Gruppi per i diritti invitano Israele a fermare l’irrorazione aerea di erbicidi nella Striscia di Gaza. La trappola del greenwashing

Traduzione e commenti per InfoPal di L.P.  Il Centro legale per la libertà di movimento, il Centro per i diritti umani Al Mezan e Adalah – il Centro legale per i diritti delle minoranze arabe in Israele, giovedì hanno inviato una lettera urgente alle autorità israeliane chiedendo un immediato blocco dell’irrorazione aerea di erbicidi sulla Striscia di Gaza orientale, mentre i palestinesi gazawi lottano disperatamente per controllare il coronavirus e prevenirne lo scoppio della pandemia tra la popolazione.

Domenica mattina, aerei israeliani hanno volato lungo il confine che separa Gaza e Israele, spruzzando sostanze chimiche che si presume fossero erbicidi. L’irrorazione è stata condotta a partire dalle 6:30 del mattino ed è durata per quasi tre ore, colpendo prima le zone orientali del distretto della città di Gaza, poi a sud, sulle aree orientali del distretto di Gaza centrale.

I prodotti chimici spruzzati hanno raggiunto i terreni agricoli palestinesi in entrambi i distretti e l’impatto sui raccolti diventerà evidente nei prossimi giorni.

Gli agricoltori palestinesi che lavoravano la terra ad est della barriera, domenica mattina hanno detto ad Al Mezan che verso le 6:20 hanno visto, dal lato israeliano della barriera, pennacchi di fumo nero, una pratica usata da Israele in passato per capire la direzione del vento. Pochi minuti dopo, gli aerei hanno sorvolato lungo la barriera di confine spruzzando sostanze chimiche ritenute erbicidi, trasportate dai venti nella Striscia di Gaza.

Simili cicli di irrorazione sono stati effettuati il 14-16 gennaio 2020, nelle aree adiacenti alla barriera di Beit Hanoun, nel nord di Gaza, e a Rafah, nel sud.

Il 16 gennaio 2020, le organizzazioni per i diritti umani Gisha, Adalah e Al Mezan hanno inviato una lettera all’allora ministro della Difesa israeliano Naftali Bennett, all’avvocato generale Sharon Afek e al procuratore generale Avichai Mandelblit con una richiesta urgente di astenersi dal condurre ulteriori irrorazioni aeree di erbicidi all’interno e vicino alla Striscia di Gaza a causa dei gravi danni alle colture e dei rischi per la salute per i residenti di Gaza.

Nella corrispondenza successiva, l’ufficio dell’avvocato generale militare ha confermato che le sostanze chimiche utilizzate erano effettivamente erbicidi e ha affermato che era stata introdotta una nuova sostanza chimica per frenare la diffusione degli erbicidi in profondità nella Striscia di Gaza.

La documentazione di Al Mezan indicava tuttavia che i prodotti chimici spruzzati danneggiavano le colture a una distanza di almeno 600 metri dalla barriera perimetrale, con un’area totale di danni ai terreni coltivati ​​che superava i 280 ettari. Almeno 350 agricoltori palestinesi hanno subito perdite finanziarie, collettivamente superiori a 1 milione di dollari, a seguito dell’irrorazione di gennaio.

Il diritto internazionale richiede che Israele, in quanto potenza occupante, garantisca condizioni di vita adeguate nella Striscia di Gaza. Tuttavia, i dati raccolti sull’impatto dell’irrorazione aerea degli erbicidi dopo che la pratica è stata registrata per la prima volta nel 2014 indicano che essa rappresenta una grave minaccia per il diritto alla vita in quanto mina direttamente la sicurezza alimentare e la salute.

Con l’accesso alla salute e al cibo compromesso dalla potenziale diffusione di COVID-19 e dalle misure di sicurezza in atto che spingono enormi porzioni della forza lavoro a rimanere a casa, l’irrorazione chimica sta potenzialmente aggravando le condizioni in un momento critico.

Questa è solamente una piccola parte dell’enorme campagna di greenwashing che Israele attua ancora un volta per mostrarsi come fiore all’occhiello del progresso. “Il Paese che ha reso verde il deserto”, “Paese investitore nello sviluppo eco-sostenibile”, “Paese più avanzato nelle tecnologie per la sostenibilità ambientale” sono solo alcune delle espressioni che servono per catalogare Israele come paese degno di fama. Ciò che non viene detto è che la sostenibilità di cui si fa portatore è fondata sulla repressione, sull’esproprio di terre coltivate dai palestinesi, sull’esproprio delle risorse idriche, sulle monocolture intensive che richiedono il surplus di pesticidi tossici e sulla devastazione violenta degli uliveti palestinesi. Nel 2019 Israele è stato responsabile dello sradicamento illegittimo e insensato di 2 milioni di alberi nelle terre palestinesi e quasi 1.600 alberi sono stati danneggiati dai coloni israeliani nella Cisgiordania occupata dall’inizio del 2020, secondo quanto affermato dall’agenzia OCHA delle Nazioni Unite. Puntando sulla propaganda pubblicitaria, Israele rafforza così la sua immagine nel mondo gettando nel dimenticatoio quello che continua a perpetrare in Palestina ai danni degli autoctoni palestinesi e delle loro terre, sponsorizzando un modello economico di sviluppo malsano.

“Gisha, Adalah e Al Mezan sollecitano la comunità internazionale a intervenire e fare pressioni sulle autorità israeliane affinché cessino immediatamente tutte le attività di irrorazione aerea dentro e vicino la Striscia di Gaza e esortino Israele a fornire un’adeguata compensazione per coloro che hanno subito perdite finanziarie a causa di tale pratica”.

(Fonte: www.daysofpalestine.com)