Favorevoli o contrari, i palestinesi di Gaza sperano nel riconoscimento all’Onu

Gaza – Speciale InfoPal. E' molto cauta la piazza palestinese rispetto alla data prevista per il voto presso il Consiglio di Sicurezza dell'Onu. Quello richiesto è il riconoscimento dello Stato palestinese entro i confini occupati da Israele nel 1967. Nel complesso, la gente si dice certa che il veto Usa bloccherà l'iniziativa.

Il nostro corrispondente dalla Striscia di Gaza ha fatto un giro per le strade del territorio palestinese assediato, per apprendere quali sono le impressioni generali, quelle di alcuni esponenti della resistenza palestinese, di quelle fazioni già schieratisi contro la mossa politica di settembre. Tra queste, le realtà politiche islamiche e quelle laiche.

Il sostegno ad andare all'Onu. Mohammed as-Safi, studente universitario di 23 anni è favorevole ad andare all'Onu. Il 23 settembre, la leadership palestinese andrà al Consiglio di Sicurezza Onu e per Mohammed si tratta “di una mossa azzeccata pur di arrestare i negoziati con Israele e sottrarsi al ciclo di intransigenza di quest'ultimo”.

Lo studente quindi chiede che si vada all'Onu “perché i palestinesi sono ancora sotto occupazione e perché si tratta del diritto alla vita da realizzare nel contesto di uno Stato, così come nel resto del mondo.

“Israele sarà umiliato davanti a tutti, verrà fuori il risultato di tutte le sue millanterie nel corso dei negoziati, tutti i sotterfugi e gli oltraggi adottati pur di negare i diritti ai palestinesi”.

“Contro di noi il Consiglio di Sicurezza”. Fa'iz Jaber è un'insegnante di Gaza di 42 anni. Al nostro corrispondente ha confidato di non avere molte speranze per il voto all'Onu.
La sua idea è che “il Consiglio di Sicurezza ha già decretato in merito al voto accettando di accogliere il boia insieme alla vittima.

“Poi, c'è il veto Usa, già annunciato, prima ancora di sedersi. Il risultato sarà una grande frustrazione.

“Sono più di 60 anni che facciamo questa stessa richiesta al mondo. Alla forza si risponde con la forza. Questo è il punto a cui siamo sempre ritornati. Le rivoluzioni nel mondo arabo sono per noi un grande sostegno”.

Consultarsi con le fazioni. Hamas, il Jihad islamico, il Commando generale del Fronte popolare di Liberazione della Palestina (Cg-Fplp) si sono espressi contro la scelta dell'Autorità palestinese (Anp). Ad essa hanno rivolto più inviti a consultarsi con tutte le fazioni palestinesi prima di fare un passo di tale grandezza.

Si sono susseguiti numerosi comunicati delle fazioni palestinesi. “Andare all'Onu alla presenza dei potenti del mondo e dell'occupante israeliano equivale a tentare di riempire un bicchiere rotto dal fondo”.

Sarà un'avventura rischiosa. Intervenendo a una conferenza, il portavoce di Hamas, Sami Abu Zuhri, ha definito l'iniziativa “un grave errore e un danno abbastanza prevedibile”.

“Molti esperti di diritto di tutto il mondo hanno dichiarato che il veto e l'attuale realtà dei fatti sul campo non rappresentano le condizioni per una simile richiesta. Esiste poi il rischio sul Diritto al Ritorno”.

“Dietro la volontà dell'Anp – secondo Abu Zuhri – si cela lo stato di frustrazione per non riuscire a governare e non essere in grado di rispondere alle istanze del popolo. Nonostante questi pareri contrari, il Movimento di Hamasd al governo di Gaza ha promesso che non farà nulla per ostacolare questa mossa, pur auspicando l'esistenza di un consenso popolare, alla quale parte spetta l'ultima parola sui propri diritti”.

Naji Sharab, docente di Scienze politiche all'Università di al-Azhar, sostiene che “l'imbarazzo che si produrrà nel Consiglio di Sicurezza Onu porterà il governo d'occupazione all'isolamento e getterà un'ombra sui finanziatori statunitensi dell'occupazione israeliana.

“Dopo aver scelto di sospendere i negoziati, l'Anp non ha fatto altro che puntare diritto alla data di settembre, senza soffermarsi troppo sulla questione della leadership palestinese”.

La minaccia del veto. Non si dice sorpreso Sharab dall'annunciato veto americano, in seguito al quale l'Anp ha intensificato la propria campagna diplomatica presso le nazioni arabe.

“Consultazioni e intesa nazionale sarebbero state più urgenti da raggiungere prima di formulare l'istanza da presentare alla comunità internazionale, dove 123 paesi anno già espresso il proprio sostegno allo Stato palestinese”.

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