I silenzi mediatici e i suoi perché

InfoPal. Pubblichiamo la relazione di Patrizia Cecconi al workshop “Palestina, letteratura e media”, svoltosi sabato 29 ottobre nell’ambito della Conferenza europea “Gerusalemme è nostra”.

Di Patrizia Cecconi. Per affrontare quest’argomento partirò da un’affermazione di Mussolini, non certo un mio padre ispiratore, ma l’uomo che capì perfettamente il ruolo della propaganda apprendendo da “La psicologia delle folle” del sociologo ottocentesco Gustave Le Bon[1]  quanto bastava per ipnotizzare il 90% del popolo italiano. A Mussolini si attribuisce di aver dichiarato che “è più importante quello che i giornali tacciono di quello che i giornali scrivono”.

Non sempre quest’affermazione può risultare giusta, ma è sicuramente una buona indicazione per comprendere  quella forma di manipolazione mediatica che, attraverso il silenzio totale o l’omissione parziale di informazioni significative, manda un messaggio manipolato.

Oggi, la tecnologia, avvalendosi di raffinati strumenti comunicativi, ha aumentato enormemente la velocità di diffusione e la pluralità di messaggi e di strumenti mediatici. Ma la grande stampa, pur se ha notevolmente ridotto le vendite, mantiene ancora, al pari delle TV mainstream, grande importanza come anello di congiunzione tra le  indicazioni provenienti dagli organi di potere, nazionale o internazionale, e i cittadini, e questo anche se i social, le tv indipendenti, i giornali online, hanno amplificato in maniera esponenziale e differenziata quel che riusciva a fare l’Eiar[2] , su indicazione del MinCulPop[3] , durante il tragico ventennio.

Lasciamo per il momento da parte la propaganda in un regime totalitario  e prendiamo in considerazione le teorie di uno dei più interessanti studiosi della comunicazione nei regimi democratici, il sociologo e filosofo canadese Herbert Marshall McLuhan.

McLuhan, studiando gli effetti della comunicazione sia sulla società nel suo complesso che sui singoli, colse l’importanza della tecnologia (purtroppo morì nel 1980 per cui non poté assistere allo sviluppo dei moderni strumenti comunicativi di cui aveva intuito le capacità) e pose l’accento sull’effetto che il mezzo di trasmissione produce sull’immaginario collettivo e quindi sulla possibilità di manipolazione prodotta attraverso lo stesso mezzo.

Secondo McLuhan – ed io condivido – la struttura  mentale e la cultura (intesa anche come weltanshauung) di una data popolazione è fortemente influenzata dal tipo di tecnologia di cui è dotata la società considerata.

 “Il medium è il messaggio”  afferma McLuhan. Cioè i criteri strutturali con cui i media organizzano la comunicazione (addirittura a prescindere dal contenuto) sono quelli che stabiliscono il messaggio che verrà recepito, pertanto il medium, ovvero il mezzo della comunicazione, non è neutrale. 

Durante i cosiddetti anni di piombo McLuhan, in alcune interviste, propose il silenzio stampa – leggi autocensura – sia degli appelli dei terroristi, sia delle loro azioni violente o eclatanti perché il silenzio avrebbe tolto loro visibilità e importanza neutralizzando i loro tentativi di auto propaganda.

Senza entrare nel merito circa il giusto o il non giusto di questa proposta di autocensura in un periodo particolare come quello degli anni “70, vediamo però come la proposta di McLuhan fosse dettata dalla consapevole  importanza del silenzio come forma manipolativa dell’informazione pubblica: un’informazione non data non è soltanto un minus, è una manipolazione del contesto reale in quanto impedisce la comprensione della situazione nella sua interezza o, addirittura, impedisce la conoscenza tout court di una determinata realtà.

Se lo dice la TV dev’essere vero, o almeno vicino alla verità! Se la Tv o la stampa mainstream non ne parlano il fatto non esiste. Vedi le uccisioni, i ferimenti e gli abusi quotidiani subiti dai palestinesi. Non sono tra le notizie che il “comandante supremo” ovvero il potere  del momento, ha ritenuto di far conoscere e quindi TV e “grande stampa”, cioè i più titolati mezzi di comunicazione di massa, le ignorano! Il silenzio mediatico consente, quindi, alle masse, nel caso specifico appena accennato, di credere reale la favola amara che presenta Israele come paese democratico e rispettoso dei diritti umani, occultando l’abbondanza di crimini contro l’umanità di cui continua a macchiarsi.  E questo nonostante le numerose denunce da parte di organizzazioni per i diritti umani massicciamente diffuse e rilanciate soprattutto attraverso i social.

“Il medium è il messaggio”. Forse questo ci consente di capire come mai le nostre denunce, seppur lette da milioni di persone, non modificano di una virgola la situazione di violenza e di sopruso da parte dello Stato ebraico. Semplicemente perché il nostro medium non ha autorevolezza, non perché non siano validi i suoi operatori o le sue fonti, ma solo perché il nostro mezzo comunicativo non ha la veste che gli consentirebbe di farsi  “messaggio riconosciuto” in una sfera generale, restando quindi  recepito solo nella sfera “dedicata”. 

Quando Mussolini scoprì che per catturare il consenso delle masse non era importante quel che si diceva ma “come” lo si diceva, in fondo si era posto come esempio umano capace di impersonare ante litteram la teoria di  McLuhan: “il medium è il messaggio”.

Stabilito che i silenzi dei mass media possono essere più insidiosi delle informazioni false perché  modificano completamente la percezione della realtà presentata,  c’è da chiedersi: chi stabilisce i silenzi?

In uno stato a regime autoritario è facilmente comprensibile, ma lo è molto meno nei regimi cosiddetti democratici, eppure abbiamo dimostrazione quotidiana che questi silenzi siano stabiliti “dall’alto” e seguiti servilmente da tutto il mainstream.

Che Mussolini, durante il regime fascista da lui stesso rappresentato, potesse convocare i direttori di una settantina di testate giornalistiche[4] e dire loro “Il vostro compito diventerà sempre più importante…perché tra pochi mesi il popolo italiano… dovrà documentare il suo effettivo consenso al regime… e voi avete, con i vostri giornali, il mezzo per farlo degnamente…” è nell’ordine delle cose, ma che una giornalista di un paese che si dice democratico come l’Italia repubblicana, e che definisce se stessa democratica, come Lucia Annunziata, dica in una trasmissione[5]Rai che, in quanto giornalista, ha il compito di formare l’opinione pubblica (non di “informare” ma di “formare”) e lo dica accusando il conduttore televisivo di faziosità filo-palestinese perché, dopo 20 giorni di massacri e circa 400 bambini gazawi assassinati dalle bombe israeliane, si era permesso di portare nella sua trasmissione alcuni giovani palestinesi – urtando la comunità ebraica e tutta la compagine post fascista parlamentare[6]  schierata a difesa di Israele –  non è normale. Forse, secondo la Annunziata, Santoro non doveva apertamente mentire, non sta bene! ma doveva rispettare la consegna del silenzio, quella che quasi tutti i giornalisti  rispettano se le varie lobby, in questo caso quella ebraica, lo richiedono.

Concludo sui silenzi mediatici con un esempio pratico.

Scelgo volutamente un esempio che non riguarda la Palestina affinché ci sia meno coinvolgimento emotivo e quindi una comprensione razionale, basata su fatti che tutti possono verificare  esaminando i podcast di diversi servizi televisivi sia della Rai che de La7 e simili.

Dunque in questi giorni, a causa del rischio di utilizzo di armi atomiche nel conflitto russo-ucraino, i media parlano spesso della crisi dei missili di Cuba dell’ottobre di 60 anni fa.  Il leit motiv finale di ogni servizio è che la crisi venne scongiurata grazie al buon senso dei governanti delle due superpotenze, in particolare grazie a Kennedy, uomo di pace, che riuscì ad ottenere dall’Unione Sovietica il ritiro dei propri missili. I servizi più onesti aggiungono, ma  quasi en passant, che dopo il ritiro dei missili sovietici anche gli Usa ritirarono i missili posizionati (già da due anni ma non viene detto) in Turchia e in Italia .

Vediamo la storia, quella vera, senza omissioni. I dati sono tutti verificabili. Dati, non opinioni

1960
. Siamo in piena guerra fredda. Kennedy prepara la sua campagna elettorale e solletica l’orgoglio dell’elettorato affermando che gli USA hanno un arsenale missilistico enormemente superiore a quello sovietico. Ed è vero.

1960. Durante gli ultimi mesi di presidenza, Eisenhower realizza il suo progetto di installazione di missili balistici diretti contro l’URSS in Italia e in Turchia.

1961. Aprile. Il buon Kennedy decide di attaccare Cuba in quanto paese comunista sito nel “cortile di casa”, e di rovesciare il governo di Fidel Castro. L’operazione era già stata programmata dal presidente Eisenhower con l’allora capo della Cia, ma venne realizzata da Kennedy poco dopo il suo insediamento.   E’ la tentata invasione di Cuba con lo sbarco a Playa Giron o Baia dei Porci. Dopo tre giorni di combattimento  i cubani riescono a respingere gli aggressori e questo sarà un grave smacco per gli USA.

1961. Dopo aver respinto gli invasori – anche grazie all’addestramento impartito dai militari sovietici – Cuba chiede all’URSS protezione da future invasioni.

1962. Nel mese di gennaio gli USA (operazione affidata al generale Edward Lansdale) preparano un nuovo piano per rovesciare Castro grazie a infiltrazioni di agenti CIA. Nel mese di febbraio viene lanciato l’embargo contro l’isola. Kennedy viene informato dal suo generale che tra agosto e settembre sarebbero iniziate azioni di guerriglia e che entro la seconda settimana di ottobre si sarebbe realizzato il colpo di stato contro Castro. Il buon Kennedy approva.

1962. Nel mese di maggio Krusciov, in seguito al posizionamento dei missili statunitensi contro l’URSS, e consapevole del fatto che non avrebbe potuto competere con gli Stati Uniti per inferiorità tecnologica perché i suoi missili non avrebbero potuto raggiungere gli obiettivi nemici in caso di attacco statunitense, pensa di posizionare un certo numero di missili balistici a Cuba riducendo la distanza, in modo da non consentire agli USA di fare l’eventuale prima mossa senza rischiare danni da ritorsione.

Inizialmente Castro non è favorevole ma successivamente, anche per timore di un’invasione dell’isola da parte degli USA (timore che gli archivi storici confermeranno essere giusto) accetta e si garantisce in questo modo la protezione dell’URSS. 

L’accordo Castro-Krusciov si concretizza in luglio e poco  dopo iniziano i lavori per la realizzazione delle basi di lancio, intanto i missili vengono imbarcati e arriveranno a Cuba a settembre. L’operazione è segreta, ma gli aerei spia Lockeheed U-2 scoprono le piste di lancio, il piano di Krusciov viene scoperto e si rischia un conflitto atomico.

1962. 22 ottobre, Kennedy annuncia all’America e al mondo di aver scoperto i piani d’installazione sovietici a Cuba e comunica che gli USA sono pronti ad agire contro l’URSS. Intanto ordina una quarantena, vale a dire un blocco navale, a Cuba per evitare che navi sovietiche possano consegnare altro materiale bellico al governo di Castro.

Alle parole di Kennedy fanno eco le dichiarazioni dei falchi USA, come il capo di stato maggiore dell’aeronautica, generale Curtis Lemay, che chiede di attaccare immediatamente e di distruggere totalmente Cuba. Altri chiedono il bombardamento immediato delle piste di lancio. Alla fine di una riunione in cui si discutono le varie proposte viene  progettata l’invasione dell’isola e si  radunano i marines in Florida, ma  Cuba è protetta da circa 40.000 soldati russi e questo fa ritardare e infine sospendere il piano.

24/25  ottobre, entra in campo la diplomazia, anche vaticana, per evitare un conflitto atomico.

26/27 ottobre, Krusciov propone a Kennedy il ritiro dei propri missili, ma a due condizioni: 1) la garanzia che Cuba non sarebbe stata invasa dagli USA, né che questi avrebbero appoggiato un’invasione. 2) Il  ritiro delle testate nucleari USA  precedentemente posizionate in Italia e in Turchia, le stesse che avevano prodotto la reazione difensiva dell’URSS.

Kennedy ritiene preferibile non seguire i desideri bellicosi dei falchi e promette pubblicamente che Cuba non sarà più invasa. La seconda condizione viene pure accettata, ma in forma privata  e quindi vengono rimossi i missili sovietici a Cuba e successivamente verranno rimossi i missili americani in Italia e in Turchia.

In conclusione

I media televisivi ci parlano della crisi dei missili sovietici a Cuba ma tacciono del progetto nucleare del buon Kennedy, tacciono dei missili precedentemente installati contro l’Unione Sovietica. Tacciono dell’ignobile invasione (per fortuna fallita) a Cuba precedente all’invio dei missili. Tacciono delle infiltrazioni della CIA pianificate per compiere sabotaggi, attentati e operazioni atte a rovesciare un governo colpevole semplicemente di essere “sgradito” per differenze ideologiche.

La percezione dello spettatore medio, grazie ai tanti silenzi omissivi, è che l’URSS sia stata l’aggressore e che il buon Kennedy, ragionevole e paziente presidente USA, sia riuscito a farlo ragionare e a evitare il conflitto nucleare.

La verità è del tutto diversa (per inciso Cuba è ancora sotto embargo per arbitrio statunitense) ma ai servizi TV non si può imputare di aver detto bugie, hanno “solo” seguito la consegna del silenzio e, tacendo eventi  chirurgicamente scelti, hanno deformato completamente la realtà creandone una parallela, e falsa, strumentale a dirigere consenso ed empatia verso il soggetto stabilito da chi governa l’informazione.        


[1] Gustave Le Bon, sociologo e antropologo francese del XIX secolo scrisse tra gli altri un libro che rappresenta una vera pietra miliare nella comprensione dei meccanismi di consenso sociale. “Psicologia delle folle” uscì nel 1895 e a trent’anni dalla sua uscita Mussolini lo usò come guida per ottenere il consenso delle masse.

[2] EIAR , Ente italiano  per le audizioni radiofoniche che durante il fascismo aveva la concessione esclusiva delle trasmissioni radiofoniche. Quindi uno strumento di regime.

[3] MinCulPop, Ministero della Cultura Popolare costituito nel giugno del 1935 e il cui compito precipuo consisteva nell’organizzazione della propaganda fascista.

[4] Discorso tenuto dal duce ai direttori dei quotidiani convocati a palazzo Chigi il 10 ottobre del 1928.

[5] Trasmissione Annozero condotta da Michele Santoro negli ultimi giorni del massacro di Gaza denominato “piombo fuso” in cui venne usato anche il fosforo bianco.

[6] Fini, Gasparri, La Russa furono tra i più solleciti nel difendere Israele nonostante l’indiscutibile ferocia dei suoi crimini, ma non furono da meno altri parlamentari del cosiddetto centro-sinistra.

Patrizia Cecconi. Giornalista e presidente dell’Associazione Oltre il Mare, onlus
www.associazioneoltreilmare.com
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