Gli attacchi dei coloni contro i palestinesi sono aumentati del 150% rispetto allo scorso anno

Dall’inizio dell’anno le aggressioni fisiche compiute in Cisgiordania dai coloni sono state 250, rispetto alle 100 del 2019, con un aumento del 150%, secondo i dati visionati in una riunione sulla sicurezza israeliana tenutasi giovedì, e pubblicati venerdì dall’analista militare del quotidiano Haaretz, Amos Harel.

Alla riunione riguardante la sicurezza israeliana hanno partecipato il ministro della Difesa Benny Gantz, il capo di stato maggiore dell’IDF Aviv Kohavi, il capo del servizio di sicurezza dello Shin Bet, il capo della polizia e altri funzionari della sicurezza.

Le immagini dalla Cisgiordania mostrano che i coloni hanno usato le armi dei soldati dell’occupazione in una serie di attacchi e che gli stessi soldati in molti casi non sono intervenuti per fermare le violenze dei coloni. Secondo Haaretz, Kohavi ha impartito “chiari ordini” ai soldati di non “farsi da parte durante questi attacchi”.

Sempre secondo Haaretz, gran parte delle aggressioni avvenute durante la raccolta delle olive provengono da coloni che vivono in “insediamenti illegali”, dai quali attaccato i residenti dei villaggi vicini.

Inoltre, dall’inizio dell’anno sono stati registrati 60 scontri tra coloni e forze di sicurezza israeliane, rispetto ai 50 del 2019. E dall’inizio dell’anno sono stati registrati 135 attacchi da parte di coloni che lanciano pietre contro i palestinesi.

Harel ha citato un’importante fonte della sicurezza israeliana dicendo che gli autori degli attacchi “non sono bambini che si divertono” e ha continuato: “Dobbiamo chiamare le cose con il loro nome. In alcuni casi, si tratta semplicemente di terrorismo ebraico. Non escludo la possibilità che assisteremo a un altro attacco con esito mortale come l’uccisione della famiglia Dawabsheh a Douma nel 2015. Questi fatti sono dannosi anche per la reputazione dello Stato all’estero. Non c’è incontro con ambasciatori stranieri in cui non si parli degli attacchi dei coloni contro i palestinesi”.

Harel ha attribuito l’omertà della sicurezza israeliana verso gli attacchi dei coloni “all’influenza e ai decennali legami dei coloni con i vari governi. Per anni, gli ufficiali dell’esercito e della polizia hanno evitato un eccessivo controllo su tali fenomeni, temendo che la politica israeliana, complice di questa situazione, li avrebbe perseguitati quando ne avrebbe avuto l’occasione”, così come “alla tolleranza di gran parte dei servizi di sicurezza israeliani nei confronti degli ideologi estremisti ebrei”.

Secondo B’Tselem, l’esercito israeliano evita accuratamente di scontrarsi con i coloni, anche se da un punto di vista legale i soldati dell’occupazione ovviamente hanno il potere di arrestarli e detenerli. L’esercito di occupazione preferisce evidentemente espellere i palestinesi dai loro terreni agricoli o dai pascoli, piuttosto che affrontare i coloni.

Durante gli scontri, che inizialmente sono sempre causati dagli attacchi dei coloni, i soldati dell’occupazione dichiarano l’area interessata una “zona militare chiusa”, applicata solo alle aree dove risiedono i palestinesi, oppure i soldati disperdono questi ultimi usando lacrimogeni, granate stordenti, proiettili di metallo ricoperti di gomma e persino proiettili senza gomma.

Secondo un rapporto di B’Tselem, a volte i soldati stessi prendono parte agli attacchi dei coloni contro i palestinesi, o stanno a guardare senza fare niente per impedire o fermare le aggressioni.

Traduzione per InfoPal di G.B.