Gli Usa vs Mediterraneo e Medio Oriente. Strategia vincente non si cambia

Di Angela Lano.

La lunga strada per la liberazione della terra di Palestina prosegue in mezzo a mille difficoltà, esterne – Israele, la Israeli lobby nel mondo, gli Usa, la Ue, i Paesi arabi corrotti -, e interne  – una Anp fallimentare e collaborazionista, tribalismi mai superati, individualismi, calcoli politici e analisi geopolitiche senza lungimiranza, un notabilato senza scrupoli e duro a morire, un’incapacità a cambiare radicalmente i rapporti interni basati ancora su dinamiche claniche e di subordinazione al capo di turno, non importa quanto ottuso o autoreferenziale egli sia. Divisioni e disunità, settarismi, corruzioni, connivenza con l’oppressore e incapacità politica fanno il resto.

Favola senza lieto fine. Ma a tali gravi ostacoli al cammino verso la libertà e l’indipendenza in questo ultimo anno sono andate ad aggiungersi strategie e alleanze geopolitiche palestinesi disastrose, che permettono agli UsraEl di essere burattinai indisturbati, con la partecipazione attiva del “mangiafuoco” saudita-qatariota e delle altre petrodittature arabe. La situazione è talmente complicata e drammatica che i palestinesi rischiano di fare gli ingenui “burattini di legno” e di risvegliarsi come nella favola di Pinocchio, ma senza la “Fata turchina” a rimettere a posto le cose.

In tutto questo è fondamentale capire il ruolo della Fratellanza Musulmana, a sua volta, come la dirigenza di Hamas, divisa al suo interno proprio sulle “alleanze” esterne.

La “questione Siria” ha spezzato il fronte mediorientale unitario delle resistenze islamiche (sunnita e sciita) e laiche alle aggressioni imperialiste e colonizzatrici di Stati Uniti e Israele.

Seguendo l’esperienza della Libia, ridotta in parte a una no-man’s land di forze estero-dirette e di terroristi qaedisti, i ribelli siriani, con i loro sostenitori arabi e i “pacifisti” europei, hanno spalancato le porte a entità straniere il cui progetto, lungi dal voler davvero aiutare a democratizzare la Siria, prevede l’uso strumentale della loro lotta e la creazione di divisioni intra-islamiche e inter-arabe a favore dei progetti di dominio Usraeliani.

Qual è, da sempre, la strategia vincente usata dell’imperialismo e dalle dittature, dal tempo dei Romani in poi? Il divide et impera. Qual è la maggior minaccia al dominio degli imperi? L’unità dei popoli, che crea una forza tale da contrastare aggressioni e invasioni. Basta rileggere la Storia e fare parallelismi con i giorni nostri. Cioè un salutare esercizio di “esegesi storica” dell’attualità.

La Storia è ciclica, non lineare: l’evoluzione è solo nelle capacità distruttive, tecnologiche, belliche dell’Uomo. Per il resto, essa ripete continuamente dinamiche già sperimentate, e consolidate.

Grazie all’intermediazione e sponsorizzazione qatariota (pecunia), gli Arabi, con una parte considerevole della patriottica Hamas, purtroppo, sembrano caduti nella trappola tessuta loro dall’imperialismo Usa – un Impero che si diceva ormai in declino a seguito delle fallimentari guerre del petrolio e della crisi economica, ma che sta mostrando una vitalità e una intelligence strategica davvero notevoli per un moribondo…

Eliminare gli ostacoli e vincere a Risiko. La Palestina di Hamas, il Libano di Hezbollah, con Siria e Iran, in alleanza mediorientale, erano una grande spina nel fianco di Israele e dei suoi “servi-padroni” Usa, ma la “primavera araba” scoppiata in Siria a seguito delle istanze reali di una parte della popolazione, è stata prontamente, e come le altre attuali “rivoluzioni arabe”, infiltrata dall’esterno in funzione di un piano congegnato da tempo.

Stiamo parlando della seconda fase del progetto per il Nuovo Ordine Mondiale iniziato a fine anni ’90 e passato attraverso la tragedia delle Torri Gemelle e delle guerre in Afghanistan e Iraq, e ora, attraverso il dirottamento e la manipolazione delle Primavere Arabe.

Abbiamo già scritto che gli Usa, e il loro braccio armato in Medio Oriente – Israele – non potevano continuare a dominare il Mediterraneo e la regione mediorientale usando l’islamofobia, come avevano fatto nel decennio precedente, ma dovevano cooptare o per lo meno corteggiare i musulmani arabi, o meglio, la leadership di movimenti dati per vincenti alle elezioni dei vari Stati, e i vari capetti in Europa.

Ed è ciò che gli Stati Uniti stanno facendo dalla Libia in poi, la cui devastazione politica ha liberato il campo alle orde qaediste made in Cia che ora scorrazzano felici (prima c’erano, ma erano meno liete) in varie regioni africane, seminando distruzione e fobie ignoranti.

Strategia vincente non si cambia. Per il resto, la dinamica è sempre la stessa: costruzione del “mostro” di turno (con i dittatori dei regimi arabi è facilissimo, come sparare contro la Croce Rossa) nel Paese che si vuole occupare, attraverso Tv e giornali, con abbondante uso di video contraffatti e altre consolidate tecniche di manipolazione, e di esaltati sguinzagliati all’estero. E il gioco è fatto. Le oggettive esigenze di dignitosa sopravvivenza di un popolo, o di parte di esso (non dimentichiamo che in Siria una parte della popolazione sostiene i ribelli e un’altra il governo) vengono violentate e strumentalizzate. E da una dittatura presto la gente si ritrova in un’altra, più lunga e schiavizzante – come è successo all’Italia liberata dagli americani dal nazifascismo -, o nel caos e nella violenza permanente – come in Afghanistan e in Iraq.

Ora tocca appunto alla Siria. Ma a differenza dell’Italia degli anni ’40, e dell’Afghanistan e dell’Iraq degli anni 2002-2012, l’occupazione straniera della Siria (come la Libia, ad opera di mercenerari e terroristi venuti dall’estero) ha un effetto domino ben più devastante, sia a livello regionale sia globale. Essa ha già spaccato il fronte della resistenza islamica e laica contro il sionismo, ha creato una conflittualità intra-islamica per ora a bassa intensità, ha creato fitna.

La caduta del regime di Damasco, vero e proprio ostacolo geografico e politico, porterà alla distruzione del Medio Oriente e alla perdita definitiva della Palestina, alla guerra tra mondo sunnita e mondo sciita – guerra contro l’Iran e il Libano di Hezbollah, appoggiata da Nato, petromonarchie oscurantiste e salafismo qaedista -, all’intervento di Russia e Cina (i veri obiettivi bellici del Risiko Usa) e alla Terza guerra mondiale, che per sua natura sarà atomica, quindi definitiva.

Che movimenti fanatici fondamentalisti (ce n’è per tutte le religioni) invochino la fine del mondo e l’Armageddon per auto-motivare la loro esistenza, che altrimenti non avrebbe alcuna giustificazione razionale, non è una ragione valida per sostenere il progetto imperiale e distruttore di Zio Sem e del suo ascaro-padrone, il sionismo e la sua lobby, e dei loro inguardabili alleati delle petro-dittature violatrici di ogni diritto umano.

Per i conquistatori e gli oppressori di professione “strategia vincente non si cambia”. Mai.