GPI: vi spieghiamo la storia di Mohammad Tamimi

A cura dei Giovani Palestinesi d’Italia. Questo ragazzo ha 14 anni e si chiama Mohammad Tamimi.

Mohammad Tamimi non è nato così, con questo volto sfigurato e con la testa a metà. La sua figura ha subito questa trasformazione solo qualche mese fa. Era il 18 Dicembre 2017 e Mohammad stava protestando contro la decisione degli Stati Uniti di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele.
Un cugino di secondo grado di Mohammad ha detto che il proiettile è entrato nella faccia dell’adolescente – sotto il suo naso – e prima di conficcarsi nel cranio, e gli ha rotto la mascella.

Ai microfoni di Al Jazeera, la madre ha dichiarato: “Il sangue gli usciva dalla faccia come una fontana, era così spaventoso, nessuno sapeva cosa fare, era svenuto. Ma noi avevamo paura che fosse già morto”.
Mohammad ha subito un intervento chirurgico di sei ore che ha coinvolto sette chirurghi palestinesi nell’ospedale Istishari vicino a Ramallah.

Gli hanno asportato una parte di cranio. Ma la cosa ancora più agghiacciante è che la storia di Mohammad non è finita qui.

Il 26 Febbraio, Mohammad è stato portato via, lui, suo fratello e altri 8 Palestinesi. La domanda che vi starete ponendo è: “Perchè?”

Il problema è che non vi sappiamo rispondere, perché neanche noi sappiamo il motivo, perché molto probabilmente un motivo non esiste. O forse perché il volto sfigurato di questo adolescente, anche senza parlare, racconta già troppo al mondo delle ingiustizie di Israele e dunque, meglio rinchiuderlo a marcire dentro una cella, di modo che nessuno lo veda e gli chieda cosa gli è successo.

Fortunatamente però, alla sera Mohammad è stato rilasciato e ha raccontato: “Mi hanno tenuto in una cella fredda, con le mani ammanettate dietro la schiena, per ore… Mi hanno accusato di aver lanciato pietre ai soldati durante le manifestazioni a Nabi Saleh, ma io alle proteste (contro l’occupazione) non vado, sono molto debole».

Dieci ore trascorse in detenzione nonostante le sue condizioni molto precarie. Lui è il cugino di Ahed Tamimi, che ancora oggi languisce nelle loro prigioni.
«Mohammad è giunto a Nabi Saleh esausto, molto provato fisicamente e moralmente, non si può arrestare un ragazzo in quelle condizioni», ha detto la zia Manal. Come reagireste di fronte a tutto questo, se Mohammad fosse vostro figlio?