Gaza, sit-in di massa per condannare le rinunce di Abbas

IMG_8203Gaza. Di Ahmad Mansour. Accogliendo l’appello dell’Ufficio di coordinamento dei comitati popolari dei profughi palestinesi nella Striscia di Gaza, giovedì 29 agosto, rappresentanti delle organizzazioni sindacali e le fazioni palestinesi, insieme ai comitati popolari, accademici e professori universitari e alcuni profughi palestinesi hanno partecipato ad un in sit-in di protesta. La manifestazione, tenuta di fronte alla sede di Gaza del dipartimento degli Affari dei rifugiati, appartenente all’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp), è stata organizzata per condannare le recenti dichiarazioni di Abbas, fatte in seguito al suo incontro con una delegazione del partito israeliano Meretz, in cui ha promesso di rinunciare al diritto di ritorno a Jaffa, Acri e Safed.

Il capo del dipartimento per gli Affari dei rifugiati di Hamas, Issam ‘Adwan, presente al sit-in, ha affermato che Mahmoud Abbas “sta sprecando il suo tempo con un comportamento respinto da tutti i palestinesi”. “Ciò che egli sta facendo si rifletterà sulla sua reputazione, perfino dopo la sua morte”, ha aggiunto. ‘Adwan ha affermato che il popolo palestinese “non ha autorizzato nessuno a rinunciare ad un solo centimetro di terra della Palestina, e non accetterà di rinunciare ad uno solo dei suoi diritti”. Il funzionario di Hamas ha esortato le fazioni palestinesi, Fatah in testa, ad annunciare la loro posizione nei confronti delle rinunce di Abbas, considerando il loro silenzio come un “consenso”.

Chi rinuncia è un traditore. Dal canto suo, il presidente del Comitato popolare dei campi profughi del nord della Striscia di Gaza, Mu’in Abu Okel, ha letto un comunicato a nome dei comitati popolari in cui ha respinto le dichiarazioni e le rinunce di Abbas, e ribadito che “quello del ritorno è un diritto individuale e collettivo, ed è imprescrittibile”. “Chiunque rinunci ad un qualsiasi diritto palestinese è un traditore della patria e del popolo e deve essere processato per alto tradimento”, ha affermato.

Ha anche aggiunto che gli eventuali accordi siglati da Mahmoud Abbas, contenenti rinunce ai diritti del popolo palestinese “non valgono l’inchiostro con il quale sono stati redatti. Sono nulli e non vincolanti, così come gli stessi negoziati con il nemico sionista, che rappresentano solo una perdita di tempo e dividono il nostro popolo e la nostra patria”.

Ha concluso esortando il Dipartimento degli Affari dei rifugiati dell’Olp ad assumersi la propria responsabilità per far valere il diritto al ritorno e condannare le affermazioni di Abbas.

Asa’ad al-Kahlout, un rifugiato di 62 anni, dal campo profughi di Jabalia, ha dichiarato che lo scopo della sua partecipazione al sit-in è “quello di recapitare un messaggio ad Abbas: il diritto al ritorno è una costante palestinese, né lui (Abbas) né nessun altro ha la facoltà di rinunciarvi”. Ha aggiunto che le dichiarazioni di Abbas rappresentano solo se stesso.

È dello stesso avviso Mahmoud Balawi, membro dell’Unione degli ingegneri di Gaza e presidente del gruppo, ingegneri per il diritto al ritorno. “Il diritto al ritorno è garantito a tutti i rifugiati palestinesi. Siamo giunti qui per esprimere il nostro rifiuto di rinunciarvi. Tale diritto è stato approvato da tutte le risoluzioni dell’Onu, e dalle norme internazionali. Questo sit-in è la reazione naturale alle dichiarate rinunce di Abbas”, ha affermato l’ingegnere.

Appello ai profughi palestinesi in Cisgiordania. Il presidente del Comitato popolare del campo profughi di al-Shati’, a Gaza, Nashat Abu Omaira, anch’egli presente al sit-in, ha affermato che “la partecipazione di massa di tutti i segmenti della società palestinese della Striscia di Gaza è un messaggio chiaro ad Abbas, che consiste nel respingere le sue rinunce al diritto di ritorno a Jaffa, Acri e Safed, cioè i territori palestinesi occupati nel 1948”. Ha aggiunto che il suo comitato è profondamente perplesso dalle ultime concessioni di Abbas, considerandole la conferma di ciò che affermò all’anniversario della Dichiarazione Balfour, l’anno scorso, in cui rinunciava al suo diritto di ritorno nella sua terra natia, Safed. Concludendo il suo intervento, egli ha invitato tutti i profughi palestinesi della Cisgiordania a rompere il loro silenzio ed esprimere il loro rifiuto e condanna nei confronti delle “gravi affermazioni e rinunce di coloro che si proclamano leader del popolo palestinese”.