizioni al suo lavoro non le permettevano più di rifornirsi delle stesse quantità di benzene. Evitando di recarsi al porto è riuscita a limitare il consumo di benzene a 10 litri al giorno; ma nelle ultime tre settimane i costi del carburante sono saliti al di sopra delle sue possibilità.
“C’è una grave carenza di benzene, e quando lo si trova il prezzo è molto elevato: nelle ultime settimane è passato dai 4 agli 8 shekel (1 shekel = 0.26 €) al litro. Considerando che anche prima della crisi del benzene si riusciva a stento a coprire il costo della pesca, la situazione attuale è estremamente difficile”.
Per fronteggiare l’emergenza, Madalene utilizza la barca a remi. “In questo modo non possiamo allontanarci molto dalla costa, e la pesca ne risente. Se prima catturavo in media fra i 3 e i 4 chili di pesce al giorno, ora riesco a pescarne solo 1 chilo e mezzo”.
Il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali riconosce il diritto al lavoro. I governi palestinesi nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania impongono a fatica il rispetto di tale diritto, così come di altri, quali il diritto a standard di vita adeguati, alla sanità, all’istruzione. Essi non riescono, però, a trovare una soluzione alla crisi del carburante. Oltre agli obblighi intrinsechi al Patto di cui sopra, Israele, in quanto potenza occupante, ha l’obbligo di assicurare il mantenimento dell’ordine pubblico e della vita civile nella Striscia di Gaza. Il blocco continuo che Israele impone a quest’ultima è riconosciuto come una forma di punizione collettiva non ammessa a livello internazionale.
(Nella foto: Madelene Kollab sulla spiaggia della città di Gaza)
Traduzione per InfoPal a cura di Stefano Di Felice