Human Rights Watch chiede all’Arabia Saudita di cessare le persecuzioni dei manifestanti

Human Rights Watch chiede all’Arabia Saudita di cessare le persecuzioni dei manifestanti

Un gruppo internazionale per i diritti, domenica ha esortato l’Arabia Saudita a fermare le persecuzioni e le punizioni nei confronti delle proteste pacifiche, dopo che il mese scorso il regno ha condannato 19 persone per un sit-in davanti a una prigione.

Le forze di sicurezza hanno arrestato decine di uomini dopo la protesta del 23 settembre nei pressi della prigione Tarfiya, nell’Arabia Saudita centrale, per il rilascio di parenti detenuti. Secondo le Reuters i manifestanti e un attivista per i diritti hanno spiegato che la polizia ha trattenuto i manifestanti, tra cui donne e bambini, senza né cibo né acqua per quasi un giorno.

Durante un’altra dimostrazione nella stessa giornata, decine di manifestanti si sono riuniti di fronte alla Commissione per i Diritti Umani legata al governo saudita per chiedere la liberazione dei parenti incarcerati.

Human Rights Watch ha spiegato che il Bureau of Investigation and Prosecution saudita ha accusato i 19 uomini, il 17 ottobre, di “istigazione al caos e alla sommossa” e “per raduno illegale”.

Il giorno seguente, 15 di questi sono stati condannati a una pena da tre a 15 giorni di carcere. Il tribunale ha anche pronunciato nei confronti degli uomini delle condanne con sospensione della pena. Le condanne prevedono dalle 50 alle 90 frustate e tra due e cinque mesi di detenzione.

Gli altri saranno processati il 4 novembre.

“Invece di rispondere alle preoccupazioni dei manifestanti, il governo saudita li ha puniti attraverso il sistema giudiziario”, ha affermato Joe Stork, vice direttore per il Medio Oriente di Human Rights Watch.

“Le sentenze nei confronti di questi uomini fanno parte di un più ampio sforzo per individuare e perseguitare gli attivisti in tutto il paese”.

Nessun funzionario saudita si è reso disponibile immediatamente per commentare la notizia.

L’Arabia Saudita, un alleato chiave degli Stati Uniti nel Golfo Persico e primo esportatore di petrolio al mondo, ha proibito le manifestazioni nel marzo 2011, a seguito delle manifestazioni, conosciute poi come Primavera Araba, che hanno scosso il mondo arabo.

In una dichiarazione del 12 ottobre, il ministero dell’Interno ha sollecitato i sauditi ad “astenersi dall’organizzare manifestazioni o dal partecipare a qualsiasi raduno o corteo in violazione della legge”, e ha aggiunto che le persone trattenute per questo motivo sarebbero state trattate duramente.

Human Rights Watch ha confermato che le autorità saudite non hanno accusato i manifestanti di violenza durante il sit-in di protesta.

L’Arabia Saudita ha spiegato che i parenti dei manifestanti sono stati tutti trattenuti per motivi di sicurezza. Ma gli attivisti rispondono che alcuni sono stati trattenuti solo per attività politica e non sono mai stati accusati.

Un portavoce del ministero dell’Interno ha detto che coloro che sono stati accusati di reati “legati al terrorismo” sarebbero stati giudicati attraverso un processo giudiziario equo.

Human Rights Watch ha affermato che le autorità saudite hanno dato un giro di vite nei confronti degli attivisti per l’organizzazione di manifestazioni pacifiche in varie parti del paese, compresa la capitale Riyadh.

Secondo gli attivisti, ad aprile, un tribunale di Riyadh ha condannato l’attivista Mohammed al-Bajadi a quattro anni di carcere dopo che era stato accusato di aver creato un’associazione per i diritti umani, di aver infangato la reputazione dell’Arabia Saudita, di aver messo in discussione l’indipendenza del potere giudiziario, e di possedere libri illegali.

Era stato incarcerato per un anno senza accuse dopo aver espresso il proprio sostegno alle famiglie dei prigionieri.

Dal febbraio 2011, i manifestanti hanno organizzato numerose proteste in Arabia Saudita, soprattutto a Qatif e Awamiyah nella Provincia Orientale, per chiedere la liberazione di tutti i prigionieri politici, la libertà di espressione e di riunione, e la fine della diffusa discriminazione contro gli sciiti.

Gli attivisti dicono che ci sono più di 30.000 prigionieri politici in Arabia Saudita. La maggior parte di loro sono detenuti senza accusa. I gruppi per i diritti umani hanno accusato la Casa edi Saud di imprigionare i dissidenti politici.

Secondo Human Rights Watch, il regime saudita “reprime sistematicamente le espressioni critiche nei confronti del governo”.

Il 13 agosto, il ministro della Difesa svedese Karin Enstrom ha criticato l’Arabia Saudita per le sue violazioni dei diritti umani, descrivendo il regno come “un regime autoritario e una monarchia assoluta, dove vengono commessi gravi crimini contro i diritti umani”.

Traduzione per InfoPal a cura di Viola Migliori