Familiari dei detenuti aderiscono allo sciopero della fame in corso nelle prigioni israeliane

Gaza – Speciale InfoPal. In solidarietà allo sciopero della fame in corso nelle prigioni di Israele, ieri, 3 ottobre, i parenti dei detenuti palestinesi protagonisti dell'azione, hanno reso nota la propria adesione alla protesta, limitandosi solo a bere.

Erano a centinaia le persone presenti a quello che è stato definito il sit-in con la più grande partecipazione degli ultimi anni.

Il sit-in e lo sciopero. A partire da ieri, ai 6mila detenuti sparsi in tutte le prigioni israeliane impegnati da una settimana nello sciopero della fame, si sono uniti altri 1.500 prigionieri palestinesi che rifiuteranno i tre pasti giornalieri dati loro dalle autorità carcerarie israeliane. Tutti contestano abusi e pratiche illegali all'interno delle prigioni di Israele, le detenzioni in isolamento di molti compagni (che si protaggono anche più anni).

Anche questa volta, la sede del sit-in è stata quella del Comitato della Croce Rossa internazionale a Gaza, presa d'assalto non solo dai manifestanti, ma pure da numerosi attivisti per i diritti umani e operatori dell'informazione (Tv e giornalisti). Tutti hanno voluto “sottoscrivere” la richiesta di porre fine a queste sofferenze.

Le preoccupazioni dei familiari dei detenuti. La moglie di 'Abdelhadi Ganaim, detenuto da 22 anni per aver preso parte a un'operazione della resistenza, si dice preoccupata per lo stato di salute del coniuge insieme a quello del resto dei detenuti, soprattutto in questi giorni, da quando hanno proclamato lo sciopero della fame. Le apprensioni crescono di fronte al protrarsi delle violazioni da parte delle autorità carcerarie israeliane.

Umm Tha'ir, ha detto al nostro corrispondente dalla Striscia di Gaza: “Non ci sarà un solo giorno senza queste sofferenze. Continueranno fino a che resteranno in prigione”. A Gaza questo sentimento è ancora più forte dal momento che Israele vieta ai parenti dei prigionieri il diritto di visitarli. Questa decisione era stata inasprita in seguito alla cattura da parte della resistenza palestinesi del caporale israeliano Gilad Shalit.

I palestinesi che protestano a Gaza chiedono ai popoli arabi di uscire in strada e protestare per chiedere ai propri governi di intercedere con le autorità d'occupazione israeliane, a garanzia del loro rilascio o, per lo meno, del rispetto dei diritti dei detenuti.

Un messaggio alle autorità d'occupazione israeliane. Riyad al-Ashqar, portavoce del ministero dei Prigionieri del governo di Gaza ha ricordato il difficile stato dei detenuti palestinesi nel carcere del Negev, dove sono rinchiusi 1/4 del totale dei prigionieri palestinesi (a 6mila). “Non provate a separare i nostri detenuti, essi resteranno uniti”.

Il responsabile per l'informazione ha avvertito che “lo sciopero proseguirà fino al prossimo 6 ottobre, una sorta di termine concesso alle autorità d'occupazione isreliane perché ascoltino le richieste dei prigionieri: porre fine alle detenzioni in isolamento, a maltrattamenti e aggressioni. Se le condizioni dei detenuti non subiranno modifiche, allora lo sciopero continuerà”.

Si deve fare chiarezza: sono attualmente in corso due scioperi della fame di detenuti e prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane. Uno è quello proclamato ad oltranza dai prigionieri del Fronte popolare di liberazione della Palestina (Fplp) in solidarietà al proprio leader, il segretario generale, e deputato del Consiglio legislativo (Clp), Ahmed Sa'dat. Il secondo è quello – non continuativo – adottato dal resto dei prigionieri in tutte le carceri di Israele.

'La protesta crescerà'. L'avvertimento. Non solo si condannano le pratiche contro i palestinesi arrestati di recente, ma si vogliono anche rendere noti i casi dei cosiddetti “decani”, Fakhri Barghuthi e Akram Mansour, detenuti nel carcere di 'Ashkelon da oltre 30 anni.
Akram Mansour ha un tumore in testa.

Anche “Wa'ed”, Associazione per la difesa dei prigionieri, ha incoraggiato a divulgare per mezzo stampa natura e obiettivi di iniziative come questa e la campagna nel suo insieme.

Questo è quanto ha chiesto 'Abdallah Qandil, addetto all'informazione di “Wa'ed”.

Invocando un supporto costante, Qandil ha chiesto a tutti di non scoraggiarsi, e ha ricordato i tentativi delle autorità carcerarie israeliane di ostacolare i precedenti scioperi. “Esse hanno giocato con i sentimenti dei detenuti palestinesi. Dicevano loro che bisognava porre fine allo sciopero e che questo tipo di azioni fosse inutile dal momento che all'esterno nessuno si curava di loro”.

“Israele prova a far fallire questo tipo di iniziative e tenta di preservare una certa reputazione di fronte al mondo mentre la sua immoralità nelle prigioni non si arresta”.

La presenza di palestinesi nelle prigioni dell'occupazione israeliana è stimata tra i 6 e i 7mila. Sono in molti ad aver trascorso trent'anni e gran parte sono vittime di abusi e maltrattamenti, negligenza medica deliberata, e negazione dei diritti basilari come quello di ricevere le visite dai familiari. Inoltre, è pratica diffusa nelle prigioni israeliane quella delle detenzioni in isolamento, che durano anche diversi anni.

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