Gaza, Bush non vede le stragi e parla di pace.

Da www.ilmanifesto.it del 5 marzo 2008

Gaza, Bush non vede le stragi e parla di pace
«Fine del conflitto entro l’anno» dice il presidente Usa. La Rice a
Ramallah. Abu Mazen: l’Anp crolla se continuano i massacri

Michele Giorgio
Inviato a Ramallah

Ogni volta che Condoleezza Rice arriva a Ramallah per incontrare Abu
Mazen, ci si rende conto che in politica e in diplomazia occorrerebbe
porre un limite alla faccia tosta. Dopo 120 palestinesi uccisi da
Israele a Gaza – ieri altri tre – in meno di una settimana (almeno il
50% erano civili), il Segretario di stato americano alla Muqata ieri
ha affermato, come se nulla fosse accaduto, che rimangono intatte le
possibilità di raggiungere un accordo di pace israelo-palestinese
entro la fine del 2008.
«L’obiettivo che ci siamo posti non è di facile realizzazione ma credo
che si possa realizzare», ha detto la Rice, che qualche ora dopo ha
ricevuto sostegno da George Bush il quale, incontrando re Abdallah di
Giordania, si è detto «ottimista come ad Annapolis» sul successo delle
trattative. Il Segretario di stato si è guardata bene dal mettere in
dubbio la legittimità degli attacchi militari israeliani in aree
popolate palestinesi – conseguenza, ha detto, dei lanci di razzi
Qassam – e ha soltanto concesso che «si devono fare sforzi per
risparmiare vite innocenti». La Rice dovrebbe spiegarlo ad ufficiali e
soldati della Brigata Givati che, riferiva ieri Ron Ben Yishai sullo
Yediot Ahronot, si fanno i complimenti a vicenda per il «coraggio»
dimostrato in combattimento a Gaza.
Ma quando la faccia tosta è troppa, disturba persino l’accomodante
leader palestinese Abu Mazen che alla Rice ha ribadito che la
trattativa con Israele resta sospesa e, soprattutto, ha sottolineato
«la necessità d’instaurare una tregua globale a Gaza e in Cisgiordania».
Ha quindi chiesto che Israele ponga fine «alla sua aggressione
affinché si creino le condizioni propizie al successo dei negoziati»,
cercando di far comprendere al Segretario di stato che, se il governo
israeliano non metterà fine alle sue offensive militari, l’Autorità
nazionale palestinese non avrà alcuna possibilità di sopravvivere. Non
tanto per il consenso di cui gode Hamas, ma per la rabbia dei
palestinesi stanchi dell’occupazione e della debolezza dell’Anp. I
segnali di un nuovo fermento – che a qualcuno già fa immaginare una
«terza Intifada» – sono evidenti.
Mentre a Gaza i civili venivano uccisi come mosche, in Cisgiordania
sono divampati scontri tra palestinesi e forze di occupazione, anche a
Gerusalemme Est. Due adolescenti palestinesi sono stati uccisi vicino
Ramallah ed Hebron, il primo da un colono israeliano (che è stato
prontamente rilasciato dalla polizia). E la tensione cresce anche in
Galilea. Ad Um el-Fahem ieri si è svolta una manifestazione di massa
della popolazione araba israeliana.
Per Mustafa Barghuti, esponente di punta della società civile
palestinese, «il pessimismo e lo scetticismo verso il negoziato sono
giustificati». Da quando si è chiusa la conferenza di Annapolis, ha
detto, «Israele non ha cessato per un minuto di espandere le sue
colonie in Cisgiordania. I posti di blocco militari sono passati da
521 a 562 e in tre mesi sono stati uccisi 323 palestinesi, tra cui 31
bambini». D’altronde, ha aggiunto Barghuti, «lo stesso Abu Mazen
riconosce che da quando è ripartito il negoziato con Israele non è
stato affrontato alcuno dei nodi del conflitto».
E non aiutano certo a rasserenare la popolazione dei Territori
occupati le rivelazioni di stampa sulle manovre degli Stati Uniti
volte ad interferire nella politica interna palestinese. Il magazine
americano Vanity Fair, venuto in possesso di documenti segreti
corroborati da fonti del Dipartimento di stato e da esponenti
palestinesi, ha rivelato che George Bush aveva approvato un’operazione
coperta per rovesciare il governo di Hamas poco dopo la vittoria del
movimento islamico nelle elezioni politiche palestinesi del gennaio 2006.
A rovesciare l’esecutivo di Hamas, democraticamente al potere,
avrebbero dovuto pensarci i dirigenti del partito rivale Fatah – primo
fra tutti l’ex «uomo forte» di Gaza, Mohammed Dahlan – finanziati e
armati dagli Stati Uniti.
Al Segretario di Stato Condoleezza Rice e al vice consigliere per la
sicurezza nazionale, Elliot Abrams, era stato affidato l’incarico di
alimentare una guerra civile tra i palestinesi.
Manovre occulte che non sono servite a molto: oggi Hamas controlla
tutta Gaza e Abu Mazen vacilla in Cisgiordania.

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