Golia contro Davide: inasprimento delle pene contro i Palestinesi che lanciano pietre

Gerusalemme–AFP. Mercoledì, il primo ministro Israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato un inasprimento delle pene contro il reato del “lancio di pietre”, al terzo giorno di scontri intorno alla moschea di al Aqsa, a Gerusalemme Est.

Nonostante gli appelli alla calma della comunità internazionale, martedì le forze israeliane hanno fatto irruzione nel sito per il terzo giorno consecutivo, provocando duri scontri con i manifestanti palestinesi.

Netanyahu ha annunciato la decisione all’inizio di un vertice di emergenza con i ministri e i rappresentanti delle forze dell’ordine, convocato dopo la morte di un autista israeliano che ha perso il controllo della sua vettura, sabato scorso.

Secondo la polizia israeliana, è fondato il sospetto che l’episodio sia stato causato dal lancio di una pietra contro l’auto, sebbene non vi siano prove a supporto di questa ipotesi e la Magistratura di Gerusalemme abbia apposto il segreto istruttorio sui dettagli dell’incidente.

Il primo ministro ha dichiarato: “Abbiamo deciso di adottare la linea dura; sarà vagliata una modifica delle regole di ingaggio e una pena minima per coloro che lanciano pietre”.

Ha poi aggiunto che saranno previste “multe consistenti” per i minori che compiono tale reato e anche per i loro genitori.

“Alla vigilia del nuovo anno ebraico, abbiamo dovuto ancora una volta constatare che le pietre possono uccidere”, ha detto Netanyahu, alludendo alla morte dell’israeliano a bordo della sua auto.

Già nel mese di luglio, la Knesset aveva approvato una legge che inaspriva le pene per il lancio di pietre: i trasgressori potevano essere condannati a una pena di 20 anni qualora fosse chiara l’intenzione di fare del male, e a 10 anni in caso contrario.

Al momento dell’approvazione, il parlamentare palestinese Jamal Zahalka aveva dichiarato: “I giudici, chi manderanno in prigione? Coloro che demoliscono le case, sottraggono la terra, uccidono i nostri fratelli, o il povero ragazzo che lancia una pietra?”

Centinaia di Palestinesi sono arrestati ogni anno per il presunto reato di lancio di pietre; secondo un rapporto di B’Tselem, associazione Israeliana per i diritti umani, dal 2005 al 2010, “il 93% dei minori accusati di lancio di pietre è stato condannato al carcere, con pene che variano da qualche giorno a 20 mesi.”

‘Mantenere lo status quo’

I Palestinesi temono che Israele voglia cambiare il quadro normativo che regola l’accesso ad Al-Aqsa, terzo luogo sacro dell’Islam; i gruppi ebraici di estrema destra fanno pressioni per entrare nella Spianata delle Moschee e le organizzazioni più estremistiche vorrebbero addirittura costruire un nuovo tempio.

Gli ebrei possono accedere al sito in determinate fasce orarie, ma non possono pregare, in virtù di un accordo tra Israele e la Fondazione Islamica che amministra il sito. Ma nelle ultime settimane, in occasione delle celebrazioni per il nuovo anno ebraico, le forze Israeliane hanno limitato l’accesso ai Palestinesi e scortato molti fedeli di religione ebraica all’interno.

I Palestinesi temono quindi che Israele abbia intenzione di abrogare gli accordi esistenti e imporre una turnazione della preghiera, con gli Ebrei al mattino e i Musulmani Palestinesi nel resto della giornata.

Durante il vertice notturno, Netanyahu ha ripetuto più volte che lo status quo non sarà mutato e che i Musulmani potranno accedere al sito in ogni momento. Ma ha anche ribadito che non permetterà ai più facinorosi di disturbare le visite da parte degli Ebrei.

La Fondazione Islamica giordana ha dichiarato che, durante gli scontri di martedì, la polizia si è introdotta nella moschea occidentale, causando molti danni.

Da Amman, fanno sapere che le azioni israeliane sono considerate una “aggressione” contro le nazioni arabe e Musulmane, e che saranno presi in considerazione tutti i mezzi legali e diplomatici per proteggere i siti sacri della Città Santa.

La Giordania detiene i diritti di custodia sui siti sacri musulmani di Gerusalemme, in virtù del trattato di pace stipulato con Israele nel 1994.

Israele ha confiscato il territorio di Gerusalemme Est, su cui è situata Al-Aqsa, durante la Guerra dei Sei Giorni nel 1967, e in seguito ha proceduto all’annessione, mai riconosciuta dalla comunità internazionale.

Un avvertimento contro le ‘provocazioni’

La situazione è tornata incandescente, nonostante gli appelli alla calma da parte delle Nazioni Unite, degli Stati Uniti e dell’Unione Europea.

L’inviato speciale delle Nazioni Unite per il processo di pace in Medio Oriente, Nickolay Mladenov, ha messo in guardia contro le “provocazioni” ai danni del sito, che potrebbero avere ripercussioni anche in altre zone del Medio Oriente.

“Ora che la regione è scossa da una terribile ondata di terrore e estremismo, queste gravi provocazioni potrebbero scatenare episodi di violenza che sconfinerebbero ben oltre le mura della Città Vecchia di Gerusalemme”, ha dichiarato Mladenov.

I giovani palestinesi hanno trascorso tre notti barricati all’interno della moschea, per impedire agli Ebrei di accedere alla Spianata, al mattino.

Gli scontri sono partiti quando un ingente numero di agenti israeliani ha fatto irruzione nel sito per fare largo ai visitatori. Si sono diffusi rapidamente nella stradina della Città Vecchia che circonda la spianata delle moschee.

Secondo la Mezzaluna Rossa, almeno 36 Palestinesi sono rimasti feriti, e due ricoverati in ospedale. La Polizia Israeliana parla di 8 agenti lievemente feriti.

La portavoce della polizia, Luba Samri, ha dichiarato che le forze di sicurezza hanno chiuso la porta lasciando i manifestanti all’interno della moschea. Ha negato che gli agenti siano entrati nel luogo sacro, mentre il Portavoce della Fondazione Islamica, Firas al-Dibs, ha raccontato che “la polizia ha fatto irruzione nella moschea di Al Aqsa e si è introdotta all’interno”, spingendosi fino al minbar, il pulpito dell’imam, come riportato da più testimoni. Ha aggiunto che la polizia ha sparato proiettili di gomma e granate stordenti nella moschea, provocando anche piccoli incendi.

Traduzione di Romana Rubeo