‘Fermiamo l’assedio a Gaza, dove il popolo palestinese vive sotto sequestro’.

Riceviamo da Luisa Morgantini e pubblichiamo.
Il convegno a Terra Futura a Firenze con Luisa Morgantini

 

«Fermiamo l’assedio a Gaza, dove il popolo palestinese vive sotto sequestro»

 

Tratto da Liberazione, domenica 25 maggio 2008

 

Francesca Cutarelli


Fine dell’assedio di Gaza e fine dell’occupazione militare in Cisgiordania: a Terra Futura, nello spazio dedicato a Firenze al futuro del nostro pianeta si è parlato ieri anche di Palestina con l’incontro "Un Futuro per Gaza" promosso dalla piattaforma Action for Peace, in solidarietà con la popolazione della Striscia, dove un milione e mezzo di persone allo stremo vivono isolate e assediate contro ogni legge umanitaria internazionale. Una campagna che vuole essere di sostegno politico per la fine dell’assedio ma anche di sostegno concreto alla popolazione palestinese che continua ad essere punita collettivamente.

Mona AL Farrah e Sondos le due attiviste di Gaza attese con molta ansia, non sono arrivate: bloccate nella Striscia, questa è la realtà dell’assedio.

"Gaza è una prigione a cielo aperto – spiega Luisa Morgantini, Vice Presidente del Parlamento Europeo- Nessuno entra ed esce senza il permesso delle Autorità israeliane. Questa volta per Mona e Sondos, giovane studentessa di 16 anni, il permesso non è arrivato. Ma non vengono dati i permessi neanche alle persone malate, 133 tra uomini e donne sono morte dall’inizio dell’assedio per il rifiuto da parte delle Autorità Israeliane di recarsi negli ospedali in Egitto o in Israele. Ma oggi i malati di Gaza muoiono anche all’interno della Striscia, non possono raggiungere gli ospedali: le autoambulanze sono bloccate perché senza  carburante a causa dell’embargo e anche i generatori degli ospedali da cui dipendono macchinari vitali per i pazienti rimangono spenti per mancanza di elettricità".

E proprio la sanità è il primo ambito di intervento della Campagna di sostegno diretto alla popolazione di Gaza lanciata da Action for Peace che attraverso il conto C/C 545454 di Banca Etica (intestato a ONG Italiane/ IBAN IT 89 N 05018 03200 000000545454; BIC/SWIFT: CCRTIT 21 84 D/ causale UN FUTURO PER GAZA) ha avviato una raccolta fondi da assegnare alle attività sanitarie dell’Ospedale di al Shifa, il maggiore della Striscia, e al Centro nutrizionale del bambino Ard El Insan (AEI).

Ma il sostegno finanziario -spiegano i promotori- riguarderà anche l’educazione, con la riattivazione dell’asilo del Remedial Education Center (REC) nella zona di Zemo a Jabalia, e le attività per i giovani di Gaza già avviate dalla Campagna Internazionale End the siege (www.end-gaza-siege.ps), iniziata e gestita da rappresentanti della società civile palestinese, imprenditori, intellettuali, accademici.

L’impatto dell’assedio è drammatico, oltre che per le vite umane, anche per l’economia: Khalil Shiha, direttore del Parc, comitati palestinesi che si occupano di agricoltura, ricorda che "a Gaza l’86% della popolazione vive sotto il livello della povertà, il 30% in una situazione di estrema povertà e 25-30 % non ha accesso ad acqua potabile. L’80% delle famiglie dipendono dagli aiuti umanitari e la disoccupazione sfiora il 50%".

"Ma questa situazione – spiega Luisa Morgantini- non è cominciata solo lo scorso giugno, da quando cioè Hamas ha preso il potere con la forza nella Striscia: esiste almeno dal 1992, dagli Accordi di Oslo, da quando la libertà di movimento per tutti i palestinesi anche in Cisgiordania è stata drasticamente ridotta.

Due giorni fa a Betlemme si è tenuta una Conferenza Internazionale su economia e sviluppo: ma quale  economia e sviluppo si possono realizzare se in tutta la Cisgiordania prima di settembre i check point erano 580 e oggi sono diventati 640, frammentando il Territorio Palestinese, mentre ad Annapolis si è dichiarato come centrale sia lo smantellamento di check point, che di ogni outpost nella West Bank?".

Sono gli stessi interrogativi lanciati in un video messaggio da Moni Ovadia: "Da 40 anni i vari governi israeliani, con la sola eccezione di Rabin, hanno scelto una politica nei confronti dei palestinesi, orientata all’uso forza, alla colonizzazione e all’occupazione di terre. La giustificazione è sempre stata la sicurezza.

La situazione a Gaza oggi è esplosiva: come si può pensare di costruire futuro in questo modo? Come si può pensare alla sicurezza quando una popolazione è tenuta sotto assedio? L’infelicità del popolo palestinese è un boomerang anche per Israele. La pace si fa con un dialogo vero tra attori che abbiano pari dignità, e non con un diktat". Da tutti gli interventi, A. Mecozzi (FIOM) E. Fano (Ebrei contro l’occupazione), G.Franzoni (Pres. Italia Iraq), S. Bassoli , G.Benzi e altri e altre è venuto un appello forte ad impegnare non solo la società civile ma le organizzazioni politiche e sindacali in azioni concrete per non lasciare soli i palestinesi e anche quegli israeliani che si battono insieme per la fine dell’occupazione e dell’assedio di Gaza.

 

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