Gruppi per i diritti: Israele ha cancellato la verità sulle azioni compiute dalle sue forze durante le proteste della “Marcia del Ritorno”, a Gaza

Gerusalemme/al-Quds-Wafa. Israele ha lavorato per nascondere la verità sulle azioni delle sue forze durante le proteste della Marcia del Ritorno a Gaza che hanno causato la morte di oltre 200 palestinesi, molti dei quali bambini sotto i 18 anni, secondo un nuovo rapporto formulato da due organizzazioni per i diritti umani.

Un rapporto congiunto pubblicato dal Centro palestinese per i diritti umani (PCHR) con sede a Gaza e dall’israeliano B’Tselem analizza le indagini che Israele sostiene di aver condotto in seguito alle proteste della Grande Marcia del Ritorno, che si sono svolte per circa un anno e mezzo nella Striscia di Gaza a partire da marzo 2018.

Il rapporto rivela come Israele abbia lavorato per nascondere la verità e proteggere i dirigenti politici e militari responsabili, invece di intraprendere azioni contro gli individui che hanno ideato e attuato la politica illegale del fuoco aperto, che ha provocato l’uccisione di oltre 200 palestinesi e il ferimento di circa altri 8.000.

Israele ha subito annunciato che sta indagando sulle proteste, principalmente a causa dei procedimenti in corso presso la Corte penale internazionale (CPI) dell’Aja – affermano le due organizzazioni in un comunicato stampa. Il motivo di tale comunicazione risiede in uno dei principi guida della CPI: il principio di complementarità, ovvero che la Corte farà valere la propria giurisdizione solo quando lo Stato in questione “non vuole o non può” svolgere la propria indagine. Una volta che uno Stato avrà indagato sugli incidenti, la Corte non interverrà.

Tuttavia, aggiungono le due organizzazioni, dichiarare che un’indagine è in corso non è sufficiente per evitare l’intervento della CPI. L’indagine deve essere efficace, diretta ai funzionari di grado più elevato, responsabili dell’elaborazione e dell’attuazione della politica e deve condurre ad azioni contro di loro.

Le indagini israeliane in relazione alle proteste di Gaza non soddisfano questi requisiti, affermano. Sono costituiti interamente dall’indagine militare stessa e non hanno esaminato i regolamenti illegali sulla politica del fuoco aperto trasmessi alle forze di sicurezza o sulle politiche attuate durante le proteste. Si concentrano, invece, esclusivamente sui soldati di rango inferiore e se hanno agito in contrasto con questi ordini illegali.

Inoltre, mentre si svolgevano le proteste, la Corte Suprema israeliana ha ascoltato le petizioni che contestavano la legalità della politica del fuoco aperto. I giudici hanno respinto le petizioni e hanno permesso ai militari di continuare a utilizzare questa politica. Tuttavia, non ha accolto i regolamenti in corso di attuazione nel settore, poiché questi non sono mai stati presentati alla Corte. La Corte ha approvato solo i regolamenti che i militari hanno seguito secondo quanto dichiarato dallo stato, ignorando l’evidente disparità tra le affermazioni dello stato e la realtà sul campo. Quando le petizioni sono state ascoltate, decine di manifestanti erano stati uccisi e quasi 2.000 feriti.

Il sistema delle forze dell’ordine militare non è riuscito a svolgere neanche il limitato ruolo assegnatogli – indagando solo su “incidenti eccezionali”, hanno affermato PCHR e B’Tselem nel loro rapporto congiunto. I militari hanno deciso arbitrariamente di indagare solo sui casi in cui le forze di sicurezza avevano ucciso palestinesi, senza fornire alcuna spiegazione per questa decisione. Le migliaia di incidenti in cui i palestinesi sono rimasti feriti – alcuni così gravemente da rimanere paralizzati o subire amputazioni – non sono stati indagati.

Il numero delle persone ferite in queste proteste è quasi insondabile: un totale di 13.457 palestinesi, 8.079 dei quali feriti da proiettili letali, 2.424 da proiettili di metallo ricoperti di gomma e 2.954 da lacrimogeni che li hanno colpiti direttamente. Tra i feriti, 155 hanno subito lesioni con conseguenti amputazioni. Nessuna di queste lesioni è oggetto di indagine.

Secondo i dati forniti dal portavoce dell’esercito israeliano a B’Tselem risalenti al 25 aprile 2021, l'”FFA Mechanism”, ovvero il Meccanismo dello stato maggiore per le valutazioni di accertamento dei fatti, aveva riscontrato 234 casi in cui sono stati uccisi palestinesi. Questa cifra include i palestinesi che sono stati uccisi durante il periodo in cui si sono svolte le proteste, ma senza alcun collegamento con loro.

Il Meccanismo ha completato la sua revisione in 143 di questi casi e li ha trasferiti al Corpo dell’avvocatura generale militare (MAG). Il MAG ha ordinato all’Unità investigativa della polizia militare (MPIU) di indagare su 33 casi, nonché su altri tre casi non gestiti dal Meccanismo. In quattro casi l’inchiesta è stata chiusa senza che fossero stati presi provvedimenti. Il MAG ha deciso di non indagare penalmente su 95 casi in cui il Meccanismo aveva completato la sua revisione e ha chiuso i fascicoli senza ulteriori azioni. Tutti gli altri casi trasferiti al MAG sono in corso.

Solo un’indagine dell’MPIU – sull’uccisione del quattordicenne ‘Othman Hiles – ha portato ad una incriminazione contro un soldato. È stato condannato in patteggiamento per il reato disciplinare minore di “abuso di autorità fino a mettere in pericolo la vita o la salute” e condannato a un mese di servizio civile militare.

“I funzionari di governo, il procuratore generale, i giudici della Corte suprema, il MAG e altri alti ufficiali militari sono responsabili dell’elaborazione della politica illegale del fuoco aperto e della sua attuazione. Sono loro che dovrebbero essere indagati e ritenuti responsabili dei risultati letali. Le indagini condotte da Israele non sono altro che una cortina fumogena progettata – secondo Israele – per proteggere i funzionari responsabili dal CPI. In realtà, dimostrano il contrario: che Israele non vuole e non è in grado di indagare sulle violazioni dei diritti umani commesse dalle sue forze di sicurezza durante le proteste della Grande Marcia del Ritorno nella Striscia di Gaza. Considerando questo, spetta alla Corte penale internazionale di individuare le responsabilità di queste violazioni”, hanno affermato le due organizzazioni per i diritti umani.

(Foto: manifestanti al confine di Gaza con Israele durante la Grande Marcia del Ritorno vengono inondati di gas lacrimogeni sparati dalle forze israeliane).

Traduzione per InfoPal di Stefania Gestro