Freedom Flotilla 2: tra successi e opacità, verso nuove prospettive

Di Angela Lano. La missione della Freedom Flotilla 2 si è conclusa la settimana scorsa

Riepilogo dei fatti. Il 1° luglio, poche ore dopo che le autorità greche avevano deciso di vietare la partenza alle navi, la US Boat to Gaza salpa ma viene bloccata dalla guardia costiera greca. Anche la nave canadese 'Tahrir' tenta di partire, ma  viene fermata. Il 4 luglio, quest'ultima ci riprova, e, poco dopo aver lasciato il porto, è abbordata dalla guardia costiera. La giornalista israeliana Amira Hass, inviata del quotidiano israeliano Haaretz, pubblica il racconto dell'abbordaggio nel numero di Internazionale di questa settimana; il 5 giunge la notizia secondo cui la nave francese 'Dignitè' è in viaggio verso Gaza.

Il 6, la barca greco-svedese 'Juliano' è bloccata in mare dalla guardia costiera greca; nello stesso giorno, i passeggeri della nave spagnola “Guernica”, sequestrata dalle autorità greche a Creta, da dove avevano tentato di salpare per Gaza, occupano l'ambasciata di Spagna ad Atene. L'azione ha lo scopo di convincere le autorità diplomatiche spagnole a esercitare pressioni sul governo greco, affinché restituisca la barca agli attivisti.

L'8, viene fermata a Creta 'Dignité. Nella stessa giornata, la nave greco-svedese afferma di essere in acque internazionale in rotta verso Gaza, ma il 10, attracca al porto di Heraclion.

Nel frattempo, inizia la missione Airtilla, ma anche questa è vinta dalle azioni repressive di Israele (la FF2 subisce il diktat del governo greco, a sua volta vittima delle pressioni israeliane).

Le barche canadese, greco-svedese e francese sono dunque ferme, ma continuano a dichiarare di essere in procinto di partire per Gaza. Le altre navi sono sotto sequestro o ormeggiate nei porti greci, in attesa di ritornare in patria (il Paese dell'”armatore”).

La Freedom Flotilla 2 sembra ormai bicefala: una parte della coalizione internazionale ha preso atto della decisione del governo greco, e, senza sentirsi sconfittasi prepara per la prossima missione, la Freedom Flotilla 3; l'altra, va avanti a raccontare ai media, in un continuo stillicidio di messaggi, che sta per salpare per la Striscia, pur avendo la guardia costiera alle costole e pur sapendo che le “scuse” addotte dalla Grecia per bloccare la partenza della flotilla sono politiche, più che tecniche e burocratiche (anche se non sono mancate numerose défaillance da questo punto di vista, creando il pretesto giusto per le autorità elleniche).

Successo. La Freedom Flotilla 2 ha spaventato Israele, non c'è dubbio: il regime di Tel Aviv non poteva permettersi né di lasciarla passare, perché avrebbe significato la rottura dell'assedio marittimo di Gaza, né di bloccarla con un'azione spettacolare e feroce come quella dell'anno scorso, che aveva provocato nove morti e oltre 50 feriti, e la condanna unanime del mondo. Un altro attacco del genere avrebbe significato per Israele la perdita dell'immagine e tante grane politiche e diplomatiche.

Dunque, ha lavorato in modo “preventivo”, per fermarla senza colpo ferire, prima della partenza. Per raggiungere questo obiettivo, ha messo in campo uno sforzo politico-diplomatico, e certamente economico, grandioso: ha scatenato emissari e propaganda in molti Paesi di provenienza dei circa 350 passeggeri; ha svolto pressioni diplomatiche sui governi e sulla stessa Onu; ha scatenato una vasta offensiva mediatica con articoli che parlavano di terroristi a bordo, di “provocatori”, ecc.; ha cercato di sabatore dall'interno la coalizione con l'invio di giornalisti embedded, e altro ancora.

Come prevedibile, considerata la tragica situazione economica in cui si trova, la Grecia ha ceduto, e la Flotilla è stata fermata; tuttavia, restano un fatto innegabile sia il successo mediatico, cioè l'attenzione mondiale pre-partenza sulla missione, sia, appunto, lo sforzo esagerato messo in atto dallo stato sionista per fermare qualcosa di simile più a una carovana che a una flotta di pirati, come la propaganda israeliana ha voluto descrivere la FF2.

Opacità. Restano, però, molti nodi da sciogliere: prima di tutto, le coalizioni nazionali stesse, disomogenee e improvvisate, con troppi personalismi e scarse competenze; la mancanza, voluta e incomprensibile, di un media team internazionale che avrebbe dovuto prendersi cura dei tanti giornalisti arrivati in Grecia, e di quelli, altrettanto numerosi, rimasti nelle redazioni, ma interessati a ricevere notizie confermate, puntuali e chiare (cosa che invece non è affatto avvenuta); una coalizione internazionale che si è dimostrata nei fatti bicefala, affollata e con linee politiche non proprio comuni.

La prima Freedom Flotilla è passata alla storia, o meglio, ha agito nella storia; la seconda è certamente preparatoria alla terza: possiamo dire che è stata una grande “prova generale”. Sta agli organizzatori rivedere i copioni e le parti, e creare la basi per una grande, nuova opera, scegliendo accuratamente protagonisti e comparse.

 

 

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