Guerre e spese militari

InfoPal. Di Angelo Stefanini. Il conflitto Russia-Ucraina è una vera manna per l’industria militare. E questo non soltanto per la grande quantità di armi utilizzate durante il conflitto stesso, ma soprattutto per la spinta generalizzata alla corsa agli armamenti che esso induce nella comunità internazionale. Come scrive Gianni Tognoni, “… il mercato delle armi tirava, ma aveva certo bisogno di una scossa, che togliesse le resistenze psicologiche”.[i]

Sulla scia dell’invasione russa dell’Ucraina, il paese è stato inondato di armi e attrezzature militari provenienti dall’Europa e dal Nord America. Il Congresso americano ha approvato il suo più grande disegno di legge sulla spesa per la difesa, mentre gli alleati degli Stati Uniti in Europa si sono impegnati ad aumentare drasticamente la spesa militare per contrastare la minaccia russa. Il presidente Biden ha firmato un disegno di legge che stanzia 782 miliardi di dollari per la difesa, circa 30 miliardi di dollari in più della sua richiesta iniziale e quasi il 6% in più rispetto al pacchetto dell’anno scorso. Il disegno di legge fornisce anche 6,5 miliardi di dollari in supporto militare ai paesi dell’Europa orientale, inclusi 3,5 miliardi di dollari in armi aggiuntive per l’Ucraina. L’aiuto extra all’Ucraina si somma a oltre 1 miliardo di dollari che gli Stati Uniti hanno già speso l’anno scorso per dotare i soldati ucraini di armi moderne. Il Congresso alla fine ha inviato all’Ucraina molti più aiuti di quelli richiesti da Biden.[ii]

Sebbene l’Unione Europea non abbia mai fornito aiuti letali a nessun paese, in violazione del proprio principio fondatore di promozione della pace, ha deciso di volersi anch’essa affermare come potenza militare globale. In una mossa senza precedenti, anziché porsi come mediatrice, l’UE ha fornito armi letali a un Paese sotto attacco per un valore di circa Euro 500 milioni nell’ambito della European Peace Facility, il cosiddetto fondo strutturale per le Pace.[iii] Come ampiamente documentato da un Rapporto dell’European Network Against the Arms Trade (ENAAT) e Transnational Institute (TNI),[iv] “questa decisione di cambiare rotta ha portato saldamente l’UE su un percorso nuovo e profondamente preoccupante dove i problemi politici e sociali vengono affrontati non attraverso il dialogo e la diplomazia, ma attraverso la guerra e il militarismo.”

Il Fondo Europeo per la Difesa (European Defence Fund, EDF 2021-2027) ha un budget senza precedenti di 8 miliardi di euro per la ricerca e lo sviluppo di sistemi militari. Secondo le linee di bilancio indicate dai suoi due programmi precursori[v], quasi 600 milioni di euro di denaro pubblico europeo sono stati concessi a società private che commerciano in armi e tecnologie militari, e a centri di ricerca privati. L’italiana Leonardo è la maggiore industria europea destinataria con 28,7 milioni di euro. Secondo il Rapporto, se il militarismo spinto dall’Europa verrà replicato nell’ambito dell’EDF, con un bilancio totale che è 13,6 volte quello dei programmi precursori, potrebbe portare a risultati potenzialmente catastrofici. “Aumentando i finanziamenti per la ricerca e lo sviluppo militare di un enorme 1250% da un ciclo di bilancio all’altro, l’UE è ora sempre più intenzionata a investire nella guerra piuttosto che nella costruzione o nel mantenimento della pace”. Una profonda preoccupazione sollevata nel Rapporto riguarda il ruolo svolto da corruzione e conflitti di interessi nel condizionare l’agenda strategica delle priorità europee da parte dei lobbisti del commercio di armi.[vi]

I singoli stati europei si sono immediatamente attivati per mandare aiuti militari all’Ucraina. La Germania invierà 1.000 lanciarazzi, 500 missili stinger di superficie e veicoli corazzati in violazione della politica di lunga data di Berlino di non esportare armi letali nelle zone di guerra. Questa decisione arriva dopo che il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha annunciato che la nazione investirà 111 miliardi di dollari aumentando la spesa per la difesa oltre il 2% del suo prodotto interno lordo.  Anche la Svezia ha rotto con il suo impegno di neutralità lungo due secoli, inviando sistemi missilistici a Kiev. Sono oltre 20 i paesi che hanno deciso in questo senso, tra cui il Governo italiano, pur senza voto parlamentare e mantenendo segreta la lista delle armi inviate.[vii]

Parallelamente, in Italia prosegue la robusta crescita della spesa militare complessiva nel previsto Bilancio dello Stato 2022 per raggiungere il controverso obiettivo del 2% del Pil richiesto dalla NATO, obiettivo in realtà “mai giustificato in termini militari”, nota Francesco Vignarca, Coordinatore Campagne Rete Italiana Pace e Disarmo, “e che collega una spesa pubblica a un parametro soggetto a fluttuazioni comprendente produzione di ricchezza privata: quindi aleatorio e scollegato da reali esigenze tecniche.”[viii] I dati dell’Osservatorio Mil€x[ix] evidenziano una crescita costante dai 21,5 miliardi del 2019 ai 25,8 previsti per il 2022 soprattutto per l’aumento dei fondi per nuovi armamenti balzati da 4,7 a 8,2 miliardi di euro.

Sebbene l’Ucraina abbia il diritto all’autodifesa, il Quincy Institute for Responsible Statecraft ha avvertito che “Inondare di armi quello che il Global Organized Crime Index[x] descrive come ‘uno dei più grandi mercati di traffico di armi in Europa’ è una ricetta per il disastro”. L’Index ha richiamato l’attenzione sul “ruolo dell’Ucraina come anello chiave nel commercio globale di armi”, che è “accresciuto dall’intensificarsi dei conflitti nell’Ucraina orientale negli ultimi anni”.[xi]

L’economia della produzione di armi.

La produzione e la vendita di armi è perfetta dal punto di vista economico, poiché le forniture militari a una parte provocano invariabilmente una corsa agli armamenti e quindi aumentano la domanda, mentre la paura e l’insicurezza diffuse così create ne legittimano il bisogno permanente. Va inoltre sottolineato che coloro che partecipano e traggono vantaggio da questo business, che finanziano, inventano, producono, acquistano ed esportano armi sono considerati da politici, media e leader aziendali tradizionali come seri professionisti impegnati in un’attività rispettabile che genera progresso, occupazione e sicurezza. Nonostante i suoi impatti umani, il commercio di armi, con piccole limitazioni di facciata, è anche legale. La sua indiscussa funzione ha facilitato la normalizzazione della guerra e l’uso delle forze armate per il raggiungimento di fini politici e spesso umanitari.

Il percorso economico seguito dall’industria delle armi, “l’economia di guerra” di cui parla il presidente Draghi[xii], dalla decisione di un governo di destinare il budget per la spesa delle armi al suo uso finale, comprende tutto ciò che riguarda la struttura militare di un paese: le politiche di sicurezza e di difesa, la strategia di difesa nazionale, il modello militare, le infrastrutture, le attrezzature e la dimensione richiesta delle forze armate. Il ciclo del commercio di armi inizia con i discorsi pubblici e le discussioni che aumentano la percezione della minaccia, legittimano armi e eserciti e giustificano alti livelli di militarizzazione e spesa per la difesa.[xiii]

Si stima che la spesa militare mondiale nel 2020 sia stata di 1981 miliardi di dollari, 2,6% in più del 2019 e 9,3% in più rispetto al 2011, il livello più alto dal 1988, il primo anno per il quale il SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute ) pubblica le sue stime. Il volume dei trasferimenti internazionali di armi nel 2017-21 è stato del 4,6% inferiore rispetto al 2012-2016, ma del 3,9% superiore rispetto al 2007-2011.[xiv] I cinque paesi maggiori esportatori di armi nel 2017-21 erano Stati Uniti, Russia, Francia, Cina e Germania. I cinque maggiori importatori sono stati India, Arabia Saudita, Egitto,  Australia e Cina.

Nonostante le leggi dell’UE e degli Stati Uniti per controllare il commercio di armi e lo stesso Trattato internazionale sul commercio di armi, nella sola UE il 22% delle esportazioni di armi è stato destinato a paesi coinvolti in conflitti armati e il 25% a paesi in tensione politica.[xv] Significativo è il caso di Israele verso cui, nonostante le numerose risoluzioni di condanna delle Nazioni Unite[xvi] e la richiesta di Amnesty International di fermare il trasferimento di armi verso quel paese,[xvii] negli ultimi sei anni (2015-2020) l’Italia ha esportato oltre 90 milioni di euro di forniture di sistemi militari. Nel contempo l’Italia ha acquistato dalle aziende israeliane materiali e sistemi militari per circa 150 milioni di euro.[xviii] E’ noto che i piloti che hanno bombardato Gaza nel maggio 2021 si sono esercitati su aerei e simulatori made in Italy.[xix] Lo stesso trattamento favorevole è riservato all’Egitto non proprio un campione di rispetto dei diritti umani.[xx]

Alcune domande obbligate.

Perché si spende tanto? Il continuo aumento della spesa militare è possibile perché si crede che più armamenti porteranno più sicurezza, conseguenza dell’impossibile paradosso di perseguire da soli la condizione di sicurezza. Una corsa agli armamenti si verifica come risultato dell’accumulo competitivo di capacità militari tra due o più paesi. In altre parole, la decisione di un paese di acquisire armi rende i paesi vicini più insicuri costringendoli a dotarsi a loro volta di maggiori armamenti in una corsa senza fine verso l’insicurezza di tutti.

Possiamo permettercelo? Il mondo sta annegando nelle armi. La spesa militare mina la sicurezza umana e spreca risorse preziose che potrebbero essere utilizzate per lo sviluppo umano. Secondo il rapporto di Center Delàs,[xxi] la sicurezza militarizzata gioca un ruolo essenziale nel costante peggioramento della crisi ambientale globale. I principali paesi esportatori di armi insieme rappresentano il 35,48% della popolazione mondiale, sostengono l’82% della spesa militare globale e sono responsabili di due terzi delle emissioni mondiali di CO2. Sulla base di un rapporto della Commissione globale sull’adattamento ai cambiamenti climatici,[xxii] il mondo avrebbe bisogno di un investimento di 1,8 trilioni di dollari per alleviare le attuali crisi climatiche, importo che corrisponde esattamente alla spesa militare globale nel 2018.

Qual’è il costo opportunità, ossia l’alternativa cui si deve rinunciare ogni volta che si effettua la scelta delle spese militari? Secondo la Global Campaign on Military Spending,[xxiii] una diminuzione del 10% della spesa militare mondiale assicurerebbe la piena istruzione per tutti. Per fornire a tutti la vaccinazione contro il Covid-10, avremmo bisogno di 141,2 miliardi di dollari che equivalgono allo 0,7% della spesa militare globale. Il disarmo sarebbe una chiara alternativa per gestire le crisi che il mondo sta affrontando come il Covid-19 e la crisi climatica.

Nel dicembre 2021, oltre cinquanta premi Nobel hanno firmato un appello per un “dividendo globale di pace”,[xxiv] proponendo che gli Stati membri delle Nazioni Unite negozino una riduzione comune del 2% della loro spesa militare annuale e suggerendo di destinare metà delle risorse risparmiate a un fondo globale per combattere i cambiamenti climatici, le pandemie e la povertà estrema. Nel periodo 2025-2030, il “dividendo di pace” generato supererebbe i mille miliardi di dollari, un importo paragonabile al totale degli investimenti nelle energie rinnovabili in tutto il mondo e sei volte maggiore dei fondi disponibili per la ricerca e la cura del cancro, HIV/AIDS, tubercolosi e malaria insieme.

Quale impatto sulla salute? Oltre al compito ineludibile che ha l’intera società di impedire i conflitti, i professionisti sanitari hanno il “dovere professionale di esprimere un giudizio di parte a difesa della salute” collegando “la promozione della pace anche alla necessità di agire sui determinanti delle guerre, che sono dentro le condizioni economiche e sociali che le favoriscono”.[xxv] [xxvi] Ad esempio l’invio di armi in Ucraina, può essere in contraddizione rispetto ai doveri di sanità pubblica.Inoltre, un argomento chiave contro la spesa militare è che essa “spiazza” la spesa pubblica per la salute della popolazione. Uno studio di 197 paesi dal 2000 al 2013 ha rilevato che una maggiore spesa militare “ha un impatto negativo sulla spesa sanitaria e quindi [diventa] un importante fattore di rischio per la salute della popolazione e il benessere individuale”.[xxvii] Greenpeace, analizzando l’ultimo rapporto SIPRI, calcola che, per esempio, con un sottomarino nucleare americano (circa 2,8 miliardi di dollari) si potrebbero acquistare circa 9.000 ambulanze.[xxviii] Una ricerca su 25 paesi in via di sviluppo nel periodo 1995-2014 ha mostrato come le spese militari riducano la spesa sanitaria pro capite a lungo termine.[xxix]

Disarmare la guerra[xxx].

La Costituzione dell’UNESCO inizia con le parole: “Poiché le guerre nascono nella mente degli uomini, è nella mente degli uomini che devono essere poste le difese della pace.”[xxxi] Eppure le guerre continuano a rappresentare la risposta principale alle minacce alla sicurezza. Dobbiamo smantellare le ragioni che servono a normalizzare la guerra, le armi usate per combatterla e gli affari che essa crea. La militarizzazione delle società e delle relazioni internazionali perpetua le guerre di oggi ed è il terreno fertile per quelle del futuro. I bilanci militari, i profitti dei produttori di armi, le esportazioni di armi e i conflitti armati continuano ad aumentare, anche se il loro contributo alla sicurezza è sempre più dubbio.

«I governanti capiscano che comprare armi e fare armi non è la soluzione del problema» ha affermato Papa Francesco rilanciando l’appello biblico del profeta Isaia: trasformare le «armi» in «strumenti per la pace». “Certe scelte non sono neutrali” ha continuato, e “destinare gran parte della spesa alle armi, vuol dire toglierla ad altro” e “continuare a toglierla ancora una volta a chi manca del necessario”. “La vera risposta non sono altre armi, altre sanzioni, altre alleanze politico-militari – ha affermato il Pontefice – ma un’altra impostazione, un modo diverso di governare il mondo, non facendo vedere i denti, un modo ormai globalizzato, e di impostare le relazioni internazionali”.[xxxii]


[i] https://ilpunto.it/la-pace-e-la-alternativa-alla-guerra-in-ucraina/

[ii] https://thehill.com/policy/defense/598192-ukraine-conflict-a-boon-for-defense-industry

[iii] https://www.freiheit.org/european-peace-facility-makes-its-debut-crucial-time

[iv] “Accendere le fiamme: come l’Unione Europea sta alimentando una nuova corsa agli armamenti” http://enaat.org/wp-content/uploads/2022/03/FanningtheFlames.pdf

[v] [L’Azione preparatoria per la ricerca sulla difesa – PADR 2017-2019 – con un budget di 90 milioni di euro per finanziare la ricerca sulla difesa, e il Programma europeo di sviluppo industriale della difesa – EDIDP 2019-2020 – con un budget di 500 milioni di euro per finanziare lo sviluppo di attrezzature e tecnologie di difesa]

[vi]  https://altreconomia.it/chi-guadagna-dalla-nuova-corsa-europea-e-italiana-agli-armamenti/

[vii] https://thedissenter.org/arms-flood-ukraine-us-europe-proxy-war/ 

[viii] https://ilmanifesto.it/la-strada-sbagliata-dellaumento-delle-spese-militari/ 

[ix] https://www.milex.org/

[x] https://ocindex.net/country/ukraine

[xi] https://responsiblestatecraft.org/2022/03/07/big-risk-of-weapons-vanishing-as-over-20-countries-send-arms-to-ukraine/

[xii] https://www.agi.it/politica/news/2022-03-11/draghi-non-e-economia-di-guerra-ma-prepariamoci-15963390/

[xiii] https://longreads.tni.org/stateofpower/no-business-without-enemies-war-and-the-arms-trade

[xiv] https://www.sipri.org/sites/default/files/2022-03/fs_2203_at_2021.pdf 

[xv] https://escolapau.uab.cat/img/programas/alerta/alerta/ResumenIN.pdf

[xvi] https://www.nytimes.com/1978/12/15/archives/un-assembly-urges-ban-on-arms-to-israel.html 

[xvii] https://www.amnesty.ch/it/news/2014/stati-uniti-israele-gli-usa-fermino-i-trasferimenti-di-armi-a-israele

[xviii] https://www.osservatoriodiritti.it/2021/05/21/litalia-vende-armi-a-israele-conflitto-israelo-palestinese/ 

[xix] https://www.osservatoriodiritti.it/2021/05/21/litalia-vende-armi-a-israele-conflitto-israelo-palestinese/

[xx] https://www.osservatoriodiritti.it/2021/01/07/armi-egitto-italia-regeni-stop-vendita/ 

[xxi] http://centredelas.org/wp-content/uploads/2021/11/informe49_ES_ClimateCrisisArmedForcesEnvironmentalPeace_ENG.pdf 

[xxii] https://gca.org/wp-content/uploads/2019/09/GlobalCommission_Report_FINAL.pdf    

[xxiii] https://www.ipb.org/global-campaign-on-military-spending/ 

[xxiv] https://demilitarize.org/media_news/the-50-nobelists-appeal-spend-less-on-the-military-more-on-human-welfare/ 

[xxv] https://ilpunto.it/la-guerra-in-ucraina-un-punto-di-vista-sanitario/

[xxvi] https://epiprev.it/editoriali/prevenzione-dei-conflitti-armati-e-promozione-della-pace-e-del-disarmo-un-nostro-dovere-professionale  

[xxvii] Fan, H.; Liu, W.; & Coyte, P. C. (2018). Do military expenditures crowd-out health expenditures? Evidence from around the world, 2000–2013. Defence and Peace Economics, 29(7), 766-779. Accessibile in https://www.tandfonline.com/doi/abs/10.1080/10242694.2017.1303303

[xxviii] https://www.greenpeace.org/italy/storia/11989/meno-armi-piu-protezione-sanitaria/

[xxix] https://hrjbaq.ir/article-1-306-en.html

[xxx] Ci sono molte centinaia di organizzazioni della società civile in tutto il mondo che si battono per il controllo degli armamenti e il disarmo. In Italia tra le più significative è senza dubbio la Rete Italiana Pace e Disarmo, parte di diverse campagne e network internazionali che si occupano di varie tematiche legate alla Pace e al Disarmo https://retepacedisarmo.org/

[xxxi] https://www.miur.gov.it/documents/20182/4394634/2.%20Costituzione-UNESCO.pdf

[xxxii] https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2022/03/24/il-papa-una-pazzia-aumentare-la-spesa-per-le-armi-al-2-mi-sono-vergognato-_bd43d084-b45e-4bd5-bcf4-1bfbfd30af22.html