Gaza: la signora ‘Ayyad piange sui resti dei due figli e del marito

Gaza – Quds Press. La signora Umm Islam ‘Ayyad ha pianto sui resti del marito e di due suoi figli, uccisi mercoledì (13/11) di fronte alla propria abitazione da un attacco operato dai caccia israeliani sul quartiere di Zaytun, nell’area sud-orientale di Gaza.

La donna, allarmata dal frastuono dei bombardamenti, era uscita sul balcone della propria abitazione, dove ha assistito all’esplosione che ha dilaniato il marito Raafat (54 anni) ed i figli Islam (24) ed Amir (7).

Lo shock subìto ha precipitato la donna in uno stato catatonico, fino a che non è sopraggiunta l’ambulanza che ha trasportato i resti delle vittime in ospedale.

Nella testimonianza fornita ai giornalisti la donna si è chiesta il motivo di tale aggressione, condannando le truppe israeliane per aver commesso una strage del tutto immotivata, che ha avuto come obiettivi delle persone inermi.

La signora ‘Ayyad ha raccontato: “mentre imperversavano le incursioni aeree sulla Striscia, li attendevo stando al balcone, quando ho udito un’esplosione nei pressi della porta di casa. A quel punto ho pensato ‘oddio, sono morti’ e sono scesa di corsa al piano terra, dove mi sono trovata di fronte una scena che non avrei mai immaginato di vedere: una distesa di brandelli umani. Non ho fatto che urlare fino a quando è arrivata l’ambulanza. Solo allora ho realmente capito di averli persi”.

La donna ha invitato la comunità internazionale a prestare aiuto al popolo palestinese, che viene massacrato da un’occupazione che non ha pietà né per gli adulti né per i bambini.

La signora ‘Ayyad ha spiegato che il figlio Islam, studente presso la facoltà d’ingegneria, “aveva scontato una detenzione di 3 anni nelle carceri israeliane ed era stato rilasciato nel 2012. Faceva inoltre parte del gruppo di coloro che mandano a memoria il Corano, riscuotendo la stima dell’imam della la moschea “‘Ali bin Abi Talib”, che aveva avuto modo di ascoltarlo durante una seduta”.

Migliaia di Palestinesi hanno preso parte all’estremo saluto delle tre vittime, in onore delle quali è stata recitata l’orazione funebre presso la moschea che erano soliti frequentare e che si trova nelle vicinanze della loro abitazione.

Durante il rito è stato esposto il corpo di Islam, che questa volta non si trovava alla moschea per guidare la preghiera, ma per udire la propria orazione funebre accanto ai corpi del padre e del fratello Amir.

La signora ‘Ayyad non è stata l’unica a perdere dei famigliari. Umm Ahmad Abd al-‘Al ha perso tre figli: Ayman (23 anni), Ibrahim (17) ed Isma’il (16) ed anche la prole di Baha Abu al-‘Atta e della moglie Asma è stata privata dei genitori, rimasti vittime degli attacchi sferrati martedì da Israele.

Le forze d’occupazione, sin dall’inizio delle recenti aggressioni (martedì 12/11), si sono dedicate a quella che ormai pare diventata una deplorevole consuetudine: prendere deliberatamente di mira famiglie civili.

Secondo quanto riferito dal Ministero della Sanità palestinese, gli attacchi israeliani hanno ucciso 26 Palestinesi, tra i quali 3 minorenni ed una donna, ferendone altri 71, tra cui figurano 30 bambini e 13 donne.

Il centro Al-Mizan per la tutela dei diritti umani ha condannato l’escalation di violenza scatenata dall’occupazione nella Striscia di Gaza, invocando l’intervento della comunità mondiale affinché faccia pressione su Tel Aviv costringendola a porre fine agli attacchi ed a rispettare pienamente le leggi internazionali.

L’organizzazione umanitaria ha infatti sottolineato come le forze armate israeliane abbiano violato le norme internazionali che proibiscono attacchi ai civili ed alle loro proprietà, nonché quelle relative alle esecuzioni arbitrarie.

Il centro al-Mizan ha precisato come sia proprio la costante impunità ad incoraggiare l’occupazione a proseguire con le proprie vessazioni. In tale contesto, si rende necessario che la comunità internazionale faccia sì che vengano applicate le disposizioni sancite dai comitati investigativi istituiti a più riprese dal Consiglio per i Diritti Umani a partire dal 2009, le quali impongono la cessazione delle violazioni sistematiche.

 

Traduzione per InfoPal di Giuliano Stefanoni