Gerusalemme, Al Haq: i negozianti palestinesi penalizzati dalla chiusura del suq della Città Vecchia

Betlemme-Ma’an. L’organizzazione palestinese dei diritti umani “Al-Haq” ha rilasciato una dichiarazione, martedì, esprimendo la propria preoccupazione per il fatto che la maggior parte dei 54 negozi all’interno del suq storico nella Città Vecchia di Gerusalemme Est occupata sono rimasti chiusi fin da quando le forze israeliane, circa due settimane fa, hanno imposto misure punitive sulla città.

Alla vigilia della sparatoria mortale nel complesso moschea di Al-Aqsa, il 14 luglio, le forze israeliane hanno installato dei metal detector, che sono stati poi abbattuti, solo per essere sostituiti da sistemi di sicurezza più avanzati, all’interno del sito sacro, scatenando campagne civili di ribellione che si sono diffuse in loco tra i palestinesi, che sono andati incontro a violente repressioni da parte delle forze israeliane.

Dopo la sparatoria, che ha provocato la morte di tre palestinesi e due agenti israeliani, le forze israeliane hanno imposto la chiusura della Città Vecchia e del luogo sacro per quasi tre giorni. Terminata la chiusura, tuttavia, solo tre degli otto ingressi che portano ad Al-Aqsa sono stati resi accessibili ai fedeli.

L’ingresso del suq al-Qatanin, che porta direttamente nel complesso di Al-Aqsa, è una delle strade rimaste chiuse con un punto di controllo israeliano all’ingresso, secondo al-Haq.

Di conseguenza, l’origine di traffico costante e di clienti locali del suq è scomparsa, mentre la presenza armata delle forze israeliane all’entrata “è servita a scoraggiare l’ingresso di turisti e dei residenti”, ha dichiarato al-Haq.

Al-Haq ha citato un negoziante palestinese secondo il quale non è la prima volta che i residenti ed i negozianti di al-Qatanin hanno dovuto affrontare tali situazioni: “Le chiusure e le restrizioni di accesso hanno un impatto molto negativo sul nostro reddito. Questa situazione rende impossibile pagare le tasse e le fatture, poiché i nostri ricavi sono molto bassi. Di conseguenza, abbiamo debiti molto pesanti”.

Sulle “conseguenze disastrose” che una continua chiusura potrebbe avere su al-Qatanin, al-Haq ha notato che una barra di metallo è stata installata all’entrata del suq esprimendo preoccupazione per possibili future installazioni di telecamere come parte della proposta del governo israeliano di una rete di sicurezza di 100 milioni di shekel (28 milioni di dollari) per continuare a sorvegliare i palestinesi.

“Le politiche e le pratiche di Israele costituiscono una chiara politica contro i residenti palestinesi e l’economia di Gerusalemme, e in particolare la Città Vecchia, al fine di alterare illegalmente il suo equilibrio demografico”, ha affermato Al-Haq.

Mentre la situazione economica è peggiorate gravemente nella Gerusalemme est, la situazione politica è rimasta tesa a causa delle violente repressioni israeliane delle proteste palestinesi contro le misure di sicurezza ad Al-Aqsa, il terzo sito più sacro dell’Islam.

Si stima che solo negli ultimi 10 giorni di disordini, più di 1.000 palestinesi sono rimasti feriti e  quattro, sono stati uccisi durante gli scontri.

Le forze israeliane hanno fatto irruzione negli ospedali palestinesi, hanno eseguito detenzioni di massa e si sono scontrate con i palestinesi in tutta Gerusalemme Est e nella Cisgiordania occupata, lasciando giornalisti, medici e bambini palestinesi feriti.

L’inviato delle Nazioni Unite per il processo di pace in Medio Oriente Nickolay Mladenov, martedì ha espresso preoccupazione al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per il rischio di un’intensificazione della situazione e delle violenze nella regione a causa della crisi che al-Aqsa sta subendo.

Mladenov ha riportato le opinioni dei residenti palestinesi della Gerusalemme Est occupata, che spesso hanno segnalato all’ONU che “la loro identità religiosa ed etnica è sotto minaccia” e che il loro stesso sostentamento nella propria città è a rischio mentre vivono sotto occupazione; i loro figli vivono spesso nella paura delle operazioni di sicurezza e delle demolizioni di case. Vogliono pregare in pace e vivere in sicurezza e libertà.

Traduzione di Bushra Al Said