‘Issa Qaraqe ha chiesto all’ONU di mantenere gli obblighi legali e morali e di agire per fermare l’uso arbitrario della detenzione amministrativa da parte di Israele – una politica di internamento senza accusa né processo usato quasi esclusivamente contro i Palestinesi – aggiungendo che il trattamento dei prigionieri palestinesi da parte di Israele ha violato le risoluzioni dell’ONU e del diritto internazionale umanitario.
Qaraqe ha sottolineato all’ONU che Malik al-Qadi, che è entrato nel 60° giorno di sciopero della fame, combatte contro la morte al Wolfson Medical Center in Israele dopo che sabato è entrato in coma. Lo scioperante soffrirebbe di un’infezione polmonare grave, di un rallentamento del battito cardiaco, di complicazioni del sistema urinario, di gonfiore intorno agli occhi e di perdita dell’udito.
Secondo Qaraqe, al-Qadi è ancora ricoverato presso il reparto di terapia intensiva del centro medico e non risponde alle cure in quanto le sue condizioni di salute sono rimaste critiche.
Quando i funzionari della prigione israeliana hanno costretto il prigioniero al trattamento forzato per farlo uscire dal coma, al-Qadi aveva già annunciato il suo rifiuto alle cure durante lo sciopero a prescindere dalle condizioni di salute.
Qaraqe ha anche sottolineato, nella sua dichiarazione, il deterioramento delle condizioni di salute di Muhammad e Mahmoud Balboul, che scioperano rispettivamente da 69 e 72 giorni, affermando che i due fratelli hanno perso la vista, hanno difficoltà a parlare, dolori gravi allo stomaco e brevi periodi di coma.
Muhammad Balboul è ricoverato al Wolfson Medical Center, mentre Mahmoud all’ospedale Assaf HaRofeh.
Il rapporto di Qaraqe all’ONU è giunto mentre un sit-in veniva organizzato in piazza della Mangiatoia a Betlemme in solidarietà con i prigionieri in sciopero della fame.
I membri della famiglia di Bilal Kayid, che ha concluso lo sciopero della fame di 71 giorni il mese scorso, tra cui la madre e il fratello, una delegazione dell’Associazione dei Prigionieri palestinesi (PPS), la famiglia di Ahmad Saadat, il segretario generale del Fronte popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP), prigioniero, e molti ex detenuti palestinesi hanno partecipato alla manifestazione.
Il gruppo ha anche organizzato una marcia, da piazza della Mangiatoia alle case dei fratelli Balboul e di al-Qadi, tutte nella zona di Betlemme.
Venerdì scorso, un tribunale israeliano ha sospeso temporaneamente la detenzione amministrativa di al-Qadi per un solo giorno, dopo la sospensione della detenzione dei fratelli Balboul. In tutti e tre i casi, i giudici hanno detto che le sentenze sarebbero state sospese al miglioramento delle loro condizioni di salute.
Tuttavia, tutti e tre i prigionieri sono fermamente impegnati nello sciopero della fame fino a quando non saranno completamente liberi dalla detenzione amministrativa.
Sanaa Balboul, madre di Muhammad e di Mahmoud, ha potuto vedere i suoi figli per la prima volta domenica, da quando sono stati imprigionati dai soldati israeliani dopo un raid nella loro casa ,il 9 giugno, poco prima la sorella minore Nuran, di 16 anni, fosse rilasciata dopo aver trascorso quattro mesi nelle carceri israeliane.
Il 25enne, Malik Salah Daoud al-Qadi ha cominciato lo sciopero della fame il 16 luglio dopo essere stato arrestato il 23 maggio. Al-Qadi in precedenza aveva trascorso quattro mesi nelle carceri israeliane dopo il suo arresto nel dicembre 2015.
Al-Qadi è uno studente di giornalismo e di comunicazione dell’Università Al-Quds di Abu Dis.
I gruppi per i diritti hanno affermato che le politiche israeliane sulla detenzione amministrativa sono usate per disturbare i processi politici palestinesi, in particolare colpendo politici palestinesi, attivisti, studenti, giornalisti, e a volte i familiari dei leader palestinesi di rilievo.
Sebbene le autorità israeliane sostengano di non avere prove durante la detenzione amministrativa, questa è ritenuta indispensabile per motivi di sicurezza dello Stato; i gruppi per i diritti sostengono invece che tali politiche consentono alle autorità israeliane di trattenere i Palestinesi per un periodo indefinito di tempo senza mostrare prove che giustifichino la detenzione.
Secondo Addameer, a partire da luglio, 7.000 Palestinesi sono detenuti nelle carceri israeliane, 750 dei quali sono trattenuti in detenzione amministrativa.
Traduzione Edy Meroli