Inaugurando una conferenza sull’acqua in cui si sono affrontate le prospettive per uno sviluppo agricolo in Palestina, Fayyad ha parlato della necessità di adottare una strategia a lungo termine per risolvere la crisi.
La conferenza – durata due giorni – è stata organizzata dall’Università Tecnica, dal ministero dell’Agricoltura e dall’Autorità idrica palestinese.
Il presidente dell’evento, Mahmoud Rahil, si è esposto per un sostegno verso i contadini palestinesi, mentre ha pubblicamente riconosciuto la natura politica della carenza d’acqua dal momento che Israele controlla l’85% delle risorse idriche in Cisgiordania.
“Ai palestinesi devono essere assicurati i diritti sulle risorse idriche”, ha detto Rahil.
Un coordinatore di Ocha, ufficio Onu per gli Affari Umanitari, aveva scritto in un report, datato marzo 2011, che i coloni israeliani hanno confiscato decine di sorgenti idriche in Cisgiordania, vietando o limitandone l’accesso ai palestinesi.
Nel rapporto Ocha si leggeva: “Sin dall’inizio dell’occupazione israeliana del 1967, Israele ha istituito e mantenuto un sistema di controllo diretto su sfruttamento e distribuzione delle risorse idriche in Cisgiordania”.
I coloni israeliani consumano 300 litri pro capite al giorno, mentre i palestinesi 70 litri.
I coloni sono collegati alla rete idrica dei pozzi in Cisgiordania e in Israele. Gran parte delle risorse vengono distribuite ai coloni a fini di produzione agricola destinata all’esportazion2″.
Circa 300mila palestinesi vivono con carenza di acqua, e quasi 14mila vivono attingendo acqua da cisterne. L’acqua la devono acquistare a un prezzo 5 volte superiore a quella della rete idrica. Essi hanno accesso a circa 30 litri di acqua al giorno, pari a 1/10 della quantità a disposizione dei coloni.