Gli Usa in Italia. Quell’accordo ancora segreto.

Gli Usa in Italia

Quell’accordo ancora segreto

Antonio Bevere 
da il Manifesto del 21.2.07 p. 5

Le reazioni critiche delle popolazioni interessate al TAV e all’ampliamento della base militare di Vicenza denunciano l’assenza di prassi e procedure che garantiscano discussioni e partecipazioni preparatorie di decisioni che coinvolgono grandi collettività locali. A queste carenze le popolazioni di Val di Susa e di Vicenza hanno posto rimedio, imponendo un dibattito pubblico e il rispetto sostanziale della democrazia partecipativa.
La questione della base militare ha posto in luce carenze riguardanti anche un’altra forma di democrazia – quella rappresentativa – che dovrebbe avere all’interno del Parlamento difensori attenti e determinati. La domanda semplice ed ovvia che dovrebbero porre al governo è la seguente: quale è la fonte giuridica che obbliga il potere esecutivo a dare il proprio assenso all’ampliamento?
La risposta la troviamo negli interventi di Agostino Spataro (ex componente della commissione esteri e difesa della Camera) e di Sergio Romano( ex ambasciatore). La questione della dislocazione delle truppe americane in Europa fu disciplinata con un accordo generale tra gli Stati aderenti alla Nato (Convenzione multilaterale del 1951, ratificata dal Parlamento) e da accordi bilaterali (un trattato Stati Uniti-Italia del 1954 e un Memorandum d’Intesa del 1995). Citando un articolo del professor Natalino Ronzitti, Romano ci informa che gli accordi bilaterali non furono presentati alle Camere e che il testo dell’accordo del 1954 è rimasto segreto, per cui «non sappiamo se le clausole pattuite in piena guerra fredda, fra la morte di Stalin e la rivoluzione ungherese del 1956, rispondano ancora agli interessi italiani di mezzo secolo dopo». Anche a voler accettare la tesi di chi sostiene che il Patto Atlantico e la Nato – concepiti per difenderci dal nemico sovietico – siano oggi, per evoluzione storica, utilizzabili per difenderci dal terrorismo, si pone un problema di tattica militare di non poco conto: l’America pretende di scegliere il nemico e di passare all’uso delle armi senza interpellare la Nato (vedi la guerra in Iraq e il bombardamento delle milizie delle Corti Islamiche in Somalia). Un allarmante precedente è costituito dal bombardamento della sede della televisione di Belgrado, effettuato durante la guerra del Kosovo da aerei americani decollati da Aviano. La Jugoslavia ritenne l’Italia corresponsabile della violazione del diritto internazionale bellico, in base al principio secondo cui la neutralità del nostro paese non può essere riconosciuta, qualora un’operazione militare – anche in assenza di una diretta partecipazione – parta dal nostro territorio.
Il segreto che ancora copre la convenzione bilaterale stride con elementari principi dell’ordinamento democratico anche alla luce dell’esempio che ci viene da Spagna, Portogallo, Gracia e Turchia, i cui parlamenti hanno deliberato sulla delicata questione. Ricorda Spataro che, a metà degli anni ’80, il PCI chiese la declassificazione dell’accordo del 1954 e la sua ratifica parlamentare, in base all’articolo 80 della Costituzione. E’ il caso di tornare sull’argomento.
Hanno fatto bene i parlamentari a partecipare alla manifestazione di democrazia partecipativa di Vicenza; ora li attende il naturale compito di far rispettare in Parlamento la democrazia rappresentativa e di ottenere la rassicurante risposta a semplici e ovvi quesiti: vige ancora l’ obbligo giuridico dell’Italia di rinunciare a una quota di sovranità e (in più) alla sua neutralità in caso di altrui, autonome iniziative belliche? Il corrispettivo, in termini di sicurezza, è ragionevolmente conveniente per gli Italiani?

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