I gruppi della società civile accolgono con favore il rapporto del Relatore speciale dell’ONU sulla politica di punizione collettiva di Israele

Ramallah – WAFA. Le organizzazioni della società civile palestinese e regionale hanno accolto con favore il rapporto del Relatore speciale delle Nazioni Unite sulla politica di punizione collettiva di Israele.

Il 14 luglio, Michael Lynk, Relatore speciale per i diritti umani nei Territori Palestinesi Occupati dal 1967, ha pubblicato il suo rapporto annuale sulle politiche illegali israeliane di punizione collettiva contro il popolo palestinese.

Sottolineando l’incapacità di Israele di rispettare i propri obblighi legali e sottolineando la punizione collettiva come “strumento di spicco nella sua opera coercitiva di controllo della popolazione”, Lynk ha invitato Israele a “interrompere tutte le misure che equivalgono a una punizione collettiva, tra cui la fine del blocco di Gaza, di tutte le restrizioni alla libertà di movimento attraverso il Territorio Palestinese Occupato, le demolizioni punitive di case, le revisioni punitive di residenza, il taglio dei benefici, le chiusure punitive delle città e tutti i ritardi nella restituzione delle salme per la sepoltura”.

Il rapporto ha fornito analisi legali su tali pratiche e ha messo in evidenza politiche che equivalgono alla punizione collettiva illegale usata da Israele, la Potenza occupante, inclusa il blocco di 13 anni della Striscia di Gaza, demolizioni punitive di case, sequestro di corpi e restrizioni di libertà di movimento.

Shahd Qaddoura, Assistente di ricerca legale e avvocato di Al-Haq, ha accolto con favore il rapporto affermando che “esamina la logica delle politiche israeliane di imporre misure di punizione collettiva come strumento di repressione, controllo e dominio contro il popolo palestinese per mantenere il suo regime coloniale e di apartheid. Mentre i palestinesi continuano a soffrire dell’assenza di giustizia e responsabilità internazionali, anche rispetto alla Corte Penale Internazionale, Israele ha continuato a beneficiare di una cultura dell’impunità creata illegalmente”.

Secondo Budour Hassan, ricercatore legale presso il Jerusalem Legal Aid and Human Rights Center, “tra i contributi più importanti di questo rapporto sta mostrando come le misure di punizione collettiva di Israele, comprese le demolizioni punitive e il sequestro delle salme, siano legittimate dai tribunali israeliani. La Suprema Corte di Giustizia israeliana, come dimostrato dagli esempi del professor Lynk, ha svolto un ruolo centrale nel mantenere e camuffare l’occupazione e la sua repressione”. Come tale, ha sottolineato un “urgente bisogno di responsabilità internazionale e di porre fine allo stato di impunità di cui Israele ha continuato a godere”.

Sulla chiusura illegale della Striscia di Gaza occupata, Nuriya Oswald, direttore legale internazionale di Al Mezan, ha sottolineato che “per 13 anni, i palestinesi di Gaza sono stati sottoposti a pratiche e politiche israeliane di punizione collettiva, come il blocco illegale, minando ogni aspetto della loro vita e negando loro i diritti inalienabili. Questo rapporto fornisce un ulteriore riconoscimento di queste politiche illegali”.

Concludendo la sua relazione, Lynk ha sottolineato che la punizione collettiva, in tutti i casi, è proibita dal diritto internazionale. Sostiene che “come la tortura, non ci sono eccezioni ammissibili all’uso della punizione collettiva. E, come la tortura, l’uso della punizione collettiva infrange il diritto e l’etica, la dignità e la giustizia e macchia tutti coloro che la praticano”.

Infine, Lynk ha presentato un elenco di raccomandazioni, tra cui:

  1. Il governo israeliano si attiene al diritto internazionale e al consenso internazionale ponendo fine all’occupazione che dura da 53 anni del territorio palestinese.
  1. Il governo israeliano pone fine a tutte le misure che comportano una punizione collettiva, compresa la fine di: blocco di Gaza, tutte le restrizioni alla libertà di movimento attraverso il territorio palestinese occupato, le demolizioni punitive di case, le misure punitive di residenza, il taglio di benefici, il blocco punitivo delle città e tutti i ritardi nella restituzione delle salme per la sepoltura.
  1. In linea con gli obblighi legali internazionali in materia di responsabilità statale, la comunità internazionale dovrebbe adottare tutte le misure, comprese le contromisure e le sanzioni, necessarie per garantire il rispetto da parte di Israele del proprio dovere previsto dal diritto internazionale di porre fine all’occupazione.

La comunità internazionale ha regolarmente condannato la politica israeliana di punizione collettiva; tuttavia, la risposta raramente va oltre la condanna verbale.

Nada Awad, International Advocacy Officer of Cairo Institute for Human Rights Studies, ha sottolineato che “il Relatore speciale, il CICR, l’ex Segretario Generale delle Nazioni Unite, l’Alto Commissario Bachelet, gli organi del trattato, hanno tutti invitato Israele a porre fine alle politiche illegali di punizione collettiva. Nella UPR review of Israel (Revisione Periodica Universale del Consiglio dei diritti umani su Israele) del 2018, diversi stati membri delle Nazioni Unite, tra i quali Germania, Namibia e Malesia, hanno invitato Israele a porre fine alla punizione collettiva”.

Come tale, ha sottolineato che “la comunità internazionale deve agire per porre fine alle illegali e disumane politiche israeliane di punizione collettiva”.

Traduzione per InfoPal di Chiara Parisi