Guerra in Ucraina, la contestualizzazione politica del Donbass e la disinformazione embedded – Parte II

Di Lorenzo Poli. Breve flashback: golpe del 2014. La verità sui lampi di guerra in Ucraina è tutt’altra e parte da una contestualizzazione diversa rispetto a quella che stanno dando i media guerrafondai e per capire bisogna fare un breve flashback.

Nel 2014 l’Ucraina, ultimo Paese dell’ex-Patto di Varsavia non ancora membro della NATO, aveva per presidente Victor Yushchenko, politico che coltivava buoni rapporti con la Russia, basati su una forte complementarietà sul piano economico e sulla lunga convivenza tra Ucraina e Russia. L’Ucraina all’epoca poteva avere buone relazioni anche con l’UE, in tal modo che il Paese costituisse un cuscinetto di neutralità e di collaborazione tra le due realtà geopolitiche.

Una volta che gli USA di Killary e Obama si erano accertati dell’opposizione del governo democratico, una rottura con Mosca ed un ravvicinamento all’UE e, implicitamente, alla NATO, decisero per un cambio di regime da imporre con le maniere forti. Il Colpo di Stato, inaugurato con le manifestazioni di piazza Maidan, con la mobilitazione di una folla anti-russa e pesantemente infiltrata da elementi neonazisti, portò a prolungate sparatorie sia sui manifestanti che sulle forze dell’Ordine provocando la fuga di Yushcenko.

Gli sviluppi furono drammatici: le disorganizzate bande armate neonaziste assaltarono le regioni russofone nell’Est del Paese in quanto centri fondamentali produttivi-industriali per l’economia del Paese. Poi le bande neonaziste si costituirono in battaglioni come il Battaglione Azov, composto da ultranazionalisti di estrema destra, che si infiltrarono e vennero incorporati nella Guardia Nazionale Ucraina. Le popolazioni russofone di quelle regioni rifiutavano sia il colpo di Stato etero-diretto, sia il tentativo di far assumere all’Ucraina il ruolo di avamposto UE-USA-NATO contro la Russia. In seguito si costituirono in Repubbliche Popolari autonome e furono vittime di una costante e spietata aggressività delle milizie paramilitari neonaziste finanziate dal governo ucraino dedite alla pulizia etnica in nome di xenofobia e razzismo russofobo.

Ed è così che nacquero le Repubbliche Popolari di stampo socialista e antifascista, quelle di Doneck (il cui territorio si trova all’interno dell’Oblast’ di Doneck formalmente parte dell’Ucraina) e di Lugansk (il cui territorio si trova all’interno dell’Oblast’ di Lugansk, anch’esso formalmente parte dell’Ucraina).

La Repubblica Popolare di Doneck si è autoproclamata il 7 aprile 2014, mentre la Repubblica Popolare di Lugansk il 28 aprile 2014. Entrambe le loro autorità politiche dichiararono l’indipendenza unilaterale dall’Ucraina il 12 maggio 2014 a seguito di un referendum non riconosciuto né dalla comunità internazionale né dal governo centrale ucraino, il quale considerò le Repubbliche come «territorio temporaneamente occupato da gruppi armati illegali e truppe della Federazione Russa»[1]. Quindi quelli che, tra il 22 e il 23 febbraio venivano definiti dai media occidentali “carrarmati russi”, in realtà erano i carrarmati della resistenza antifascista del Donbass russofono autonomo.

Si tratta di Repubbliche che cercano la loro indipendenza da sempre, proponendo anche una diversa visione di società (cosa che simbolicamente disturba molto la NATO, in quanto residui politici dell’URSS). Non a caso le Repubbliche del Donbass, stando alle loro Costituzioni del 2014, sono degli Stati democratici, di diritto e sociali il cui potere legislativo è fondato sul Consiglio del Popolo.

Nel frattempo in Ucraina particolarmente feroce fu la repressione dei golpisti verso gli oppositori politici (socialisti, comunisti, pacifisti, forse antifasciste e pacifiste) che sfociò nella Strage di Odessa avvenuta il 2 maggio 2014 in cui centinaia di persone e militanti di sinistra vennero bruciati vivi ed abbattuti una volta rifugiati nella Casa dei Sindacati. La strage avvenne ad opera di neonazisti e nazionalisti ucraini portando alla morte di 46 persone nel seminterrato della Casa dei Sindacati. Tra i morti anche Vadim Papura, 17 anni, giovane comunista, studente al primo anno dell’Università Nazionale di Odessa Mechnikov, attivista del Komsomol e del Partito Comunista d’Ucraina.

Nonostante ciò, i nostri media sensibili “a random” al tema dei diritti umani, non hanno mai ricordato questa strage. Il colpo di stato nazista del 2014 in Ucraina fu applaudito da tutti i governi occidentali, in modo trasversale da esponenti della destra liberale e della “sinistra” neo-liberal. Andrij Parubij fondatore del Partito Social-Nazionale d’Ucraina, di stampo neonazista, venne a Roma e fu ricevuto con tutti gli onori da Laura Boldrini, allora Presidente della Camera (in copertina, foto con Boldrini).

L’inizio della guerra voluto dall’Ucraina.

Sull’Ucraina, la voce imperialista occidentale è stata falsa fin dal primo giorno. Mentre vi era un generale silenzio stampa dei media occidentali, tra il 21 e il 23 febbraio la guerra è iniziata con i bombardamenti dell’esercito ucraino in territorio russofono. Un gruppo di sabotaggio e di ricognizione ucraino è stato scoperto alla mattina del 21 febbraio sul territorio russo e, per l’evacuazione d’emergenza dei sabotatori dal territorio ucraino, sono entrati due veicoli blindati delle forze armate ucraine che sono stati distrutti dall’esercito russo, mentre i cinque sabotatori sono rimasti uccisi. Nel frattempo un missile lanciato dal territorio ucraino ha distrutto un valico di frontiera nel territorio russo nella regione del Lorstof. Sono state delle vere e proprie provocazioni del governo ucraino con il fine di spingere la Russia a difendere i russofoni del Donbass.

Tra il 20 e il 21 febbraio le truppe ucraine hanno continuano a bombardare per tutta la notte il territorio della Repubblica Popolare di Donetsk (DPR) inclusa la città principale dell’autoproclamata repubblica. Ad affermarlo, riferisce la Tass, la missione della DPR presso il Centro congiunto per il controllo e il coordinamento (JCCC).

Gli attacchi sono iniziati alle 2.16 ora di Mosca e hanno preso di mira l’insediamento di Staromikhailovka, alla periferia occidentale di Donetsk. Si tratta del sesto bombardamento nell’area dalla mezzanotte russa. Colpiti anche gli insediamenti di Zaytsevo Yuzhnoye e Spartak, bersagli di colpi di mortaio.

Dopo le 3.00 ora di Mosca, secondo la missione, ci sarebbero stati altri sei bombardamenti, e altri due attacchi avrebbero colpito Dokuchayevsk e Yelenkovka alle 4.25 e alle 4.37 ora locale.

Il 19 febbraio, la Repubblica di Lugansk avrebbe subito una cinquantina di attacchi da parte delle truppe di Kiev in violazione del cessate il fuoco, secondo la missione locale presso il Centro congiunto per il controllo e il coordinamento (JCCC). Gli attacchi hanno preso di mira – riferisce la Tass – 27 aree residenziali.

In quei giorni, due civili della Repubblica Popolare di Lugansk (abitata da popolazione russa) sono rimasti uccisi nel tentativo delle forze speciali ucraine di sfondare nel vicino villaggio di Pionerskoye, a sette chilometri dal confine con la Russia. Altri bombardamenti d’artiglieria ci sono stati su Donetsk, la più grande città della Repubblica Popolare di Donetsk, colpendo anche le scuole. In precedenza, le truppe ucraine hanno aperto il fuoco dei mortai in diverse aree popolate della repubblica e, secondo i primi rapporti, il bombardamento avrebbe preso di mira anche le città di Dokuchayevsk, Oktyabr, Sosnovskoye, Aleksandrovka e Spartak. Successivamente, è stato riferito che anche i villaggi di Petrovskoye, Staromikhailovka e Kommunarovka sono stati bombardati dalle forze ucraine.

Dopo queste operazioni di pulizia etnica in Donbass da parte ucraina, le Repubbliche Popolari hanno chiesto il riconoscimento russo delle Repubbliche. Cosa che Putin ha fatto.                                                          

La propaganda occidentale non vedeva l’ora di trovare il casus belli giustificatore per dare inizio alla nuova guerra imperialista e, a quanto pare, il riconoscimento delle Repubbliche Popolari del Donbass è stato un buon pretesto.

Il riconoscimento delle Repubbliche Popolari del Donbass da parte di Putin

In coro tutti i governi delle forze europee hanno manifestato il loro disgusto per il riconoscimento delle Repubbliche Popolari del Donbass. “Voglio esprimere la mia più ferma condanna per la decisione del governo russo di riconoscere i due territori separatisti del Donbass. Si tratta di una inaccettabile violazione della sovranità democratica e dell’integrità territoriale” dell’Ucraina. A dirlo è nientepopodimeno che Mario Draghi, storico “difensore della sovranità”, soprattutto quando si è trattato di mandare in fallimento la Grecia con contratti falsati dalle grandi banche d’affari come JP Morgan e Goldman Sachs (per questo che Cossiga lo definì “vile affarista”). Queste dichiarazioni le ha rilasciate in apertura del suo discorso all’insediamento di Franco Frattini al Consiglio di Stato: “Sono in costante contatto con gli alleati – ha aggiunto – per trovare una soluzione pacifica alla crisi ed evitare una guerra nel cuore dell’Europa. La via del dialogo resta essenziale, ma stiamo già definendo nell’ambito dell’Unione Europea misure e sanzioni nei confronti della Russia”.

Il riconoscimento delle Repubbliche Popolari del Donbass russo da parte di Putin è stata una mossa per la pace e, tra qualche mese, sarà ancora più chiaro. Il riconoscimento dell’indipendenza del Donbass e il dispiegamento in esso, oggetto di continui attacchi da parte dell’esercito ucraino e delle forze paramilitari neonaziste, dell’esercito russo sono state misure di de-escalation e di riduzione di pericoli di guerra estesa, oltre che di salvaguardia di popolazioni a rischio di persecuzioni etniche.

Nei fatti Putin ha già delimitato il terreno della contesa e le “sanzioni mirate” Ue sono riconoscimento oggettivo di questa delimitazione. Così come il virare in positivo delle Borse europee e non solo. 

Poi dobbiamo fare un esercizio di memoria: il fronte di chi vuole l’integrità Ucraina è lo stesso che ha spinto per la disintegrazione della Jugoslavia. Gli USA stanno tirando la corda con i francesi e i tedeschi e l’Italia rimane a fare la pedina del gioco militare. L’esercito ucraino si manterrà entro il confine del Donbass? La Russia può avere la forza militare di mantenerlo (sempre che la Nato non intervenga) ma non ha forza economica e politica per tenere il territorio. Liberarsi della NATO ai confini è impossibile per la Russia e la NATO non è affatto intenzionata a lasciar in pace l’Ucraina.

In tutto ciò una parte del Donbass non è territorio a sovranità ucraina dal 2014 e chiede di essere riconosciuto dai russi. Klimov, vicepresidente commissione esteri del consiglio Federazione Russa ha dichiarato che la Russia riconosce le Repubbliche Donetsk e Lugansk nei confini attuali non in quelli rivendicati (che sarebbero molto più larghi). Putin non ha previsto alcuna “annessione”, ma si è solo limitato a riconoscere questi territori in quanto abitati da russofoni. Non si tratta di una decisione stramba, bensì del proseguimento della dottrina Medvedev, chiamata “dottrina dei piedi rossi”, ovvero quella dottrina enunciata nell’agosto 2008 dall’allora presidente russo Dmitry Medvedev sulla scia del conflitto russo-georgiano che stabilì che la Russia proteggerà tutti i suoi cittadini, ovunque si trovino. Nulla di strano, a meno che non si sia a conoscenza di questi fatti, rendendo più facile una mistificazione del casus belli.

Dopo il riconoscimento di Putin delle Repubbliche Popolari di Lugansk e di Doneck, dal 22 febbraio, l’esercito ucraino ha intensificato le offensive sul territorio del Donbass contro le infrastrutture pubbliche e civili strategicamente importanti come la Centrale idroelettrica di Lugansk, che ancora oggi non è chiaro se sia stata attaccata con mezzi d’artiglieria o con droni con esplosivi. Nelle prime ore del mattino del 22 febbraio le forze armate ucraine hanno bombardato il villaggio di Spartak, esattamente come era successo il 21 febbraio.

Le azioni USA per la Guerra in Ucraina.

Nel frattempo, i soldati USA stanziati in Polonia hanno dato inizio alle esercitazioni vicino al confine con l’Ucraina e le linee aeree scandinave e svizzere hanno sospeso i voli da e per Kiev dal 21 febbraio. L’intelligence russa ha sostenuto che i servizi segreti occidentali stiano reclutando segretamente militanti da inviare nel Donbass. La priorità sarebbe data a chi ha esperienze in operazioni di combattimento in Medioriente, mentre la CIA e l’MI6 (Military Intelligence, Sezione 6) sarebbero i servizi più attivi nel lavoro di reclutamento che, secondo le fonti, si svolgerebbero in Bosnia Erzegovina, Albania e Kosovo e per i quali verrebbero offerti dai 2.000 ai 3.000 dollari al mese. Esattamente come nel 2014, l’attacco dell’Occidente alla Russia, passa per l’Ucraina, coinvolgendo un intero popolo in una guerra alle porte del continente che, nel lontano 2012, vinse il “Premio Nobel per la Pace”.

Il 24 febbraio 2022 tutti i media occidentali a reti unificate hanno parlato di “invasione russa” dell’Ucraina senza che mai abbiano menzionato gli 8 anni di guerra in Donbass, le pulizie etniche nei confronti delle popolazioni del Donbass e le recenti e molteplici provocazioni ucraine nel territorio autoproclamato autonomo per provocare la reazione russa.


[1] https://zakon.rada.gov.ua/laws/show/254-viii#Text

Parte I: https://www.infopal.it/guerra-in-ucraina-dai-missili-nato-su-mosca-al-rifornimento-degli-alleati-parte-i/