Raed si era recato nei pressi del check-point di Jbara, a Tulkarm, per consegnare in dono delle olive alla nonna, che abita al di là del muro nella città di Tira, lasciandole alle nipoti di quest’ultima.
Il giovane, dopo aver consegnato il dono, è stato inspiegabilmente fermato da alcuni soldati israeliani che lo hanno accusato di stringere in mano un coltello. L’esercito ha quindi fatto fuoco lasciando per terra il cadavere senza chiamare i soccorsi.
L’esecuzione a sangue freddo di Raed non è un caso isolato ma una pratica diffusa lungo i check-point o durante un controlli di esercito e polizia israeliani.
L’ultima vittima fu una donna, al check-point di Qalandiya, il 18 settembre scorso. Il caso peggiore fu il 21 marzo scorso quando quattro palestinesi furono uccisi in 24 ore.
Secondo Amnesty International, e altre associazioni per i diritti umani, solamente nell’ultimo anno sono centinaia i casi come questo, dove l’esercito israeliano, in territorio occupato, agisce con eccessivo uso della forza, fino all’assassinio, contro civili palestinesi disarmati o che non presentano una minaccia per i soldati o per chiunque altro.