NewsGuard: come un’agenzia Usa censura testate regolarmente registrate in Italia

L’ Antidiplomatico. Di Alessandro Bianchi. E’ noto a tutti come gran parte dell’informazione in Italia sia oggi filtrata dalle principali piattaforme digitali. Facebook, Twitter e Google soprattutto.

Attraverso questi giganti nordamericani sono a rischio – qui in Italia – diritti costituzionali fondamentali legati all’informazione e al diritto di espressione. Sono queste multinazionali statunitensi, infatti, che decidono quello che durante la giornata potete o non potete leggere. Ma come avviene questa scelta?

Come operano i famigerati algoritmi di queste piattaforme?

Perché anche se seguite una pagina Facebook di un sito di informazione o di un giornale non vi compaiono mai nelle vostre bacheche, mentre venite tartassati da pagine che “potrebbero interessarvi”?

Perché su “Google News” – l’aggregatore di notizie del browser più potente al mondo – compaiono determinati articoli, editoriali e commenti, ma mai altri?

Perché tra le notifiche dei vostri cellulari arrivano solo notizie, editoriali o commenti di alcuni giornali e mai di altri?

E infine: chi oggi filtra gran parte dell’informazione rispetta i nostri diritti costituzionali in materia?

Rispondere a questi interrogativi non è semplice soprattutto perché i partiti politici di Colonia Italia fanno finta di non vedere. Quello che è certo è che chi intraprende questo percorso di ricerca con serietà, scavando realmente in profondità, si trova di fronte ad un’eminenza grigia ben mascherata, il deus ex machina del “filtro” dell’informazione.

NewsGuard, il Caronte delle notizie, lavora a stretto contatto, per sua stessa ammissione, con i colossi nordamericani citati in precedenza, andando ad alterare i loro algoritmi attraverso un “bollino di infamia” o il lasciapassare a siti e testate giornalistiche regolarmente registrate in Italia.

Quello che potete o non potete leggere durante la giornata lo decide in gran parte il “Green Pass” di Newsguard.



NEWSGUARD: GENESI, OBIETTIVI E FINANZIATORI

Il “Guardiano delle notizie” è un’agenzia nata nel 2018 negli Stati Uniti. I due fondatori sono il giornalista Steven Brill e soprattutto Gordon Crovitz, l’ex proprietario del giornale conservatore Wall Street Journal, nonché ex vice presidente di Dow Jones.

Tra i membri di NewsGuard figurano (come vedremo nel proseguo della trattazione) elementi chiaramente identificabili con i gangli più intimi del potere statunitense – in particolare con l’onnipotente Council of Foreign Relations, di cui Crovitz e altri componenti di Newsguard sono parte integrante.

Nato per filtrare l’informazione per browser, social e piattaforme digitali negli Stati Uniti, ben presto anche diversi paesi di colonia Europa, Italia in primis, hanno scelto i “servigi” di quest’agenzia statunitense, senza che nessun partito politico del nostro paese abbia avuto il coraggio di manifestare la minima remora contro quella che non è solo “un’interferenza”, ma esercizio di potere sic et sempliciter.

Ed è così che, incredibilmente visti i chiari dettami della nostra Costituzione, dal 2019 diritti un tempo fondamentali vengono impunemente aggrediti dagli Stati Uniti.

Ed è così che, nel silenzio arrendevole generale, testate giornalistiche regolarmente registrate devono passare per il “bollino” dell’agenzia ideata dall’ex proprietario del Wall Street Journal.

Ma chi c’è dietro questa agenzia nordamericana a cui è stato concesso un potere così enorme?

Con una rapida ricerca sul sito italiano dell’agenzia Usa, si nota, sulla parte dei finanziamenti “I nostri investitori”, che dei 22 filantropi indicati non venga specificata la cifra versata, ma solo l’ordine di grandezza in modo “decrescente”. Alla faccia della trasparenza!

Due dei “filantropi” destano subito la nostra curiosità: la “Knight Foundation” e il colosso Publicis.

Nel suo sito, la Knight Foundation si presenta così“Siamo investitori del sociale che sostengono una democrazia più efficace finanziando la libertà di espressione e il giornalismo, le arti e la cultura nella comunità, la ricerca nei settori dei media e della democrazia e il successo delle città e dei paesi americani dove un tempo i fratelli Knight pubblicavano giornali”. Finanziatori del sociale? Come descritto brillantemente da Simon Galperin la Knight Foundation “lanciata nel 1950 per amministrare la ricchezza filantropica dei fratelli magnati dei media John e James L. Knight, è ora tra le più potenti istituzioni mediatiche del paese e la 49a fondazione più grande del mondo”. La 49esima fondazione al mondo.

Un’inchiesta di Galperin sulla Knight Foundation rivela la presenza ricorrente di quelli che l’autore descrive come “noti fascisti e suprematisti bianchi” ai loro eventi, oltre a “distribuire milioni di dollari a organizzazioni con legami con estremisti di destra come la Heritage Foundation e l’American Enterprise Institute”. Al giornalista che chiedeva un commento, il capo comunicazione della Knight Foundation ha dato questa risposta: “Grazie per aver pensato a noi”. Senza entrare nel merito delle domande. Alla faccia della trasparenza!

L’aspetto più interessante dell’inchiesta di Galperin è tuttavia sul lato finanziario della Fondazione: “Secondo i suoi rendiconti finanziari del 2019, oltre il 20 percento della dotazione di 2,4 miliardi di dollari della Knight è investita in hedge fund. Per almeno cinque anni, gli asset della Knight includeva Alden Global Capital, proprietari di Digital First Media, la società che l’editorialista del Washington Post Margaret Sullivan ha definito “il più spietato degli apparati aziendali intenzionati a distruggere il giornalismo locale”.

Nel frattempo dai 2,4 miliardi del 2019, la fondazione è passata a superare i 3 miliardi nel 2021. Nessun contraccolpo Covid, insomma. E dai resoconti finanziari che trovate nel loro sito emerge come la maggioranza avvenga da generici donatori. Donatori che finanziano la Knight, che finanzia oltre all’Heritage Foundation e l’American Enterprise Institute, il “controllore” dei media in Italia per una cifra che l’agenzia Usa in questione non specifica. Alla faccia della trasparenza!

L’altro grande investitore di NewsGuard è Publicis Group – si tratta del colosso franco-statunitense delle comunicazioni, il terzo maggiore al mondo lato pubblicitario.

Qorvis, la filiale statunitense di Publicis, è nota per aver rappresentato l’Arabia Saudita “lato marketing” dopo gli attacchi dell’11 settembre e aver firmato un accordo da 700 mila di dollari con il regime saudita nel 2020 con l’obiettivo palese di mascherare mediaticamente i crimini lato diritti umani di chi è responsabile della carneficina umanitaria in corso in Yemen. Più recentemente, il giornalista Ken Klippenstein ha ottenuto documenti trapelati da Qorvis, che mostrano come la società abbia lavorato per mascherare il trattamento riservato ai “bambini stranieri non accompagnati” ad Homestead, in Florida. Secondo voi le notizie sullo Yemen avranno possibilità di essere “filtrate” in Italia?

E non sono nemmeno gli interessi con il regime saudita o le altre coperture (lato marketing) di diritti umani violati il lato più preoccupante di uno dei principali finanziatori di NewsGuard. Quello che più inquieta è che un colosso della pubblicità e del digitale possa avere voce in capitolo nel decidere quale contenuto possa essere filtrato e quale censurato in Italia. Se per avere buoni introiti pubblicitari devi avere il “bollino verde”… ecco pensate quanto NewsGuard è in grado di condizionare l’informazione nei paesi che accettano questa abominia.

Non si sa con esattezza dal sito di NewsGuard a quanto ammontino i finanziamenti annuali della Knight Foundation o della Publicis Group. Molto poco trasparente anche la scritta che segue nella pagina dei finanziatori (“I nostri investitori”) nel sito in lingua italiana dell’agenzia Usa: “Ricavi: Le entrate di NewsGuard provengono da fornitori di servizi Internet, browser, motori di ricerca, piattaforme di social media, sistemi ospedalieri, agenzie pubblicitarie, enti e aziende che operano nei settori dell’istruzione, della ricerca, della protezione del brand, e altri, che pagano per utilizzare le valutazioni e le schede informative di NewsGuard e i dati ad esse associati.”

Quindi browser, motori di ricerca e social media finanziano (non si sa per quale cifra) e utilizzano i bollini di NewsGuard per i loro algoritmi. Algoritmi che decidono cosa potete o non potete leggere durante la giornata.


IL METODO NEWSGUARD

I docenti Nolan Higdon e Susan Maret hanno perfettamente sintetizzato l’abominio di quello che viene permesso a NewsGuard e spiegato in modo magistrale perché tutti – compresi istituzioni e docenti – dovrebbero rifiutare l’estensione (a pagamento) di NewsGuard nel loro browser.

Nella loro trattazione Higdon e Maret fanno un appello a istituti di formazione, scuole, università e biblioteche a non affidarsi al “bollino” Newsguard. Il ragionamento dei due docenti, come spiegheremo nel resto della trattazione, è estendibile a tutti.

“La leadership e la missione di Newsguard operano in contrasto con i principi di educazione democratica […] Nella migliore delle ipotesi, NewsGuard è uno strumento discutibile per la ricerca di informazioni, la ricerca e l’alfabetizzazione, ed è in contrasto con gli interessi a lungo termine di studenti e docenti”, sottolineano.

Il comitato consultivo di NewsGuard è l’elemento più inquietante. “Il Consiglio è composto da ex Funzionari del governo degli Stati Uniti e giornalisti associati ad agenzie note per produrre notizie false; ad esempio, sono membri del consiglio personaggi come Tom Ridge che ha lavorato per il Department of Homeland Security e il generale Michael Hayden al Central Intelligence Agency e National Security Agency (Higdon, 2020; Maret, 2018; NewsGuard, 2021a; Philips, 2018). Inoltre, l’Advisory Board include individui che hanno difeso pubblicamente l’uso di propaganda come l’ex funzionario del Dipartimento di Stato americano Richard Stengel (Norton, 2020).  E ancora: “Oltre ai chiari conflitti di interesse nel loro comitato, il modello di NewsGuard va contro gli obiettivi e i processi della democrazia nella formazione scolastica”.

Un sondaggio Gallup del 2018, proseguono i due docenti, ha rilevato che una valutazione verde assegnata da NewsGuard (ad es. a CNN, Fox News) può essere percepito come inaffidabile, mentre alcune fonti sono giudicate affidabili anche se con il famigerato bollino rosso (Oremus, 2019). “Ad esempio, il New York Times ha una valutazione verde attiva NewsGuard, ma ha pubblicato storie false che hanno portato gli Stati Uniti a sostenere un’invasione dell’Iraq nel 2003 (Higdon, 2020; Sussman 2020).

“Questi esempi” – concludono i due autori – “illustrano che l’approccio di NewsGuard è una soluzione intellettualmente insulsa mascherata da alfabetizzazione. Istituzioni educative – che includono insegnanti e bibliotecari – dovrebbero fornire agli studenti una serie di competenze che permettano loro di mettere in discussione, inquadrare, valutare, indagare e analizzare i contenuti di un’ampia varietà di fonti. Questo approccio, noto come alfabetizzazione mediatica critica, dà potere agli studenti essere utenti di media autonomi, dove lascia l’approccio di NewsGuard studenti dipendenti da strumenti oscuri che fungono da arbitri di verità e falsità”.

La perfetta conclusione di Higdon e Maret non vale solo per studenti e istituzioni scolastiche formative ma per la società nel suo complesso. Racchiude proprio quello che nella nostra Costituzione è un principio fondamentale che permea il senso più intimo della nostra democrazia. E’ dovere dello stato permettere ai cittadini di avere a disposizione tutte le fonti per una discussione ampia che possa permettere loro di formulare un giudizio e un’opinione ben costruita.

Solo attraverso la pluralità dell’informazione sancita dai nostri Padri costituenti come elemento imprescindibile della nostra pacifica convivenza, in altre parole, c’è piena e reale capacità di autodeterminare i nostri diritti costituzionali fondamentali. NewsGuard, perseguendo un’agenda politica chiara e portando avanti interessi di parte specifici con il potere di bloccare quelli che perseguono una visione diversa, è oggi uno dei suoi principali ostacoli.

Come evidenzia Ben Norton, citato dai due autori, a comporre l’entourage da cui si muove Newsguard ci sono questi personaggi.



Dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001, il presidente degli Stati Uniti George W. Bush ha nominato Tom Ridge il primo direttore dell’ “Homeland Security”, ufficio creato nel 2003 e responsabile di una delle pagine liberticide più oscure dell’occidente. Un esperto sicuramente di censura e non a caso figura anche lui – non si sa per quale cifra – nella pagina “i miei investitori” del sito italiano di NewsGuard.

Quindi, per ricapitolare, un’agenzia nata negli Usa, finanziata da Fondazioni Usa e dal terzo colosso digitale mondiale, al cui interno ci sono chiari riferimenti con CIA, NSA, Dipartimento di stato Usa e i gangli del potere statunitense più discutibile, ha il potere in Italia di decidere attraverso i suoi marchi di infamia quello che potete o non potete leggere attraverso i vostri cellulari.

Il tutto senza che nessun partito politico italiano abbia mai avuto il coraggio di dire una singola parola.

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