I leader palestinesi chiedono aiuto all’UNHRC per salvare i prigionieri in sciopero della fame

395558CBetlemme-Ma’an. Durante la 33a sessione del Consiglio per i  Diritti umani delle Nazioni Unite (UNHRC), mercoledì, il capo del Comitato palestinese per le questioni dei detenuti ha invitato ad intervenire immediatamente per salvare la vita di tre Palestinesi in sciopero della fame, trattenuti senza accusa né processo nelle carceri israeliane.

‘Issa Qaraqe ha chiesto all’ONU di mantenere gli obblighi legali e morali e di agire per fermare l’uso arbitrario della detenzione amministrativa da parte di Israele – una politica di internamento senza accusa né processo usato quasi esclusivamente contro i Palestinesi – aggiungendo che il trattamento dei prigionieri palestinesi da parte di Israele  ha violato le risoluzioni dell’ONU e del diritto internazionale umanitario.

Qaraqe ha sottolineato all’ONU che Malik al-Qadi, che è entrato nel 60° giorno di sciopero della fame, combatte contro la morte al Wolfson Medical Center in Israele dopo che sabato è entrato in coma. Lo scioperante soffrirebbe di un’infezione polmonare grave, di un rallentamento del battito cardiaco, di complicazioni del sistema urinario, di gonfiore intorno agli occhi e di perdita dell’udito.

Secondo Qaraqe, al-Qadi è ancora ricoverato presso il reparto di terapia intensiva del centro medico e non risponde alle cure in quanto le sue condizioni di salute sono rimaste critiche.

Quando i funzionari della prigione israeliana hanno costretto il prigioniero al trattamento forzato per farlo uscire dal coma, al-Qadi aveva già annunciato il suo rifiuto alle cure durante lo sciopero a prescindere dalle condizioni di salute.

Qaraqe ha anche sottolineato, nella sua dichiarazione, il deterioramento delle condizioni di salute di Muhammad e Mahmoud Balboul, che scioperano rispettivamente da 69 e 72 giorni, affermando che i due fratelli hanno perso la vista, hanno difficoltà a parlare, dolori gravi allo stomaco e brevi periodi di coma.

Muhammad Balboul è ricoverato al Wolfson Medical Center, mentre Mahmoud all’ospedale Assaf HaRofeh.

Il rapporto di Qaraqe all’ONU è giunto mentre un sit-in veniva organizzato in piazza della Mangiatoia a Betlemme in solidarietà con i prigionieri in sciopero della fame.

I membri della famiglia di Bilal Kayid, che ha concluso lo sciopero della fame di 71 giorni il mese scorso, tra cui la madre e il fratello, una delegazione dell’Associazione dei Prigionieri palestinesi (PPS), la famiglia di Ahmad Saadat, il segretario generale del Fronte popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP), prigioniero, e molti ex detenuti palestinesi hanno partecipato alla manifestazione.

Il gruppo ha anche organizzato una marcia, da piazza della Mangiatoia alle case dei fratelli Balboul e di al-Qadi, tutte nella zona di Betlemme.

Venerdì scorso, un tribunale israeliano ha sospeso temporaneamente la detenzione amministrativa di al-Qadi per un solo giorno, dopo la sospensione della detenzione dei fratelli Balboul. In tutti e tre i casi, i giudici hanno detto che le sentenze sarebbero state sospese al miglioramento delle loro condizioni di salute.

Tuttavia, tutti e tre i prigionieri sono fermamente impegnati nello sciopero della fame fino a quando non saranno completamente liberi dalla detenzione amministrativa.

Sanaa Balboul, madre  di Muhammad e di Mahmoud, ha potuto vedere i suoi figli per la prima volta domenica, da quando sono stati imprigionati dai soldati israeliani dopo un raid nella loro casa ,il 9 giugno, poco prima la sorella minore Nuran, di 16 anni, fosse rilasciata dopo aver trascorso quattro mesi nelle carceri israeliane.

Il 25enne, Malik Salah Daoud al-Qadi ha cominciato lo sciopero della fame il 16 luglio dopo essere stato arrestato il 23 maggio. Al-Qadi in precedenza aveva trascorso quattro mesi nelle carceri israeliane dopo il suo arresto nel dicembre 2015.

Al-Qadi è uno studente di giornalismo e di comunicazione dell’Università Al-Quds di Abu Dis.

I gruppi per i diritti hanno affermato che le  politiche israeliane sulla detenzione amministrativa sono usate per disturbare i processi politici palestinesi, in particolare colpendo politici palestinesi, attivisti, studenti, giornalisti, e a volte i familiari dei leader palestinesi di rilievo.

Sebbene le autorità israeliane sostengano di non avere prove durante la detenzione amministrativa, questa è ritenuta indispensabile per motivi di sicurezza dello Stato; i gruppi per i diritti sostengono invece che tali politiche consentono alle autorità israeliane di trattenere i Palestinesi per un periodo indefinito di tempo senza mostrare prove che giustifichino la detenzione.

Secondo Addameer, a partire da luglio, 7.000 Palestinesi sono detenuti nelle carceri israeliane, 750 dei quali sono trattenuti in detenzione amministrativa.

Traduzione Edy Meroli