Giornalisti nel mirino di Israele.

Riceviamo da Al-Awda – Italia e pubblichiamo

 Giornalisti nel mirino di Israele.

Mar 1 Lu 2008 11:17 pm

Il giornalista palestinese Mohammed Omer scrive sul Washington Report
on Middle East Affairs (WRMEA), un magazine pubblicato negli Usa con
9 uscite l’anno che tratta dei rapporti tra gli Usa e i Paesi
dell’area mediorientale.

In questo ambito, Omer tratta della questione palestinese e, in
questi ultimi tempi, soprattutto delle difficili condizioni che i
Palestinesi di Gaza si trovano a dover affrontare a causa
dell’assurdo e spietato assedio a cui Israele sottopone circa un
milione e mezzo di residenti della Striscia.

Per i suoi articoli, il giornalista palestinese quest’anno è stato
insignito del prestigioso "Martha Gelhorn Journalism Prize", un
premio giornalistico che, nel 2002, era stato vinto dal giornalista
inglese Robert Fisk.

Omer, che risiede a Rafah, si era dunque recato in Inghilterra a
ritirare il prestigioso riconoscimento, ed era stato anche invitato a
parlare alla Camera dei Comuni e in altri Parlamenti europei; sulla
via del ritorno, tuttavia, egli è stato informato dall’ambasciata
olandese che non era considerato benvenuto in Israele, e tuttavia la
stessa ambasciata è infine riuscita a coordinare il suo ingresso con
le autorità israeliane.

Il 26 giugno, tuttavia, giunto al Ponte di Allenby – il confine tra
la Giordania e la West Bank controllato da Israele – Omer è stato
trattenuto per circa quattro ore dalle guardie di frontiera
israeliane, insultato, costretto a spogliarsi di fronte agli altri
passeggeri, umiliato e picchiato; soltanto dopo che il giornalista ha
cominciato a vomitare ed è svenuto, il personale della sicurezza
israeliana ha acconsentito a chiamare un’ambulanza.

Grazie ai buoni uffici dell’ambasciata olandese, Omer è riuscito
finalmente a tornare nella Striscia di Gaza e a farsi ricoverare in
ospedale dove, tra le altre cose, gli hanno riscontrato la rottura di
alcune costole.

Non si tratta dell’unico incidente di questo genere. Soltanto un mese
fa, abbiamo dato notizia di una petizione in favore del giornalista
palestinese Khalid Amayreh, al quale veniva impedito di allontanarsi
dalla Cisgiordania per andare in Germania, per svolgere il proprio
lavoro.

Ancora una volta i giornalisti nel mirino di Israele, dunque, e non
solo in senso figurato.

Dall’inizio della seconda Intifada ad oggi, l’esercito israeliano ha
ucciso 9 giornalisti, tra cui l’inglese James Miller e l’italiano
Raffaele Ciriello, e ne ha feriti almeno 170; l’ultimo caso è quello
di un cameraman della Reuters, il 23enne Fadel Subhi Shana’a,
massacrato a Gaza dalle granate a flechettes nel corso di una
sanguinosa giornata che ha visto la morte di 13 civili palestinesi,
tra cui 8 bambini, e il ferimento di altri 32.

E, detto per inciso, è davvero singolare che il nome di Ciriello sia
stato completamente cancellato dalla politica e dai media italiani, e
che nessun Governo abbia fatto la benché minima pressione per far
luce sull’accaduto e per individuare i responsabili dell’assassinio
del coraggioso giornalista.

Giornalisti picchiati e intimiditi, giornalisti uccisi sol perché
cercavano di fare il proprio mestiere e testimoniare la verità dei
crimini di guerra e delle violazioni dei diritti umani compiuti da
Israele a Gaza e nella West Bank, e non è un caso che ciò accada.
Israele, la potenza occupante brutale e spietata, dopo essere assurta
a pieno titolo quasi al livello di un Paese membro della Ue grazie
alla pavidità e all’acquiescenza dei Governi europei, ha bisogno di
vincere la battaglia per conquistare i cuori e le menti dei cittadini
europei, in realtà ancora non molto ben disposti verso questo Paese
che porta avanti una pluridecennale occupazione militare unica al
mondo.

E, dunque, è necessario tacitare le voci di chi testimonia le
quotidiane violazioni dei diritti umani fondamentali, la brutalità
dell’occupazione, la violazione della legalità internazionale, i raid
militari, gli assassinii di civili inermi.

In questo quadro, peraltro, già si intravede il passo successivo:
tagliare i finanziamenti alle ong di tutela dei diritti umani che
operano in Israele e nei Territori palestinesi.

Ma questa è un’altra storia

http://palestinanews.blogspot.com/

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