Betlemme-Ma’an. Giovedì, un tribunale israeliano ha condannato all’ergastolo uno degli assassini dell’adolescente palestinese Muhammad Abu Khdeir, il sedicenne rapito e bruciato vivo a luglio del 2014. Un altro è stato condannato a 21 anni.
La famiglia Abu Khdeir ha condannato la sentenza come “troppo debole”: aveva chiesto l’ergastolo per entrambi i minori israeliani, ma gli avvocati avevano affermato che le loro azioni erano state influenzate da un terzo killer, Yosef Ben-David, 30 anni.
Ben-David, ritenuto il leader del gruppo, ha confessato l’uccisione da solo, ma è sfuggito alla condanna, all’ultimo minuto, per una perizia psichiatrica.
Tutti e tre hanno confessato di aver picchiato il ragazzo palestinese prima di versargli addosso liquido infiammabile e dargli fuoco. Un’autopsia ha confermato che Muhammad fu bruciato vivo.
Il tribunale ha anche ordinato ai minorenni assassini un indennizzo di 60,000 NIS ($15,350) alla famiglia Abu Khdeir.
I genitori di Abu Khdeir hanno fornito testimonianze toccanti alla corte. Il padre, Hussein, ha dichiarato: “Cerchiamo di vivere come prima. Andiamo da psichiatri. Tuttavia, la nostra vita è diventata buia. Non pensiamo al futuro. Pensiamo soltanto al terribile crimine e al perché Muhammad fu bruciato. I miei figli hanno paura, mio figlio Seif al-Din, di 14, dorme nel mio letto, dall’incidente – ha paura di uscire di casa. Noi tutti abbiamo incubi. Mia moglie grida nel sonno”.
La madre, Suha, ha raccontato alla corte: “Sono persa senza Muhammad. Si è portato con sé la mia vita. Mi è stato negato il diritto di dirgli addio o di vederlo prima di essere sepolto, perché era completamente bruciato. Le sue foto sono dovunque, e ogni giorno penso al perché Muhammad venne ucciso – che cosa mai aveva fatto loro?”
(Padre e madre di Muhammad Abu Khdeir pregano sulla sua tomba a Shuafat, a Gerusalemme Est, luglio 2015. AFP/Ahmad Gharabli, File)