Hebron: la protesta palestinese raccontata da uno studente universitario

Di Omar Al-Zeer.

Ibrahim T.  è uno studente italo-palestinese di Economia e Commercio che passa ogni estate ad Hebron per visitare parenti e amici. Intervistato da Ecce Ovo, uole fare chiarezza sulla situazione che nei giorni scorsi ha sconvolto la Palestina.

GERUSALEMME- Lo scorso 15 luglio Israele ha chiuso l’accesso nel complesso di Al-Aqsa, per la prima volta dal 1969, a causa di un presunto attacco palestinese che ha causato la morte di due poliziotti israeliani. La chiusura si è protratta fino al giorno successivo, ma ha visto l’intensificarsi delle misure di sicurezza adottate da Israele per accedere ad Al-Aqsa. La popolazione autoctona palestinese ha quindi deciso di protestare contro le misure repressive israeliane organizzando manifestazioni e pregando fuori dal complesso. Il ‘Venerdì di rabbia’ – così è stata chiamata la catena di manifestazioni che il 21 luglio hanno preso vita in tutta la Palestina – vede un bilancio di 3 morti e ben 440 feriti palestinesi.

Ibrahim T. ci spiega: “Al-Aqsa è la terza moschea per importanza, dopo Mecca e Medina: per questo l’intera comunità musulmana è sconvolta da ciò che sta accadendo, non solo i palestinesi. Per fare un paragone, è come se dei militari di uno Stato teocratico fossero entrati nel Vaticano invadendolo e chiudendone le porte, effettuando anche arresti nei confronti di coloro che protestano pacificamente contro questo sopruso“. Il giovane vuole anche precisare il motivo dell’attacco che ha provocato la chiusura del complesso: “I controlli sono talmente intensi da rendere impossibile l’ingresso di armi all’interno della moschea. Com’è possibile, allora, che dei terroristi siano riusciti ad entrare con armi tali da uccidere dei poliziotti israeliani? Sappiamo benissimo che, da anni, Israele cerca pretesti per effettuare repressioni e intensificare i controlli contro la popolazione autoctona. La storia ci insegna che dopo ogni attacco in Palestina si arrivi a delle trattative o favorevoli al solo Stato di Israele, oppure disattese dallo stesso, nel silenzio della comunità internazionale“.

Le misure israeliane per l’ingresso nella moschea

Il ragazzo parla anche del progetto israeliano per la moschea di Al-Aqsa: “L’idea è quella di distruggere la moschea per costruirvi un tempio ebraico. Tutto ciò è già in atto: da anni Israele continua a scavare nelle fondamenta del complesso per renderlo instabile e farlo crollare, ostacolati dalle sole mani dei palestinesi che fanno il possibile per ricostruire ciò che viene distrutto. Ovviamente, è inutile dirlo, si tratta di continue violazioni dei diritti umani“. Ecco perchè, quindi, la popolazione ha deciso di ribellarsi: “Il 21 luglio la maggior parte delle moschee palestinesi hanno chiuso in solidarietà con Al-Aqsa e i credenti hanno pregato per le strade o negli stadi, come accaduto qua ad Hebron. Alla preghiera è seguito un corteo pacifico con cori e striscioni fino alle zone controllate da Israele, dove i soldati hanno sparato a vista provocando numerosi feriti. Ad Hebron non vi sono stati morti, fortunatamente, ma nelle altre città si contano tre morti, anche minorenni, e centinaia di feriti, oltre a 27 arresti”.