Hamas alle strette guarda all’Iran e a Hezbollah

Al-Masry Al-YoumStordito dalle turbolenze nel vicino Egitto e a corto di fondi, il gruppo islamista palestinese di Hamas cerca di aggiustare i rapporti con i suoi alleati mediorientali tradizionali, l’Iran e il partito di Dio libanese, Hezbollah.

Diramazione del movimento sunnita dei Fratelli musulmani, Hamas celebrò l’elezione di Mohammed Mursi a presidente dell’Egitto nel 2012, pensando che il voto gli avrebbe conferito maggior lustro internazionale e una maggior presa sull’isolata Striscia di Gaza.

Intanto, indignato per la sanguinosa guerra civile in Siria, il gruppo palestinese lasciò il suo quartier generale a Damasco, spezzando l’”asse di resistenza” guidato dall’Iran, che aveva sfidato Israele e l’occidente nella travagliata regione.

L’Iran musulmano sciita, che aveva supportato per anni Hamas economicamente e rifornendolo di armi, si infuriò, considerando l’evento un tradimento nei confronti del suo stretto amico Bashar al-Assad, e riducendo drasticamente gli aiuti. Anche il partner sciita di Teheran, Hezbollah, espresse una decisa disapprovazione.

Ma dopo la cacciata di Mursi da parte dei militari egiziani, lo scorso 3 luglio, fonti politiche hanno riferito di contatti diretti e indiretti di Hamas con l’Iran e con Hezbollah, volti a rivitalizzare le vecchie alleanze e a rimpinguare le proprie casse malmesse.

“Ci sono stati degli incontri… Non c’è boicottaggio (di Hamas), ma le cose non sono ancora del tutto ritornate alla normalità”, ha dichiarato un funzionario palestinese che ha preferito rimanere anonimo.

L’ex vice-capo dell’ufficio politico di Hamas, Mousa Abu Marzouk, ha incontrato funzionari iraniani e di Hezbollah in Libano, il mese scorso, e a questo sono seguiti altri incontri.

“È nell’interesse di Hamas, oggi, rivedere i propri rapporti con l’Iran e con Hezbollah, per diverse ragioni”, ha detto Hani Habib, un analista politico dalla Striscia di Gaza. “Alla fin fine, tutte le parti hanno degli interessi nel trovare degli accordi”.

LE FILA SIRIANE

Bloccato in un conflitto con l’arcinemico e vicino ci casa Israele, che si rifiuta di riconoscere, Hamas ha governato la piccola e densamente popolata Striscia di Gaza dal 2007, dopo una breve guerra civile con il suo rivale storico.

Con la Fratellanza musulmana al controllo dell’Egitto, Hamas sentiva di non doversi preoccupare molto dei propri rapporti con l’Iran.

Il leader in esilio di Hamas, Khaled Meshaal, ha lasciato la sua vecchia base di Damasco, l’anno scorso, a causa della guerra civile tra le forze del presidente Assad e i rinforzi inviati dall’Iran e da Hezbollah, e i ribelli in gran parte sunniti.

Sciiti e sunniti sono le principali correnti dell’Islam, che si distinguono per interpretazioni diverse del Corano e per alcune tradizioni. La maggior parte dei musulmani, nel mondo, è sunnita.

Uno dei leader storici di Hamas, Mahmoud az-Zahar, ha dichiarato che non c’è mai stata una sospensione nelle relazioni con Teheran e Hezbollah, e che se i contatti si sono ultimamente allentati ciò si è verificato a causa delle recenti elezioni presidenziali in Iran.

“Non conosciamo ancora la natura della nuova politica in Iran, ma secondo le informazioni indirette ricevute la nuova amministrazione dovrebbe proseguire sulle tracce di quella passata”, ha dichiarato Zahar, noto sostenitore della linea dura, in un’intervista rilasciata alla Reuters.

Hamas spera che il nuovo presidente, Hassan Rouhani, riapra i finanziamenti.

Secondo fonti diplomatiche l’Iran concedeva ad Hamas circa 250 milioni di dollari l’anno, ma una fonte palestinese rende noto che solo il 20% di quella cifra è stato ora concesso. Secondo Ehud Yaari, un esperto di questioni mediorientali israeliano, la cifra si aggira invece attorno al 15%, e i rifornimenti di armi sarebbero cessati.

“Il traffico di armi dirette a Gaza attraverso i tunnel è vicino allo zero”, ha dichiarato Yaari.

Scarsissimo materiale in genere passa attualmente attraverso i tunnel del contrabbando che attraversano il confine nel deserto tra Egitto e Gaza, e i nuovi governanti del Cairo, dopo la rimozione di Morsi, hanno ordinato un giro di vite.

Il governo appoggiato dall’esercito ha accusato Hamas di interferire negli affari egiziani, e ha insinuato che i palestinesi potrebbero aiutare i militanti islamisti attivi nella penisola del Sinai.

Le restrizioni dei tunnel, diffusisi in seguito al blocco dell’enclave costiera voluto da Israele, sono costati a Gaza 230 milioni di dollari nel solo mese di luglio, rende noto il ministro dell’economia di Hamas, ‘Ala ar-Rafati, che però nega la crisi economica.

“Ci sono dei problemi che si stanno superando”, ha dichiarato la scorsa settimana alla Reuters, aggiungendo che il commercio via tunnel, che fornisce a Hamas un’importante fonte in tasse, è calato del 60% dalla cacciata di Mursi.

PRIORITA’

Accostandosi nuovamente all’Iran e a Hezbollah, il dilemma di Hamas è tanto ideologico quanto politico, così come lo è equilibrare le radici sunnite della Fratellanza musulmana con i propri interessi fondamentali e stabilendo rapporti con i compagni nemici di Israele.

Nel corso di una preghiera in commemorazione dei “martiri egiziani”, il primo ministro di Gaza, Ismail Haniyeh, ha spiegato che la guerra con Israele ha la precedenza.

“Siamo consapevoli che la nostra priorità è liberare la nostra terra, riacquisire il diritti e permettere ai palestinesi costretti a lasciare la propria terra di farvi ritorno”, ha dichiarato Haniyeh.

“Non abbiamo un compito militare o di sicurezza in Egitto o nel Sinai. Il nostro compito militare e di sicurezza è qui, in territorio palestinese, contro il nemico sionista”.

Fondato nel 1988, Hamas si è regolarmente opposto a Israele. L’occasione più recente si è verificata lo scorso novembre, nel corso dell’attacco che in 8 giorni ha causato almeno 170 vittime palestinesi e 6 israeliane. La tregua venne mediata da Mursi.

Secondo l’analista Yaari l’Iran pretenderà un prezzo per il riavvicinamento di Hamas: “Si chiederà la fine dell’opposizione ad Assad e delle critiche a Hezbollah per l’intervento (in Siria), e per l’aiuto iraniano ad Assad”.

Zahar, che ha perso 2 figli  nel conflitto contro Israele negli anni passati, e che esercita un’influenza importante nel movimento, ha sempre cercato di mantenere buoni rapporti con l’Iran.

Ma egli ricorda anche che l’organizzazione, che si ritiene possegga circa 30mila combattenti ben equipaggiati, ha attraversato situazioni difficili in passato, quando l’uomo forte Hosni Mubarak, sostenuto dagli Stati Uniti, governava l’Egitto e teneva Gaza stretta in una morsa.

“Siamo diventati molto forti in un’epoca in cui tutto l’ambiente circostante ci era ostile. La nostra resistenza conta innanzitutto su Dio, e poi sulle sue proprie capacità. La storia dimostra che siamo divenuti sempre più forti”.

Traduzione per InfoPal a cura di Stefano Di Felice