Guerra in Ucraina e l’ipocrisia occidentale sul pericolo atomico

InfoPal. Di Lorenzo Poli. In uno spezzone del documentario “Il Nuovo Secolo Americano”, Jack Shanaghan, ex-ammiraglio della Marina Americana in pensione, spiegava che una attuale bomba atomica (senza specificare sulla potenza delle B61-12 presenti sul territorio italiano) oggi è in grado di distruggere 15 volte Hiroshima, mentre solo 5 di queste possono radere al suolo la Russia.

Tolte queste 5, agli USA ne rimarrebbero migliaia e migliaia. La Russia detiene il secondo arsenale nucleare al mondo: ben 4.500 testate.

La terza potenza atomica mondiale è rappresentata dalla Cina (350 testate); a ruota seguono la Francia (300); Regno Unito (215); Pakistan (150); India (140) e Corea del Nord (10).

Gli Usa hanno il primato, invece, con 5.500 bombe, senza contare la complessità dei ordigni nucleari NATO distribuiti sugli altri territori… Per esempio quello italiano.

L’Italia non produce né possiede armi nucleari e nel 1975 ha firmato il Trattato di Non-Proliferazione della armi nucleari. Nonostante ciò, esso è divenuto carta straccia a causa di rapporti di forza geopolitici che vedono l’Italia partecipare al programma di «condivisione nucleare» della NATO. Sul nostro territorio, in base agli accordi dell’Alleanza Atlantica, ci sono circa 40/50 testate suddivise tra le due basi aeree militari di Ghedi (Brescia) e Aviano (Pordenone).

Oggi l’isteria si basa sulla paura di una guerra nucleare (secondo gli esperti, addirittura, il pericolo di una “guerra termonucleare” c’è ormai da una decina di anni) e sul fatto che la Russia possa dare inizio ad una guerra con armamenti atomici su modello di Hiroshima.

Se questa è la paura attuale, se siamo convinti che da quando sono state bombardate Hiroshima e Nagasaki non ci sia stato più niente, e siamo convinti che Putin sia “l’unico pazzo che vuole la guerra atomica”, è giusto specificare dei punti importanti.

Il riarmo nucleare non si è mai interrotto.

Sebbene per anni la presenza di bombe atomiche sul territorio italiano sia stata un sospetto, oggi è una conferma. Nelle basi militari di Ghedi e Aviano sono custodite circa 40 bombe nucleari americane. In caso di incidente è proprio il ministero della Difesa italiano a stimare che le persone raggiunte dal fungo radioattivo potrebbero essere dai 2 ai 10 milioni, a seconda della propagazione del vento e dei tempi di intervento. Uno scenario veramente inquietante. Anche se non abbiamo ancora pagato i danni di un disastro nucleare, per la custodia di queste bombe stiamo già pagando un prezzo molto alto. Oggi la NATO possiede le Bombe B61-12, ovvero armamenti nucleari 15 volte (o anche di più) più potenti delle bombe nucleari B61 prodotte durante la Guerra Fredda. Il mantenimento delle attuali bombe nucleari ci costa 4 miliardi solo per Ghedi ed Aviano. La domanda sorge spontanea: perché se non si vuole una guerra nucleare abbiamo fatto rifornimenti di ordigni nucleari potenziati rispetto a quelli novecenteschi? La soluzione del disarmo nucleare non è mai piaciuta ai potenti.

Nuovi 520 test nucleari dal 1945 al 1980.

Negli ultimi 60 anni sono state fatte altre sperimentazioni nucleari. L’Association pour le Contrôle de la Radioactivité dans l’Ouest (ACRO) l’anno scorso ci ha ricordato che «tra il 1945 e il 1980, Stati Uniti, Unione Sovietica, Regno Unito, Francia e Cina hanno effettuato 520 test nucleari atmosferici raggiungendo livelli stratosferici e disperdendo grandi quantità di prodotti radioattivi sulla superficie del globo, soprattutto sull’emisfero settentrionale». Il pericolo di 520 test nucleari per salute e ambiente non è stato percepito dagli occidentali eppure c’è stato, ma non essendo stati menzionati da nessuno, non ci siano mai stati.

Gerboise bleue e i test nucleari francesi nel Sahara.

Gerboise bleue è il primo test nucleare sviluppato dalla Francia, una bomba atomica fatta detonare nel poligono nucleare di Reggane, collocato nel centro del Sahara algerino il 13 febbraio 1960, nel pieno della Guerra d’Algeria. Questo espose alle radiazioni sia i suoi soldati che le popolazioni sedentarie e nomadi algerine. Si trattava di una bomba atomica da 70 kilotoni, 3 o 4 volte più potente della bomba nucleare statunitense che distrusse Hiroshima nell’agosto 1945. Dopo la firma degli Accordi di Évian, nel marzo 1962, i test nucleari francesi nel Sahara furono possibili fino al luglio 1967. Da quel primo test nel Sahara, nel 1960, fino all’ultimo esperimento effettuato nella Polinesia francese, nel 1996, la Francia ha effettuato 210 esplosioni nucleari ed ancora oggi ne paghiamo le conseguenze dal punto di vista ambientale. Non a caso, a distanza di 60 anni, i venti carichi di polvere del Sahara continuano a sorvolare l’Europa, e le analisi fatte a marzo 2021 dall’Association pour le Contrôle de la Radioactivité dans l’Ouest (ACRO) hanno dimostrato che la sabbia che ha ricoperto auto, suolo, neve e reso arancione il cielo della Francia in quei giorni conteneva residui dell’inquinamento radioattivo dei test nucleari effettuati dalla Francia negli anni ’60 in Nord Africa.

Il 6 febbraio 2021, gran parte della Francia, è stata colpita da un fenomeno meteorologico insolito, che ha portato dal Sahara venti carichi di sabbia e particolato fine dal Sahara. Nel massiccio del Jurae la neve al mattino era bianchissima ed è diventata arancione. Alla fine della giornata, tutte le superfici all’aperto venivano ricoperte da un sottile strato di polvere arancione. L’ACRO ha prelevato campioni dall’intera superficie di un’auto ricoperta da questa patina e li ha portati al suo laboratorio per analizzarne la radioattività artificiale mediante spettrometria gamma (su un rilevatore GeHP).

I ricercatori francesi hanno identificato la presenza di Cesio 137 e sottolineano che «si tratta di un radioelemento artificiale che quindi non è naturalmente presente nella sabbia e che è un prodotto derivante dalla fissione nucleare che entra in gioco durante un’esplosione nucleare».

Visti i depositi omogenei su una vasta area, sulla base del risultato di analisi, ACRO stima che «siano caduti 80.000 Bq per km2 di cesio-137» e fa notare che «l’episodio del 6 febbraio costituisce certamente un inquinamento molto basso ma che si va ad aggiungere ai depositi precedenti (test nucleari degli anni ’60 e di Chernobyl). Questo inquinamento radioattivo – ancora osservabile a lunghe distanze 60 anni dopo il test nucleare – ci ricorda la situazione di contaminazione radioattiva perenne nel Sahara di cui la Francia è responsabile».

Pierre Barbey, lo scienziato dell’Université de Caen che ha raccolto i campioni a Chapelle des Bois (Doubs) nel massiccio del Jura sottolinea che «l’elemento in questione ha un periodo di emivita di trennt’anni. Quindi, perde la metà della sua radioattività ogni 30 anni. Dopo 7 cicli di 30 anni resta solo l’1% delle sostanze radioattive». E ricorda che «popolazioni di alcuni territori vivono su queste tracce di Casio 137 contaminante. Tra il 1960 e il 1966, non meno di 17 test sono stati effettuati nel sud dell’Algeria, un Paese che all’epoca era ancora considerato un dipartimento francese».

https://greenreport.it/news/energia/il-boomerang-nucleare-del-sahara-polvere-radioattiva-nei-cieli-e-sul-suolo-della-francia/

1966, Esplosione nucleare di Moruroa in Polinesia.

La Francia, come fecero Usa e Gran Bretagna, concentrò le sue attenzioni nucleari sulle isole del Pacifico. Il primo test francese in Polinesia fu effettuato nel 1966 sull’atollo di Moruroa.

Il 2 luglio 1966 sull’atollo di Mururoa venne sganciata la bomba Aldebaran. L’isola, usata solo per la coltivazione delle noci di cocco, era stata ceduta alla Francia che, durante la Guerra Fredda, l’aveva designata come sito di esperimenti nucleari. La bomba Aldebaran aveva una potenza di 30 chilotoni, molti di più dei 18 di quella di Hiroshima. L’esplosione provocò una nube carica di particelle radioattive che venne dispersa dal vento. Era il primo di una serie di 193 test nucleari, tra cui quelli a Moruroa e Fangataufa, due atolli dell’arcipelago di Tuamotu, in cui si pagarono care le conseguenze sanitarie e i danni ambientali. Secondo i nuovi calcoli circa 110.000 persone furono raggiunte dalle radiazioni ionizzanti, in pratica l’intera popolazione polinesiana dell’epoca. La fine dei test nucleari francesi venne annunciata dal presidente francese Jacques Chirac solo 30 anni più tardi, nel 1996. Eppure la Francia ha espresso l’intenzione di riconoscere le proprie responsabilità sull’impatto ambientale dei test nucleari nella Polinesia francese, nel sud del Pacifico, avvenuti tra il 1966 e il 1996, solo nel maggio 2021 dopo la pubblicazione del “dossier Mururoa files” preparato dal programma di Scienza e Sicurezza Globale dell’Università di Princeton, da Disclose, un gruppo di giornalisti investigativi e da Interprt un gruppo che utilizza il design per documentare crimini ambientali. Sono oltre 2.000 i documenti militari rimasti segreti fino al 2013 e sono stati resi pubblici grazie a una battaglia legale tra le vittime e il governo francese. Documenti rimasti secretati per 50 anni, mentre il ministero della Difesa francese ha sempre definito questi test “puliti”.

Considerazioni.

Nonostante le evidenze sulla popolazione polinesiana, i francesi credevano al loro governo, credevano che gli sperimenti fossero puliti e credevano che Hiroshima e Nagasaki fossero alle spalle. La realtà è che hanno creato un esercito di inconsapevoli che vivono senza consapevolezza l’attualità in cui si trovano ad “esistere” e che sono pateticamente disinformati a tal punto che si trovano ad aver paura per un “pericolo” nucleare come se il nucleare emergesse dal passato, come se non ci fosse mai più stato in questi anni di finta “pace”.

Mentre Obama prendeva il Premio Nobel per la Pace, gli USA iniziavano la guerra in Siria, in Libia, in Yemen e continuavano il massacro in Afghanistan. Mentre l’Unione Europea prendeva il Premio Nobel per i “60 anni di pace duratura”, gli Stati europei e le sue industrie belliche fornivano armi al mondo accompagnati con la loro manovalanza militare. Non ci siamo nemmeno resi conto che non ci sono mai state così tante guerre contemporaneamente nella storia umana come ora. Non ci siamo nemmeno accorti che il pericolo nucleare è sempre stato più incombente da Nagasaki in poi per il semplice fatto che è stato l’inizio di una nuova produzione bellica spacciata per “innovazione industriale”.

L’ipocrisia occidentale, oggi, che si manifesta in una paura fine a se stessa per il nucleare russo nella Guerra in Ucraina, dov’era quando i movimenti pacifisti denunciavano i test nucleari? Erano a denigrarli come “utopisti”, mentre il senso comune reazionario era avvolto dall’idea della “guerra inevitabile”. Dove erano i benpensanti mentre Moruroa esplodeva? Dove erano mentre il Sahara esplodeva per i test atomici? Quale TV ce l’ha detto? Nessuna. Quale Governo occidentale ci ha informati e ci ha chiesto il consenso per questi sperimenti? Nessuno. 

Mi vien da chiedere, a questo punto, dove erano quando Trump voleva una guerra nucleare con l’Iran o la Corea del Nord? Erano seduti sul divano puntando il dito contro Kim Jong Un che ha 10 testate nucleari contro le migliaia statunitensi. Di fronte a tutto questo parlare di ipocrisia è veramente nulla.

(Foto: test nucleari francesi in Polinesia. The Wise Magazine)